“L’America si sta rialzando”: Joe Biden, che aveva ereditato da Donald Trump “un Paese in crisi”, diviso e malato, traccia un bilancio positivo dei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca e prospetta al Congresso, riunito in sessione plenaria, un’espansione – senza precedenti da almeno quarant’anni – dei programmi federali.
Due gli obiettivi: traghettare l’economia oltre la pandemia ed estendere la rete di protezione sociale, nel segno della riduzione delle diseguaglianze, sociali, etniche, di genere. Un colpo di timone che riporta la barra dell’America a prima della svolta reaganiana degli Anni Ottanta. Parlando per la prima volta al Congresso riunito in sessione plenaria, il presidente dice: “Eravamo davanti alla peggiore pandemia da un secolo in qua, alla peggiore crisi dalla Grande Depressione e al peggior attacco alla nostra democrazia dalla Guerra Civile … Ora stiamo vaccinando la Nazione, stiamo creando milioni di posti di lavoro, stiamo dando risposte visibili e concrete alla gente e stiamo garantendo equità e giustizia”.
Due immagini danno la percezione dell’eccezionalità del momento: l’aula della Camera non è gremita, come avviene di solito per il discorso sullo stato dell’Unione – questo non lo è, ma è analogo -, perché le presenze di deputati e senatori sono contingentate causa pandemia – segno che l’emergenza sanitaria non è tramontata; e, dietro il podio di Biden, lo scranno della presidenza è, per la prima volta, occupato da due donne. Kamala Harris, la vicepresidente, presiede il Senato; e Nancy Pelosi è la speaker della Camera: 15 mesi or sono, stizzita, stracciò platealmente il discorso di Trump davanti alle telecamere.
Pandemia, economia, disuguaglianze, esteri
“Il futuro dell’America è nelle nostre mani”. Joe Biden sprona un Congresso spaccato ad appoggiare il suo piano da oltre 4.000 miliardi di dollari per rilanciare l’Unione (“il più grande dalla Seconda Guerra Mondiale”) e inoltre a riformare la polizia, dare una stretta alle armi da fuoco facili, lavorare a una riforma dell’immigrazione complessiva.
C’è una proposta suggestiva: la riforma della polizia, che porta il nome di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un agente a Minneapolis il 25 maggio 2020, dovrebbe essere varata nell’anniversario dell’omicidio. “Abbiamo visto – dice Biden – il ginocchio dell’ingiustizia sul collo dell’America nera. Ora bisogna voltare pagina, il Paese lo vuole”.
Sul fronte internazionale, Biden manda un messaggio a Vladimir Putin e Xi Jinping. “Non vogliamo conflitti o escalation”, assicura, sottolineando, però, che “la democrazia è l’essenza dell’America e gli autocrati non vinceranno”. Prospetta azioni concertate con gli alleati, in primis della Nato, e vuole rilanciare la diplomazia con Russia, Cina, Iran, Corea del Nord, nel rispetto dei diritti umani.
Una scommessa politica difficile da vincere
Nel giudizio dei commentatori dei maggiori media Usa, il discorso di Biden chiude la luna di miele del nuovo presidente con i suoi elettori e apre una fase di delicati negoziati: politico di lungo corso, Biden dovrà mostrarsi capace di fare accettare i suoi programmi agli elettori sia democratici che repubblicani, anche se l’opposizione repubblicana in Congresso, ancora striata di ‘trumpismo’, non è per nulla malleabile.
Il presidente ricorda che l’Unione s’è vista precipitata “in un abisso di insurrezione e d’autocrazia – un riferimento all’assalto al Congresso del 6 gennaio e alle responsabilità di Trump -, di pandemia e di sofferenza”: ne è emersa “forte”, ma anche polarizzata. E un punto in particolare del programma di Biden rischia di suscitare frizioni: la riforma fiscale, che andrebbe a modificare quella di Trump del 2017, alzando le tasse alle imprese e a quanti guadagnano oltre 400mila dollari l’anno.
I maggiori introiti erariali finanzierebbero una serie di interventi sociali, nell’istruzione, nella sanità, oltre agli sgravi fiscali per le famiglie e i bassi redditi, così da ridurre le disuguaglianze. Una ricetta che i repubblicani bollano “alla Robin Hood” e che suscita perplessità anche tra i democratici più moderati spiazzati dal “quieto radicalismo” del presidente che piace invece sempre più alla sinistra.
Biden ricorda come “la pandemia ha reso le cose peggiori, perché mentre 20 milioni di americani perdevano il loro lavoro, i 650 miliardari dell’Unione hanno visto la loro ricchezza aumentare d’oltre mille miliardi di dollari. E’ ora di fare qualcosa”.
Il Washington Post scrive: “L’agenda domestica del presidente è il più impressionante spostamento delle politica economica e del welfare federale da quando fu eletto Ronald Reagan, 40 anni or sono. Tenuto conto dell’esile maggioranza democratica in Congresso e di una Nazione ancora nettamente divisa, l’agenda di Biden appare, però, una scommessa politica di enormi proporzioni”.
Il successo dei vaccini anti-Covid
Nella prima parte del suo discorso, Biden ha sottolineato la rapidità con cui la vaccinazione anti-Covid procede nell’Unione: la soglia dei cento milioni di vaccini nei primi cento giorni è stata superata e più che raddoppiata – 220 milioni le dosi somministrate; oltre la metà dei cittadini ha già ricevuto almeno una dose di vaccino.
Certamente, gran parte del merito va alla nuova Amministrazione: la campagna di vaccinazione era infatti partita in modo fiacco e disorganizzato dopo le elezioni del 3 novembre, nella coda polemica e rancorosa della presidenza Trump. Solo quattro Paesi al mondo (Israele, Emirati arabi uniti, Cile e Gran Bretagna) hanno fatto meglio degli Usa, che però restano – ecco il lascito di Trump – il Paese con il più alto numero di contagi – oltre 32 milioni di casi, un quinto del totale globale – e di decessi – 575 mila, quasi un quinto del totale.
Ora incominciano ad emergere difficoltà: il numero di vaccinazioni giornaliero è sceso del 20% nelle ultime due settimane e il miglioramento della situazione, con l’allentamento di alcune misure preventive, rischia di incidere sulla spinta a vaccinarsi degli americani.