La scuola quest’estate non chiuderà. Anzi. Le aule apriranno le porte al volontariato, al terzo settore, ad educatori ed esperti esterni e, se vorranno, anche ai docenti. L’hanno chiamato “Piano estate” ed è un vero e proprio cronoprogramma di iniziative messe in atto per potenziare gli apprendimenti, ma anche per recuperare la socialità e prepararsi al meglio alla ripartenza di settembre.
Una novità che ha diviso il sindacato, preoccupato i presidi e allarmato le famiglie che si sentono escluse dalle decisioni prese. Se la Cisl Scuola plaude a Bianchi, la Flc Cgil non s’accontenta degli annunci ma vuole vedere contratti, garanzie e capire la fattibilità di un’operazione che, a loro avviso, parte in ritardo.
Un primo aspetto da chiarire subito è che maestri e professori saranno impegnati solo nel mese di giugno su base volontaria. Se non ci saranno insegnanti disponibili a dare una mano ai ragazzi che devono rimediare alle lacune causate da quest’anno di lezioni ad intermittenza, ci saranno educatori, neolaureati, precari, disoccupati con competenze specifiche e naturalmente i collaboratori scolastici che vigileranno.
Un coinvolgimento con incarichi ad hoc fatti dalle scuole grazie ai 510 milioni messi sul piatto dal ministero dell’Istruzione: 150 milioni del Decreto Legge “Sostegni” saranno distribuiti attraverso un decreto del Ministero, sulla base del numero di alunni, per una media di circa 18mila euro per scuola; 320 milioni saranno utilizzabili soprattutto nelle aree con maggiori disuguaglianze economiche e sociali e altri quaranta saranno assegnati alle istituzioni scolastiche in funzione delle tipologie di progetti da attivare.
A chi sarà rivolto il “Piano estate”? Ai bambini più piccoli della primaria fino agli studenti delle scuole superiori: tutti potranno scegliere in maniera volontaria se aderire o meno alla proposta. Nessuno, tuttavia, pensi che si faranno noiose lezioni di matematica o italiano. Non è questo l’obiettivo del ministro Patrizio Bianchi: dall’inizio alla fine delle vacanze si faranno attività educative incentrate su musica, arte, sport, digitale, percorsi sulla legalità e sulla sostenibilità, sulla tutela ambientale. Solo giugno e settembre saranno dedicati al rinforzo.
Il ministro del governo Draghi parla di una “scuola affettuosa”, che deve stare al fianco dei nostri bambini e ragazzi, che, partendo dai più fragili, sia punto di riferimento per tutta la comunità e le famiglie”. Il piano prevede tre fasi. La prima, quella di giugno: sarà dedicata al potenziamento degli apprendimenti attraverso attività laboratoriali, scuola all’aperto, studio di gruppo, da effettuare anche sul territorio, con collaborazioni esterne o con il terzo settore.
A viale Trastevere pensano soprattutto ai bambini delle classi prime e quinte del primo ciclo. “Per i primi – scrive nella circolare inviata ai presidi, il capo dipartimento Stefano Versari – non ancora autonomi nell’organizzazione del lavoro, dei tempi e dei materiali, nello svolgimento dei compiti e delle consegne, ancora legati al pensiero concreto, all’esperienza pratica, all’esempio, la proposta di attività per l’acquisizione delle abilità di lettura, scrittura e di calcolo in modalità a distanza può non essere stata sufficiente a impedire il rallentamento degli apprendimenti, soprattutto nei contesti particolarmente svantaggiati”. Per i secondi, “la didattica a distanza – spiega Versari – può non avere consentito di intervenire adeguatamente laddove vi fossero lacune, carenze, difficoltà pregresse. Utile dunque l’attivazione di interventi personalizzati e/o di gruppo, a compensazione di quanto è venuto a mancare durante il periodo del lockdown e parzialmente anche nell’anno scolastico in corso”.
Per gli studenti delle superiori, invece, si prevedono “Summer School” e stage; gruppi di apprendimento con tutoraggio di pari, di studenti universitari, di esperti o docenti; imprese simulate; simulazione di processi e situazioni complesse anche con l’utilizzo di software dedicati.
La seconda fase riguarda i mesi di luglio e agosto. E’ il tempo della socialità, come piace definirlo a Bianchi. Ci saranno moduli e laboratori di educazione motoria e gioco didattico, canto, musica, arte, scrittura creativa, educazione alla cittadinanza, debate, educazione alla sostenibilità, educazione all’imprenditorialità, potenziamento della lingua italiana e della scrittura, delle competenze scientifiche e digitali (coding, media education, robotica). Il tutto si svolgerà in spazi aperti delle scuole e del territorio, teatri, cinema, musei, biblioteche, parchi e centri sportivi, con il coinvolgimento del terzo settore, di educatori ed esperti esterni.
Infine la terza fase, quella di settembre. Fino alla prima campanella i bambini e i ragazzi troveranno chi li accoglie con attività laboratoriali o momenti di ascolto, anche avvalendosi di collaborazioni esterne per sportelli informativi tematici o di supporto psicologico. Ma non solo. Si pensa anche ad un rinforzo disciplinare in un’ottica di peer tutoring, anche autogestiti dagli studenti (in base all’età) e supervisionati da docenti tutor, avvalendosi delle innovazioni didattiche di cui si è fatta esperienza nell’ultimo anno: didattica blended, one to one, cooperative learning, realizzando unità formative brevi e autosufficienti, personalizzate e responsabilizzanti.
Non è ben definito invece chi farà cosa. Il piano affida alle scuole il compito di programmare le attività all’interno degli organi collegiali ma in queste ore i dirigenti scolastici sono preoccupati per questo nuovo carico di lavoro. A sollevare la questione è la Flc Cgil: secondo il sindacato guidato da Francesco Sinopoli serve un chiarimento rispetto ai compiti degli organi collegiali e soprattutto si rischia che gli istituti non abbiano il tempo per programmare perché il bando per i 320 milioni scade già il 21 maggio.
“Occorre – dice Sinopoli – entrare nel merito delle questioni organizzative e quindi sindacali e contrattuali che le scelte di questo tipo aprono rispetto alla organizzazione del lavoro e garantire la tutela del personale incaricato dello svolgimento delle attività, da individuare prioritariamente tra quello scolastico, anche a tempo determinato, attraverso l’applicazione del contratto nazionale e il pieno coinvolgimento della comunità educante”. Le critiche arrivano anche dall’Associazione nazionale presidi: “E’ assolutamente necessario lasciare all’autonomia delle scuole la definizione delle attività da realizzare, il conseguente utilizzo delle risorse nonché la scelta delle modalità di individuazione del personale interno o esterno – sia docente che Ata – da coinvolgere in dette attività”.
A cercare di mediare è il Movimento italiano genitori: “E’ importante, e lo chiediamo con urgenza, che il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi si confronti con i genitori su questo importante momento educativo per i nostri figli, consapevoli che gli attori del sistema educativo oltre ai i docenti ed agli alunni sono anche i genitori”, dice Antonio Affinita direttore generale. L’unica davvero soddisfatta è la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Lena Gissi: “Finalmente sul recupero educativo una proposta ben diversa dalle tante, banalizzanti e semplicistiche, sull’allungamento del calendario scolastico. Ci riserviamo ovviamente una valutazione più puntuale quando ci sarà sottoposto un testo definitivo con i conseguenti atti applicativi ma l’impostazione è sicuramente apprezzabile”.