Sulla base dei verbali dell’ex avvocato esterno dell’Eni, sono state aperte almeno due inchieste. Una è nella Capitale, dove si cerca di fare luce su chi, da mesi, invia i dossier anonimi. L’altra è quella aperta dall’ufficio inquirente di Perugia. Ed è ancora più delicata, perchè le dichiarazioni dell'ex mister Wolf siciliano sono tutte da verificare. Intanto Palazzo dei Marescialli ha sospeso la funzionaria sospettata di aver recapitato i verbali alle redazioni dei giornali. Il pg della Cassazione: "Verbali recapitati a Davigo? Grave violazione dei doveri del magistrato". Brescia valuta l'apertura di un fascicolo conoscitivo
Una nuova scossa di terremoto rischia di scuotere fino alle fondamenta la magistratura italiana. A due anni dall’esplosione del caso di Luca Palamara, il mondo delle toghe viene di nuovo travolto da una vicenda che, se possibile, è ancora meno limpida della precedente. E per questo rischia di trasformarsi in uno scandalo dai contorni ancora molto poco chiari. Al centro di tutto ci sono i verbali di interrogatorio che, tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020, vengono riempiti da Piero Amara, ex avvocato esterno dell’Eni, al centro di una complicata rete composta da depistaggi, ricatti e tangenti. Sulla base di quei documenti oggi sono state aperte almeno due inchieste. Una è quella della procura di Roma che cerca di fare luce su chi, da mesi, invia i dossier anonimi con le parole di Amara alle redazioni dei giornali: tra l’ottobre del 2020 e i primi mesi del 2021 sono stati recapitati al Fatto Quotidiano, al Domani, a Repubblica. Un’altra è quella aperta dall’ufficio inquirente di Perugia ed è parecchio più delicata. Perché la procura guidata da Raffaele Cantone ha aperto un fascicolo in cui ipotizza il reato di associazione segreta. Un’indagine ancora alle battute iniziali, senza indagati e sulla quale comunque viene mantenuto l’assoluto riserbo. A darne notizia è l’agenzia Ansa che però spiega di non avere alcun tipo di conferma ufficiale. Ma andiamo con ordine.
Csm: “Scoprire chi vuole delegittimarci” – La vicenda è talmente delicata che provoca pure il commento di David Ermini. Il vicepresidente del Csm interviene per dire che Palazzo dei Marescialli “non solo è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti, ma è semmai obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura“. Il numero due del Consiglio superiore chiede dunque “la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria al fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione”. Insomma: per il vicepresidente di Palazzo dei Marescialli sono in atto manovre che puntano a screditare il mondo delle toghe, già particolarmente indebolito dall’inchiesta su Palamara.
I racconti di Amara sulla loggia – Tutto nasce dai racconti fatti davanti ai pm di Milano Laura Pedio e Paolo Storari da Amara. Dichiarazioni clamorose: alcune sono evidentemente delle calunnie, altre sono prive di riscontro, altre ancora sono verosimili. L’avvocato siciliano ha già patteggiato una pena a 2 anni e 8 mesi per corruzione in atti giudiziari ed è l’uomo che, sempre per la procura del capoluogo lombardo, ha orchestrato quella torbida vicenda del depistaggio sulle indagini Eni. Mentre la procura di Milano indava sulla maxi tangente che sarebbe stata pagata dall’azienda del cane a sei zampe in Nigeria – gli imputati sono stati poi assolti in primo grado – Amara fabbricava – almeno secondo gli inquirenti – una indagine parallela e posticcia su un presunto complotto creato contro il numero uno di Eni, Claudio Descalzi. Ecco perché le sue dichiarazioni vanno prese con le molle: il testimone è allo stato considerato credibile solo su una piccola parte della sua dichiarazioni. Per esempio la procura di Perugia ritiene attendibile Amara nelle dichiarazioni su Palamara e, infatti, intende portare l’ex segretario dell’Anm a processo con l’accusa di corruzione. Sempre le dichiarazioni di Amara hanno portato, nel settembre scorso, alla condanna a 11 anni di carcere per l’ex giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo, accusato di corruzione in atti giudiziari per aver pilotato almeno tre sentenze. Ma molti altri pezzi dei verbali dell’avvocato siciliano sono completamente privi di riscontro. A cominciare dal suo racconto sull’esistenza di una superloggia segreta – la loggia Ungheria – della quale farebbero parte magistrati, politici e alti esponenti delle istituzioni. Tra gli obiettivi della Ungheria anche quella di condizionare le nomine in magistratura. Un racconto, quello di Amara, tutto da provare. E che in certi passaggi è già stato smentito. Un esempio? Per Amara della superloggia farebbe parte pure Sebastiano Ardita, stimato consigliere del Csm. Ma Ardita è già stato a Perugia per smentire per tabulas – cioè con elementi concreti alla mano – le calunnie dell’avvocato. Che lo indica come pm a Catania del 2006, quando lui invece era già al Dap a Roma. In più Amara lo definisce “culo e camicia” con Gianni Tinebra, ex capo del Dap ora deceduto. Tra chi segui le storie di giudiziaria è nota la spaccatura avvenuta tra Tinebra e Ardita, già nel 2005. E infatti oggi l’ex pm Nino Di Matteo è tornato a definire le dichiarazioni di Amara come “palesemente calunniose. La loro falsità è facilmente riscontrabile. L’illecita diffusione di quei verbali anche all’interno del Consiglio superiore rappresenta un vero e proprio dossieraggio volto a screditare il consigliere Ardita e a condizionare l’attività del Csm”.
