Il movimento contrario alla linea ad alta velocità denuncia sul proprio sito: "Simonetta Carbone aveva ricevuto, pochi mesi prima delle piazze Sì Tav, un contratto da 90mila euro per la società di cui è fondatrice e socia unica”. La diretta interessata non smentisce il rapporto di lavoro ma specifica a Repubblica Torino: "Avanzare il sospetto che questo fatto abbia condizionato e influenzato la mobilitazione è falso e diffamatorio"
Un compenso di 90mila euro da parte di Telt a una madamin Sì Tav: è l’accusa rivolta dal movimento No Tav a Simonetta Carbone, una delle partecipanti alle manifestazioni a favore della linea ad alta velocità Torino-Lione, che animarono piazza Castello nel 2018. “Simonetta Carbone presentata all’epoca come ‘esperta di pubbliche relazioni’ dalle agiografie dei principali quotidiani – si legge sul sito dei No Tav – aveva ricevuto, pochi mesi prima delle piazze Sì Tav, un contratto da 90mila euro per la società di cui è fondatrice e socia unica”. Compenso, non smentito dalla stessa Carbone, che ha riscosso dalla società italo-francese, incaricata della gestione della linea ferroviaria Torino-Lione, per dei “servizi di rassegna stampa”, come risulta dal sito dell’Anac. L’appalto con cui le sono stati assegnati i servizi riporta il suo nome, riporta la cifra di 90mila euro e riporta la data di pubblicazione: 23 agosto 2018, tre mesi prima della grande manifestazione pro Tav che portò in piazza Castello a Torino 40mila persone tra cui il gruppo promotore di sette donne, denominate “madamine”, di cui faceva parte anche Carbone.
Era il 10 novembre 2018: il giorno prima della manifestazione, l’amministrazione comunale, già allora diretta dalla sindaca Chiara Appendino (M5s), aveva approvato in Consiglio comunale l’odg con cui il Comune esprimeva ufficialmente la propria contrarietà alla Tav. Negli stessi giorni il governo Conte I si preparava ad avviare l’analisi costi-benefici sulla linea ad alta velocità Torino-Lione. “Che non ci fosse granché di spontaneo in quella piazza Castello gremita appena il tempo di una foto, era indicato subito dalla presenza più o meno sorniona di sotto-segretari, ministri, parlamentari senza contare le varie associazioni corporative […]”, scrivono i No Tav.
“D’altro canto – continuano – che le ‘madamine’ della collina fossero più o meno eterodirette era evidente anche dalle non proprio brillanti performance mediatiche in cui ammettevano la propria totale ignoranza a proposito del progetto. Ma chi avrebbe immaginato che a tirare i fili delle marionette in arancione ci fosse niente di meno che la società promotrice del Tav?”. “In sostanza – conclude il movimento – i flashmob spontanei organizzati per il Sì al Tav, salutati da tutti i giornali come risveglio democratico e civile, erano pagati direttamente dalla società che dovrebbe realizzare il Tav”.
Immediata la replica, rilasciata a Repubblica Torino, da parte di Carbone: “I miei rapporti con Ltf (Lyon Turin Ferroviaire, ndr) prima e Telt poi risalgono al 2014, quando ho vinto il primo bando a seguito di regolari bandi di gara pubblici, per fornire un servizio di rassegna stampa. Avanzare il sospetto che questo fatto abbia condizionato e influenzato la mobilitazione a sostegno della Tav è falso e diffamatorio“. Carbone inoltre aggiunge di aver informato il gruppo del suo rapporto di lavoro con Telt: “Lo sapevano tutte e non è mai stato un problema”. A replicare alle accuse, arriva anche il comitato “Sì, Torino va avanti” che parla di “affermazioni offensive e diffamatorie” da parte del movimento No Tav, rendendosi disponibile a mostrare “i suoi conti dai quali risulta chiaramente l’inesistenza di qualsiasi rapporto, in particolare di tipo economico, con la società costruttrice della Tav”.