Prima di arrivare alle famigerate porte girevoli, per potervi accedere si passa spesso per importanti sale d’attesa. Si tratta di circoli elitari e riservati, in cui si incrociano e si intrecciano interessi pubblici e privati che fungono da anticamera a quelle magiche porte. Luoghi in cui pezzi del potere italiano si scambiano pareri, visioni, promesse, impegni e magari anche qualche informazione sensibile, per poi salutarsi e cambiare vestito: da privato a pubblico o viceversa.
In Italia la comune appartenenza ad associazioni “private” di alti funzionari di Stato e rappresentanti di potentati economico-finanziari privati rappresenta praticamente la normalità, ma il tema è cruciale per la democrazia.
Voglio fare alcuni esempi, sconosciuti al grande pubblico ma di impatto decisivo nella vita del nostro Paese. Prendiamo, per esempio, l’associazione “Diplomatia” e il “Club Canova”, luoghi dove, in dichiarata e legittima riservatezza, il referente di JP Morgan in Italia (Stefano Balsamo, fondatore di entrambe le associazioni) si confronta con alti dirigenti di multinazionali, di banche d’affari, oppure condivide visioni e strategie con i massimi referenti di società private, vincitrici di gare pubbliche o concessionarie di servizi essenziali. Il tutto in compagnia di ambasciatori, alti funzionari dei più importanti ministeri, della Corte dei Conti e di società pubbliche di rango elevato, come Cdp, Fincantieri e Leonardo.
Cosa pensate che possa capitare se il membro di un’associazione privata ed esclusiva, che fino al giorno prima ha interloquito in modo riservato con i dirigenti di influenti aziende private, si trova a fare il ministro il giorno dopo? Qualche cattivo pensiero è consequenziale. Prendiamo il caso dell’associazione Diplomatia, una delle più influenti organizzazioni italiane, la cui esclusività è evidente con una semplice occhiata al suo board che trabocca di alti funzionari di Stato, di signori dell’alta finanza, di manager di società pubbliche, banche e assicurazioni. Difficile togliermi dalla testa che Diplomatia sia una sorta di “anticamera” di decisioni importanti, in cui si smussano angoli, si trovano punti d’incontro e si decide molto più di quanto non sembri. Un luogo che è molto di più che un circolo di simpatici appassionati delle istituzioni e del buon governo.
Per rafforzare i cattivi pensieri, va annotato il fatto che questa associazione, nonostante sia piena zeppa di uomini di potere pubblico, abbia bilanci e lista completa dei soci non consultabili pubblicamente. Quel che invece sappiamo è che da Diplomatia, per esempio, sono arrivati due dei più cruciali ministri del Governo Draghi: Daniele Franco, ministro dell’economia e membro (ormai ex) del consiglio direttivo di Diplomatia, ed Enrico Giovannini, voluto a capo del ministero delle Infrastrutture e membro dell’Advisory board dell’associazione fino al giorno prima della nomina.
È lecito pensare che ci sia un cortocircuito tra le relazioni all’interno di un’organizzazione a tutti gli effetti privata e la funzione pubblica che vanno a ricoprire? È legittimo considerare sconveniente il rapporto riservato tra un ministro dell’Economia con il capo di JP Morgan in Italia? La risposta appare tanto scontata quanto lontana da essere percepita come un problema da risolvere dall’opinione pubblica italiana.
Cosa potrebbe comportare il rapporto privilegiato e consociativo tra il Giovannini ministro delle Infrastrutture e personaggi del calibro di Fabio Cerchiai (presidente di Atlantia e vice presidente di Diplomatia), Alessandro Picardi (vice presidente esecutivo di Tim e vicepresidente di Diplomatia) o Giovanni Castellaneta (presidente di Diplomatia, ex ambasciatore italiano in Usa e adesso presidente della società di servizi finanziari DoValue)? Come potrebbe incidere la comune appartenenza a Diplomatia con i rappresentanti di Leonardo, Intesa San Paolo, Fincantieri o Allianz? Garantirebbe la necessaria indipendenza dalle lobby? E chi altro, di cui non ci è concesso sapere, fa parte di Diplomatia in quanto socio?
È un bel problema. Per questo, nel mio ruolo di europarlamentare, ho proposto recentemente alla Commissione Europea un rafforzamento della legge Anselmi a livello Ue. La legge Anselmi 17/1982 vieta infatti associazioni che occultano attività e soci, che “possono interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche” di interesse nazionale. La promiscuità di associazioni private come Diplomatia o il Canova Club, a cui si aggiunge una galassia di potentissimi circoli riservati, rappresenta un rischio per la democrazia che richiede attenzione e regolamentazione.