Quelle contenute nel Bacio di Brianna sono storie che hanno rotto l’argine delle canzoni per straripare sulle pagine del primo libro di Gennaro Della Volpe, in arte “Raiz”, come si legge sulla copertina del libro, in uscita il 4 maggio per Mondadori. Il cantante degli Almamegretta, per la prima volta, si cimenta nella scrittura di venti racconti che sono il naturale prolungamento della sua musica.
Raiz parte dal suo vissuto per raccontarci le storie di chi è costretto a lasciare la propria terra in cerca di un futuro migliore come fece il padre, all’inizio degli anni Settanta, quando portò la sua famiglia da Napoli a Milano dopo aver perso il lavoro. Un libro che è una sorta di romanzo di formazione a puntate. La prosa di Raiz è asciutta, sempre ponderata, anche quando narra la violenza cieca del razzismo e delle guerre. Una scrittura che non rinuncia alla dolcezza nel ricordare la sua infanzia e la madre cresciuta in pieno dopoguerra. I personaggi – napoletani, milanesi, israeliani, palestinesi, africani – saltano da un racconto all’altro in un andirivieni di storie e città che s’intrecciano in cerca d’amore. Ciro, Yusuf, Linda, Nanà e Kuba ci ricordano di quanto il Mediterraneo, con le sue diversità, leghi storie e culture solo apparentemente lontane.
Per la prima volta ti firmi col tuo vero nome, quasi a voler dire: questo sono io.
Porto un nome lungo e dalle forti connotazioni identitarie, non l’ho mai usato perché pensavo non fosse adatto ai miei progetti musicali: volevo confondere le acque culturali e tracciare confini mobili. L’uscita del libro, però, visto che avevo a disposizione molto più spazio di quello di una canzone, mi ha permesso di raccontare meglio la complessità che spesso si nasconde dietro apparenze molto caratterizzate. A questo punto era giusto che lo facesse Gennaro, non Raiz.
In tutti i racconti si percepisce una volontà a far emergere le contraddizioni di quelle che spesso riteniamo verità e categorie ideologiche consolidate.
Tutti i miei personaggi sono così: napoletani, africani, inglesi, israeliani, palestinesi che oltre i risaputi cliché sanno esprimere anche molto altro. Nell’epoca del digitale totale, ove il giornalismo si limita ai titoli d’effetto e i dibattiti avvengono sui social media, sembra quasi doveroso far notare ciò che solo poco tempo fa sarebbe stato normale, ovvero che l’abito quasi mai fa il monaco.
Quanto è stato difficile fare uscire le storie delle tue canzoni?
È stato anzi molto facile. Spesso le mie storie hanno sofferto di troppa sintesi, questa volta il respiro era ampio e ne hanno approfittato.
Nel racconto che apre il libro una donna abbandona il marito e i due figli per rincorrere l’amore, mentre in un altro, un colonnello dell’esercito israeliano, sempre per amore, sceglie di non uccidere una spia palestinese. È sempre possibile una scelta?
La storia, per dirla con Amos Oz, uno scrittore che molto amo, viene spesso cambiata in meglio da chi ha il coraggio di tradire, specie se si tratta di uscire da tracciati che portano come risultato solo sofferenza.
Hai vissuto a Napoli, Milano, Tel Aviv e Roma, qual è la tua città ideale e perché?
In ogni posto ho trovato casa e affetti, per uno che è tra i fondatori di una band che si chiama Anima Migrante va bene così. Il rapporto con Napoli è più complicato, ci sono elementi che hanno a che fare con l’ancestrale e sono molto difficili da spiegare, un po’ come raccontare il perché si ama la propria madre.
Hai mai pensato di ritornare stabilmente a Napoli?
Mia moglie lavora a Roma e io in giro, quindi la sede familiare è, per motivi logistici, per forza nella capitale. Prima della pandemia venivo a Napoli una volta alla settimana, quindi il distacco non l’ho mai avvertito. Se tornerò stabilmente non lo so, so che mia moglie è innamorata della città e che il pensiero che mia figlia cresca totalmente non napoletana mi fa un certo effetto: sono due buoni motivi per pensarci seriamente.
Cantante, attore e da oggi anche scrittore, cosa che ti piacerebbe ancora fare?
Ho una figlia di due anni e mezzo, mi piacerebbe essere un bravo papà.
Se non avessi fatto il cantante cosa avresti fatto nella vita?
Sono un po’ troppo vecchio per saperlo con certezza, ma forse mi sarebbe piaciuto insegnare.