È l’unica vera new entry del piano di ripresa e resilienza firmato dal governo Draghi rispetto a quello approvato dal Conte 2. Il riferimento all’avvio di una “riforma organica degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti da approvarsi entro la fine della legislatura”, messo nero su bianco nel documento inviato a Bruxelles, è considerato una vittoria dal Network Non Autosufficienza. Che a partire dalla fine di gennaio – con il sostegno tra gli altri di Caritas, Cittadinanzattiva, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale del Terzo Settore e tre associazioni nazionali che rappresentano le persone con Alzheimer e Parkinson e i loro caregiver – ha scritto e sottoposto all’esecutivo una dettagliata proposta di intervento con l’obiettivo di arrivare a una legge quadro sulla materia. E non è un caso se il presidente del Consiglio, presentando il documento alla Camera, ha usato parole simili a quelle con cui il Network aveva motivato la necessità di un progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia: “Dopo le sofferenze e le paure di questi mesi di pandemia, non possiamo dimenticarci di loro”, ha detto.

“Si è rotta l’inerzia sull’unico ambito del welfare che negli ultimi anni non è stato oggetto di riforme”, commenta Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università di Trento e coordinatore del Network che ha incassato anche la collaborazione dei sindacati dei pensionati. “E’ una grande opportunità: ora la sfida è riempirla di contenuti. Il messaggio è che lo Stato ha preso l’impegno di occuparsene entro una precisa scadenza, soggetta a verifica da parte della Commissione europea”. La data chiave è fine legislatura, quindi la primavera del 2023. “Molto positivo anche che la Ragioneria Generale dello Stato abbia dato via libera alla frase in cui si fa riferimento all’introduzione di livelli essenziali delle prestazioni, cosa che inevitabilmente comporta un incremento di spesa”.

Per quanto riguarda le risorse a disposizione, non ci sono tutti i 7,5 miliardi necessari per il progetto messo a punto dal Network. Ma i finanziamenti ad hoc sono stati aumentati. Quelli per i servizi domiciliari – lasciando fuori la telemedicina – sono saliti da 1 a 3 miliardi. Verranno impiegati per aumentare le prestazioni di assistenza a casa fino a prendere in carico il 10% degli over 65 con una o più patologie croniche o non autosufficienti, “in linea con le migliori prassi europee”. Ci sono poi 300 milioni per la riconversione delle rsa e delle case di riposo per anziani in gruppi di appartamenti autonomi, in modo da garantire “la massima autonomia e indipendenza” da affiancare ovviamente alla presa in carico da parte dei servizi sociali.

Il modello, si legge nel piano, è quello della “presa in carico socio-sanitaria” coordinata con “il parallelo progetto di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale”: fuori dal gergo burocratico, la novità è che il ministero della Salute dovrà lavorare fianco a fianco con quello del Welfare. Un approccio integrato che il Network auspicava, perché il risultato – se tutto va per il verso giusto – dovrebbe essere una presa in carico complessiva che tiene conto di tutte le necessità della persona e non solo delle sue patologie. Come del resto chiedeva la Ue nelle sue raccomandazioni all’Italia del 2019 sul riequilibrio tra funzioni di welfare, troppo sbilanciato sul fronte delle pensioni.

Spetterà poi alla riforma sviluppare ulteriormente questi progetti. Il Pnrr si limita a indicare i cardini: semplificazione dei percorsi di accesso alle prestazioni e “presa in carico multidimensionale ed integrata”, attraverso un progressivo rafforzamento dei servizi territoriali di domiciliarità per evitare processi di istituzionalizzazione non appropriata e prevedendo, quando la permanenza in un contesto familiare non è più possibile o appropriata, la riqualificazione delle strutture residenziali. Tutti punti importanti della proposta del Network Non Autosufficienza, che ora attende il governo alla prova dei fatti.

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