“I mercati insegneranno agli italiani a non votare per i partiti populisti alle prossime elezioni”. Con questa frase Günther Oettinger guadagnò notorietà in Italia. Era il maggio del 2018 quando l’allora commissario europeo per il bilancio decise di esporre con queste parole la sua opinione sul nascituro governo gialloverde. Seguirono giorni di roventi polemiche, chiuse dalle scuse ufficiali del politico tedesco. Il primo esecutivo di Giuseppe Conte giurò, si insediò e rimase in carica 15 mesi. Il resto è storia recente. Ma che fine ha fatto oggi Günther Oettinger? Ha lasciato la politica ed è tornato a fare l’avvocato in Germania. Attaccata al chiodo la giacca da commissario europeo ne ha indossate numerose altre come consulente di grandi aziende: collabora con Deloitte, presiede il comitato consultivo di una banca tedesca, è nel consiglio di amministrazione di una società immobiliare, nel consiglio di sorveglianza di una società di costruzioni. E sta pure cercando di entrare in un ente statale ungherese che dà consigli scientifici a Viktor Orban. A fare la lista degli incarichi di Oettinger è stato di recente il quotidiano Politico.eu che ha spiegato come il caso dell’ex commissario abbia fatto tornare il tema delle porte girevoli di grande attualità in Europa.

Controllori e controllati – Non che ce ne fosse bisogno. Solo poche settimane fa gli europarlamentari di Lega e Movimento 5 stelle hanno annunciato interrogazioni parlamentari sull’ultimo acquisto di Latham&Watkins: il secondo studio legale per fatturato del mondo ha assunto Carles Esteva Mosso nella propria sede di Bruxelles. Un grande acquisto per lo studio legale americano visto che l’avvocato spagnolo è uno dei massimi esperti europei di Antitrust ed è stato per anni un altissimo dirigente della Commissione europea. Arrivato a Bruxelles nel 1999 come membro del gabinetto del commissario europeo per la politica della concorrenza, che all’epoca era Mario Monti, negli anni successivi Mosso ha fatto carriera fino a diventare, nel 2014, vicedirettore per le Fusioni. Poi nel 2019 ha iniziato ad occuparsi di aiuti di Stato. Ha gestito, tra le altre cose, anche i dossier su Alitalia, che come tutte le compagnie aeree ha dovuto beneciare di erogazioni statali a causa della crisi economica scatenata dal Covid. La compagnia italiana ha preso circa 300 milioni, ma non sono bastati: nel febbraio scorso la commissione Ue si è detta “fredda” rispetto a un nuovo aiuto da 200 milioni. Bruxelles, invece, ha dato il via libera ai 9 miliardi con i quali la Germania ha salvato Lufthansa dal crac. Una compagnia aerea che, a sentire gli europarlamentari di 5 stelle e Lega, si è avvalsa anche della collaborazione di Latham&Watkins nelle delicate trattative con i controllori comunitari. Chiamato in causa, l’importante studio legale ha inviato una serie di lettere di replica ai giornali di mezza Europa, negando di aver rappresentato Lufthansa nell’operazione degli aiuti di stato da 9 miliardi. Una smentita che non altera il quadro d’insieme: Mosso è andato comunque a lavorare per uno studio legale che definisce la propria sede di Bruxelles come il “fulcro della politica antritrust e della concorrenza in Ue” specializzato nelle normative comunitarie “sugli aiuti di Stato“. “Rappresentiamo regolarmente i clienti dinanzi alla Commissione europea, ai tribunali dell’Ue, nonché alle autorità e ai tribunali degli Stati membri dell’Ue su una gamma completa di questioni relative all’antitrust e alla concorrenza“, si legge sul sito Latham&Watkins. In pratica è quasi lo stesso lavoro che Mosso faceva per la commissione Ue, fino all’altro ieri.