I verbali di Amara portati da Storari a Davigo. Colle informato – Insomma le dichiarazioni di Amara sono tutte da verificare. Ed è quello che – sempre secondo l’Ansa – avrebbe voluto fare Paolo Storari, uno dei due pm che ha interrogato a Milano l’avvocato siciliano. Per circa sei mesi, tra fine 2019 e maggio 2020, il magistrato ha chiesto ai vertici dell’ufficio della Procura, anche per iscritto, di effettuare delle iscrizioni nel registro degli indagati per andare a verificare le dichiarazioni di Amara. Non avendo risposte sulle iscrizioni, il pm milanese, come forma di autotutela, nella primavera del 2020 ha deciso di consegnare i verbali all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Un atto che può apparire irrituale ma che dal punto di vista di Storari equivale semplicemente a essersi rivolto all’unico consigliere di Palazzo dei Marescialli che conosceva e di cui si fidava. “Non c’è stato nulla di irrituale. Cosa deve fare un pm se non gli fanno fare ciò che deve, cioè iscrivere la notizia di reato e fare indagini per sapere se è fondata?” dice Davigo spiegando che non c’è stata nessuna violazione del segreto con la consegna dei verbali, perchè “il segreto non è opponibile ai consiglieri del Csm”. L’ex magistrato di Mani Pulite spiega di aver “informato chi di dovere” dei verbali di Storari. Come ha svelato il Fatto Quotidiano, “chi di dovere” è il Colle: Davigo ha subito informato del contenuto di quei verbali il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Pg Cassazione: “Verbali a Davigo grave violazione dei doveri di un magistrato”- Nonostante ciò, l’ex consigliere viene attaccato da Giovanni Salvi, pg della Cassazione: “Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte del Cons. Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Piero Amara alla Procura di Milano. Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura generale valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza”. Il pg della Suprema corte, titolare dell’azione disciplinare sui magistrati, dice inoltre che “nella tarda primavera dell’anno passato, il consigliere Piercamillo Davigo mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre procure e che – a dire di un sostituto – rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti”. Salvi spiega che della confidenza ricevuta da Davigo informò “immediatamente il Procuratore della Repubblica di Milano. In un colloquio avvenuto nei giorni successivi nel mio ufficio, il 16 giugno, Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte. Si convenne – continua ancora – sulla opportunità di coordinamento con le Procure di Roma e Perugia. Il coordinamento fu avviato immediatamente e risultò proficuo”. Sulla vicenda, nel frattempo, il procuratore di Brescia Francesco Prete sta visionando gli atti per valutare l’apertura di un fascicolo conoscitivo. “Stiamo valutando”, dice il capo dell’ufficio inquirente, che ha competenza sui magistrati milanesi.
Le fibrillazioni di Milano e le indagini per fuga di notizia – A Milano, intanto, le frizioni nate sui verbali di Amara portano Storari a non occuparsi più delle indagini sul cosiddetto “falso complotto” Eni, quello che vede indagato Amara e pure l’ex manager Vincenzo Armanna, il grande accusatore del processo sulla maxi tangente in Nigeria. Storari oggi ha fatto sapere di essere pronto a riferire al Csm, se l’organo di autogoverno della magistratura lo riterrà necessario. Secondo il capo dell’ufficio inquirente del capoluogo lombardo, però, non ci sarebbe alcuna fibrillazione al palazzo di via Freguglia. “Ma quale spaccatura?”, ha detto Greco, a chi gli chiedeva della questione Storari. Il via libera agli accertamenti richiesti dal pm, a quanto pare, in seguito sarebbe arrivato. E infatti lo stesso procuratore di Milano ha diffuso una nota – firmata anche dal capo della procura di Perugia – per spiegare che dopo alcuni accertamenti, i due uffici “hanno congiuntamente trasmesso gli atti alla procura di Roma con riferimento al luogo di consumazione del reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio“. Greco e Cantone nella loro nota sottolineano che le loro indagini “hanno permesso, con sicurezza anche documentale, di ricostruire compiutamente i fatti riguardanti le modalità con le quali alcuni verbali apocrifi (in formato word), relativi ad attività segretata, sono entrati nella disponibilità di due testate giornalistiche, rispettivamente nell’ottobre 2020 e nel febbraio 2021″.
