Economia

Bankitalia: “Con il Covid più disuguaglianza. Sale al 44% la quota di famiglie che senza entrate finirebbe in povertà dopo tre mesi”

"Nonostante l'aumento del risparmio osservato nel corso del 2020, per alcune famiglie indebitate il rischio di illiquidità potrebbe tradursi in difficoltà di rimborso dei finanziamenti", rileva Via Nazionale. Ci sarà ovviamente un impatto sui bilanci delle banche, anche perché "è verosimile che le moratorie ancora in essere, la cui incidenza è più alta della media europea, stiano ritardando l’emersione di difficoltà nel rimborso dei prestiti"

La crisi Covid ha colpito e sta colpendo alcune famiglie più di altre, causando “un incremento della disuguaglianza dei redditi”. Ne prende atto anche la Banca d’Italia, che nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria sottolinea come i nuclei vulnerabili con debiti saliranno ulteriormente (al 2% del totale, circa 500mila) una volta esaurite le moratorie e le altre misure di sostegno. Anche se non toccheranno il livello raggiunto dopo la crisi dei debiti sovrani. Tra aprile e dicembre dello scorso anno sono aumentate al 44% le famiglie ‘povere di liquidità’, ossia quelle che non dispongono di sufficienti risorse liquide o prontamente liquidabili per mantenere, in assenza di altre entrate, i propri consumi essenziali al di sopra della soglia di povertà per almeno tre mesi. La probabilità di trovarsi in quella condizione era significativamente più alta per i nuclei indebitati e, tra questi, per le famiglie che si attendevano nel 2021 una contrazione del reddito superiore al 25 per cento.

“Ciò suggerisce che, nonostante l‘aumento del risparmio osservato nel corso del 2020, per alcune famiglie indebitate il rischio di illiquidità potrebbe tradursi in difficoltà di rimborso dei finanziamenti“, rileva ancora Via Nazionale. E qui si capisce che la questione da tenere sott’occhio è l’impatto sui bilanci delle banche: anche perché “è verosimile che le moratorie ancora in essere, la cui incidenza è più alta della media europea, stiano ritardando l’emersione di difficoltà nel rimborso dei prestiti”. Nonostante questo “il tasso di deterioramento dei prestiti ha registrato negli ultimi mesi un aumento, in particolare per le esposizioni verso le imprese dei settori più colpiti dalla crisi. Le rettifiche sui crediti in bonis hanno continuato a crescere, contribuendo alla forte riduzione della redditività nel 2020; la situazione di incertezza richiede notevole prudenza e il rafforzamento delle decisioni di accantonamento, soprattutto da parte delle banche meno significative. Lo scorso anno la pandemia non ha rallentato i piani di dismissione dei crediti deteriorati”.

Con il venire meno delle moratorie sui prestiti, “la quota di famiglie vulnerabili e l’incidenza dei loro debiti sul totale salirebbero al 2 e al 10,6% rispettivamente”, nonostante la ripresa del reddito e “l’effetto del perdurare di livelli particolarmente bassi dei tassi di interesse. In assenza della possibilità, prevista dai provvedimenti approvati lo scorso dicembre, di richiedere il blocco dei pagamenti per alcune famiglie anche nel 2021, il debito dei nuclei vulnerabili sarebbe risultato superiore di circa mezzo punto percentuale. Nel caso di andamenti macroeconomici più sfavorevoli – chiarisce comunque la Banca d’Italia – il debito a rischio raggiungerebbe l’11,5 per cento del totale, rimanendo comunque su valori contenuti rispetto alla crisi dei debiti sovrani”.

“La situazione di incertezza – rimarcano da via Nazionale – richiede notevole prudenza e il rafforzamento delle decisioni di accantonamento; ciò vale in particolare per le banche meno significative: l’incidenza delle posizioni per cui è stato rilevato un incremento significativo del rischio di credito (classificate nello stadio 2 secondo il principio contabile Ifrs 9) è infatti per questi intermediari inferiore alla media di sistema, nonostante la quota di moratorie ancora in essere sul totale dei prestiti sia maggiore”.