Anche gli influencer ora chiedono a gran voce un sindacato. La proposta arriva dall’influencer Mafalda De Simone. 25 anni e 176mila follower su Instagram, la ragazza vorrebbe replicare il modello che già vige negli Stati Uniti e in UK, dove dal 2020 esiste un’associazione di categoria a difesa degli interessi delle star del web che supervisiona i contratti e garantisce un trattamento paritario. “Gli influencer, e soprattutto i micro-influncer, devono fare squadra. Un po’ come è accaduto in America, dove nei mesi scorsi è nato il “The Creator Union” (Tcu), il primo sindacato di categoria nato per supervisionare i contratti formali tra aziende e influencer, l’utilizzo di contenuti corretti ed evitare pratiche discriminatorie. Ecco perché sono in contatto con qualche sigla sindacale per fondare un sindacato specifico, che tutelino questo mondo di partite Iva dove i diritti sono un privilegio rispetto alle moltitudini di doveri che si hanno”, ha spiegato a “Il Messaggero”.
Da Instagram a TikTok, aumentano sempre di più gli utenti che hanno trasformato selfie e contenuti in un vero e proprio lavoro. Nonostante molti fatichino a vederlo come un mestiere, quello dell’influencer marketing è un settore che vale miliardi di euro, e le figure dei cosiddetti “creator” sono diventate sempre più centrali nelle campagne di marketing per qualunque tipo di azienda. Eppure continua a mancare, perlomeno in Italia, una regolamentazione su diritti, doveri, trariffe e oneri fiscali. “Bisogna proteggersi, avere alle spalle qualcuno che ti preceda e tratti per te con le aziende. In Italia è difficile che quello degli influencer venga considerato un lavoro: dai 50.000 follower in poi, trattare da soli non conviene, meglio rivolgersi a un’ agenzia”, è l’opinione di Paola Di Benedetto, che non solo ha partecipato a svariati programmi televisivi (“Ciao Darwin”, “Isola dei Famosi”, “Grande Fratello Vip”, che ha vinto), ma è anche molto seguita sui social.
La proposta di un sindacato di categoria per gli influencer, tuttavia, ha scatenato i più scettici. Dagospia, il sito di Roberto D’Agostino, ha rilanciato la notizia con un titolo alquanto provocatorio: “Siamo alle comiche finali. Le influencer chiedono un sindacato per proteggere i diritti di chi si spara selfie e pose. Cosa minacciano altrimenti, lo sciopero delle stories? Ma il sindacato non dovrebbe tutelare chi lavora veramente?“.