Connettività veloce entro il 2026, con quattro anni di anticipo rispetto agli obiettivi di Bruxelles. Nuove infrastrutture di rete per 9mila edifici scolastici, sanità di nuova generazione per 12mila strutture del Servizio sanitario nazionale, collegamenti in fibra per 18 isole minori grazie a cavi sottomarini. E poi ancora sviluppo e diffusione capillare della rete 5G lungo oltre 2.000 km di corridoi di trasporto europei e 10.000 km di strade extra-urbane, per abilitare lo sviluppo di servizi a supporto della sicurezza stradale, della mobilità, della logistica e del turismo. Sul tema digitalizzazione sono queste alcune delle più importanti novità del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’esecutivo di Mario Draghi. Con circa due miliardi in più di risorse rispetto a quanto previsto nella bozza elaborata dal governo Conte, meno dettagliata sul fronte degli interventi da realizzare con i fondi del Pnrr.
In totale, per la trasformazione tecnologica, l’innovazione, la competitività e la cultura il piano di Draghi stanzia 50 miliardi contro i 48 miliardi immaginati dal precedente esecutivo. Obiettivo “promuovere e sostenere la trasformazione digitale e l’innovazione del sistema produttivo del Paese”, come ha spiegato il premier nel suo intervento alla Camera. “Vogliamo accelerare l’adozione della tecnologia – nel pubblico, nel privato e nelle famiglie – per dare alla fine del quinquennio 2021-26 eque opportunità a tutti. In particolare a giovani, donne e a chi vive in territori meno connessi”, ha detto il presidente del Consiglio. Un obiettivo che il governo intende realizzare sostenendo lo sviluppo di tutte le tecnologie capaci di ridurre il digitale divide. Dalla fibra al 5G passando per i satelliti con un investimento complessivo da 7,6 miliardi di cui 6,31 miliardi in fibra e 5G e 1,290 miliardi nel network satellitare e dell’economia spaziale.
Il documento punta quindi deciso sulla neutralità tecnologica, come già anticipato in più occasioni dal ministro per la trasformazione digitale, Vittorio Colao. Gli investimenti in fibra restano importanti, ma meno di quanto non lo fossero per il governo Conte, che ha fortemente sostenuto il progetto della società unica della rete a banda ultralarga attraverso il progetto di fusione degli asset di Telecom Italia e di Open Fiber, controllata dall’Enel e da Cassa Depositi e Prestiti. “Per mantenere la promessa di una Gigabit society universale basata su un’infrastruttura di reti fisse e mobili ad altissima capacità, si adotta un approccio neutrale sotto il profilo tecnologico che ottimizzi l’impiego delle risorse”, si legge nel testo del Pnrr. Ben venga quindi la banda larga, ma anche lo sviluppo di tutte quelle tecnologie, dal 5G ai ponti radio FWA al satellite, che consentano al Paese di realizzare in anticipo gli obiettivi fissati da Bruxelles nel 2030: un gigabit per secondo per tutti gli italiani e la piena copertura 5G delle aree popolate.
Così le risorse previste dal governo Draghi serviranno a portare la connettività veloce (Piano “Italia a 1 Giga”) a circa 8,5 milioni di famiglie, imprese ed enti nelle aree meno interessanti per gli operatori (le cosiddette zone grigie e nere a fallimento di mercato), “puntando alla piena neutralità tecnologica e facendo leva sulle migliori soluzioni tecnologiche disponibili, sia fissa che FWA”, come precisa il PNRR. Non solo: nel progetto saranno incluse anche circa 450.000 unità immobiliari situate nelle aree remote (le cosiddette case sparse), non ricomprese nei piani di intervento pubblici precedenti. Infine, il governo Draghi ha anche annunciato che, nel solco di quanto avviato dal premier Conte, proseguirà a sostenere la domanda di connettività di famiglie ed imprese. Ma fa sapere anche che monitorerà da vicino il piano voucher in corso, destinato alle fasce economicamente più deboli della popolazione. Con la possibilità di “aggiornarlo e, se necessario, potenziarlo per massimizzare l’impatto del sussidio pubblico erogato”.