La campagna del ilfattoquotidiano.it – Si tratta solo dell’ultimo esempio in ordine cronologico di revolving doors, come le chiamano gli inglesi. I francesi, invece, preferiscono parlare di pantouflage. Nei fatti è sempre la stessa storia: poltrone che girano, cambiando radicalmente la propria natura e sulle quali siedono le stesse persone. Ieri erano ufficiali pubblici, politici eletti per prendere decisioni a tutela degli interessi della comunità; oggi fanno i lobbisti, pagati per fare pressione su chi li ha sostituiti a favore del loro nuovo datore di lavoro. Alle porte girevoli l’associazione the Good Lobby ha dedicato un dossier, che ilfattoquotidiano.it ha presentato in esclusiva e ha offerto in anteprima ai suoi sostenitori. Un fenomeno che è completamente legale, perché come – abbiamo raccontato – una vera e propria norma, almeno in Italia, ancora non c’è. Diverso il discorso in Unione europea, dove il codice di condotta dei funzionari, dei deputati e dei membri della Commissione è sicuramente più completo di quello della maggior parte degli Stati membri. Un sistema di norme al quale si è arrivati solo dopo alcuni scandali e che ancora oggi mostra molteplici carenze. Ma andiamo con ordine.

Il caso Schroeder – Di revolving doors in Europa si parla almeno dal 1995, quando Peter Sutherland, che era stato commissario europeo per la concorrenza quando il presidente era Jacques Delors, diventa direttore non esecutivo di Goldman Sachs. Il precedente di Sutherland verrà citato più volte a Berlino nel 2006 quando l’ex cancelliere Gerhard Schroeder viene nominato da Gazprom, il gigante russo dell’energia, presidente del consorzio Nord Stream, che si occupa della costruzione di un mega gasdotto tra Russia e Germania. In tanti fanno subito notare come durante il suo governo Schroeder avesse autorizzato sovvenzioni per un miliardo di euro proprio a favore del progetto Nord Stream, lo stesso che andrà a presiedere pochi mesi dopo aver lasciato la guida del Paese. Non basta: nel 2017, dieci anni dopo la nomina in Nord Stream, Schroeder è stato nominato “direttore indipendente” di Rosneft, la più grande compagnia petrolifera controllata dallo stato russo. Ecco perché le vicende relative all’ex cancelliere fanno ancora discutere in Germania, dove per indicare le porte girevoli hanno addirittura due termini: Seitenwechsel (letteralmente significa “passo di lato”) e Drehtür-Effekt.

Barroso, 21 poltrone per l’ex presidente della commissione Ue – Il caso Schroeder è uno dei due principali scandali relativi alle porte girevoli che ha scosso l’Unione europea. L’altro è quello rappresentato da Josè Barroso, tra il 2004 e il 2014 è stato presidente della Commissione Ue. Un periodo segnato dalla crisi finanziaria del 2008 e da quella del debito in Grecia nel 2011. Nel 2014 Barroso si alza dalla poltrona più alta di palazzo Berlaymond e si siede su altre 21 lussuosissime sedie da scrivania: corrispondono ad altrettanti incarichi privati molto ben pagati. Il più importante è quello di presidente (seppur non esecutivo) di Goldman Sachs. Cioè la banca d’affari multata dagli Stati uniti per frode e vendita di titoli tossici. La stessa che l’Europa ha accusato di aver taroccato il bilancio della Grecia per favorire l’entrata nell’Eurozona. Il caso Barroso è reso ancora più eclatante dal numero di ex componenti della commissione e del parlamento Ue che in pochi mesi smettono l’abito decisore pubblico per infilarne subito un altro da lobbista privato. L’olandese Neelie Kroes passa da commissaria alla concorrenza al board di Bank of America in meno di un anno. È anche in relazione a questi scandali se nel 2018 la commissione Ue – dopo le denunce di the Good Lobby – ha revisionato il sua codice di condotta. Gli ex commissari, per esempio, non possono diventare lobbisti per conto di società che si occupano degli stessi dossier seguiti da decisori pubblici. Almeno nei due anni successivi alla fine dell’incarico. E per gli ex presidenti della commissione il cooling-off, il periodo di “raffredamento”, dura 12 mesi in più .