La postina di verbali – Alcuni mesi dopo che Storari si confida con Davigo, e che quest’ultimo sale al Quirinale per informare Mattarella, i verbali di Amara cominciano a girare. Ma sotto forma di dossier anonimi spediti alle redazioni dei giornali tra l’ottobre del 2020 e il febbraio scorso. A spedirli, almeno secondo la procura di Roma, è Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell’allora consigliere Davigo, ora indagata per calunnia, che nei giorni scorsi è stata perquisita a casa e in ufficio. Nel suo computer i pm hanno trovato copie degli atti spediti. Palazzo dei Marescialli ha sospeso l’impiegata, che dopo il pensionamento di Davigo lavorava nella segreteria del consigliere laico Fulvio Gigliotti. “Una funzionaria del Consiglio, in seguito alla perquisizione nella sede consiliare in ordine alla diffusione di materiale istruttorio coperto da segreto, è stata immediatamente sospesa dal servizio. Eventuali sue responsabilità o di altri per condotte individuali non riferibili al Consiglio sono oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria competente”, ha detto Ermini nella sua nota. Ma perché la donna recapitava ai giornali i verbali di Amara? Per chi faceva da postina? Interrogata dai pm, Contraffatto si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Con quale obiettivo, dunque, le parole di Amara sono state recapitate ai giornali? A parte il racconto della superloggia segreta, nei suoi interrogatori Amara ne ha per tutti. Fa i nomi di alcuni magistrati che si sarebbero rivolti a lui per ottenere promozioni e tira in ballo anche l’ex premier Giuseppe Conte al quale, a suo dire, avrebbe fatto ottenere tra il 2012 e il 2013 consulenze dal gruppo Acqua Marcia Spa per circa 400 mila euro. Il verbale con le accuse all’ex presidente del consiglio è stato spedito anche al quotidiano Domani, che l’ha pubblicato nei giorni scorsi.
La difesa della funzionaria indagata – Una istanza al tribunale del Riesame di Roma è stata presentata nei giorni scorsi dai difensori dell’indagata n merito al materiale sequestrato nel corso di perquisizioni. La donna, tramite l’avvocata Alessia Angelini, nega tutto. “A fronte di arbitrarie ricostruzioni giornalistiche coinvolgenti la propria persona, il proprio ruolo ed i propri rapporti personali con i noti personaggi coinvolti nella vicenda riguardante gli interrogatori secretati dell’avvocato Piero Amara, resi presso la Procura di Milano nel dicembre 2019, la signora Marcella Contraffatto ritiene di dover smentire le condotte alla medesima attribuite e date per acclarate, giacché sono, al contrario, ancora oggetto di delicata indagine”. Sui presunti rapporti tra la funzionaria e Fabrizio Centofanti, faccendiere accusato di essere uno dei presunti corruttori di Luca Palamara. La difesa sostiene che la notizia “è del tutto priva di fondamento e non trova conforto alcuno nella realtà dei fatti. Vero è, invece, che la signora Contrafatto, da anni legata sentimentalmente ad un ex magistrato, ha conosciuto Centofanti in occasione di convegni su temi giuridici, organizzati dallo stesso per ragioni pubblicitarie ed ai quali partecipava sempre il gotha della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile, nonché dell’avvocatura e del mondo accademico”. Nella nota la penalista, inoltre, aggiunge che “nell’arco di dieci anni, in sole due o tre occasioni la signora è stata ospite di eventi organizzati dal signor Centofanti e dalla di lui moglie: eventi aperti a numerosi magistrati, avvocati e professori. Il rapporto di frequentazione tra la signora Contrafatto e la famiglia di Centofanti si è interrotto dalla primavera-estate del 2017″.
L’allarme di Di Matteo – Una parte del dossier Amara finisce anche al Csm: al consigliere Di Matteo arriva il verbale in cui l’avvocato siciliano accusa Ardita. I due consiglieri di Palazzo dei Marescialli si recano a Perugia: uno per raccontare quello che ha ricevuto, l’altro per smentire punto su punto le parole di Amara. Poi, due giorni fa, all’inizio del plenum del Csm Di Matteo prende la parola per dire che ha ricevuto un “plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio di un indagato risalente al dicembre 2019 dinanzi a un’autorità giudiziaria”. In quel verbale, ha detto l’ex pm di Palermo senza fare nomi, “l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria, se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo“. Senza giri di parole Di Matteo ha spiegato agli altri componenti del Csm di temere che “tali dichiarazioni e il dossieraggio anonimo” potessero “collegarsi a un tentativo di condizionamento” dell’attività di Palazzo dei Marescialli. Era la prima volta che la storia dei verbali di Amara veniva raccontata in pubblico. È solo il primo atto di una storia dai contorni ancora oscuri.