Scrivi le norme per le case automobilistiche? Opel ti dà un lavoro – Molto più debole, invece, il codice di condotta degli europarlamentari che non vieta o limita le attività successive alla fine del mandato: al massimo non possono usare il loro pass (che vale per tutta la vita) per accedere alle sedi del Parlamento Ue se intendono andare per questioni di lobbying. Resta da capire come si fa a sapere se l’ex deputato va a prendere un caffè o va a convincere i colleghi di votare in un certo modo in commissione. È per questo motivo che le porte girano molto velocemente se a imboccarle sono gli ex europarlamentari. Nel 2014 l’inglese Sharon Bowles esce dalla commissione europarlamentare alla Politica economica e dopo circa un mese entra nell’ufficio di direttore non esecutivo della London Stock Exchange Group, la borsa di Londra. Nella stessa legislatura il tedesco Holger Krahmer ha fatto parte della commissione che si occupa di ambiente, salute pubblica e alimentare, dove ha lavorato alle norme per regolare l’industria automobilistica. Finito il mandato viene scelto dalla Opel come nuovo direttore degli affari europei e dei rapporti col governo. Risale solo a pochi giorni fa, invece, il nuovo lavoro di Nigel Farage, già leader dell’Ukip e frontman della Brexit: è diventato consulente e portavoce della Duch Green Business Group, una società che si occupa di ripiantare alberi per “catturare” il carbonio. Un’attività che secondo il Guardian è controversa perché secondo gli ambientalisti offre l’opportunità a chi inquina di continuare a farlo a patto di investire denaro nel rimboschimento. La società ha spiegato senza giri di parole di aver assunto Farage per i suoi contatti col mondo della politica e per “le sue capacità uniche di comunicare idee rilevanti a un pubblico globale”. Farage da parte sua è rimasto zitto: solo pochi mesi fa aveva pubblicamente attaccato il movimento ambientalista e Greta Thumberg.

Il caso Salla e gli altri funzionari girevoli – Non è un politico, invece, Reinald Kruger che nel 2018, dopo dieci anni alla commissione Ue, ha deciso di lasciare il suo incarico da capo dell’ufficio che vigila sul mercato delle telecomunicazioni. Nel 2019 ha chiesto un anno sabbatico ed è diventato il direttore sviluppo delle politiche pubbliche di Vodafone: una delle big delle telecomunicazioni sulle quali in precedenza vigilava. Poi c’è poi il caso di Adam Farkas che nel gennaio del 2020 da direttore esecutivo dell’Autorità bancaria europea, l’organo che ha il compito di vigilare sul mercato bancario comunitario, accetta di entrare nel board dell’Associazione dei mercati finanziari in Europa, che invece rappresenta le principali banche di investimento e che secondo Politico spende fino a 5 milioni di euro all’anno per fare pressione sulle istituzioni Ue. Più recente, invece, è l’assunzione da parte di Facebook della finlandese Aura Salla, nuova responsabile degli Affari europei. Si era candidata per due volte, senza successo, al parlamento Ue, poi aveva lavorato nel gabinetto di Jyrki Kaitanen, suo connazionale ed ex vicepresidente della commissione. A Bruxelles aveva fatto parte di un servizio di consulenza interno del massimo organismo politico comunitario. Qui si è occupata di disinformazione e interferenze durante le elezioni: temi che coinvolgono il principale social network del mondo. Che infatti è diventato il suo datore di lavoro. Secondo il codice di condotta Salla avrebbe dovuto attendere il via libera della commissione prima di accettare il nuovo impiego. Nei fatti, però, ha annunciato il lavoro sui suoi canali social più di un mese prima di avere l’ok. D’altra parte, come ha fatto notare il quotidiano Domani, nel 2019 la commissione Ue ha dato il via libera al 99,4% di tutte le richieste arrivate degli ex funzionari Ue che volevano cambiare lavoro. È dopo il caso Salla che 29 associazioni – compresa the Good Lobby – hanno chiesto alla presidente Ursula von der Loyen d’intervenire sulle norme che regolano le revolving doors in Europa per renderle più stringenti. L’inquilina di palazzo Berlaymond ha promesso di creare un organo etico indipendente comune a tutte le istituzioni dell’Ue. Allo stesso modo, il Consiglio dell’Ue ha espresso il suo sostegno per un ulteriore miglioramento delle norme. Al momento sono rimaste soltanto parole. Le regole ci sono ma non bastano: e le porte girevoli continuano a girare.

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