Si è presentato dai carabinieri di Campobello di Mazara, lo scorso 8 febbraio, con i quattro ragazzi accusati della violenza della figlia per dire che “sono bravi ragazzi” e che la figlia era effettivamente “ubriaca” e le ferite alle braccia gliele avevano provocate nel tentativo di riportarla a casa. È andato in caserma per scagionarli nonostante la figlia li avesse denunciati quella stessa mattina di violenza sessuale. Ma poi si è ricreduto, parlando più approfonditamente con la ragazza e da quel momento sostenendola nella sua denuncia. Un momento di ingenuità? È l’ipotesi più accreditata dal giudice per le indagini preliminari Riccardo Alcamo che riporta l’accaduto nell’ordinanza in cui chiede la custodia in carcere per i due cugini Eros e Francesco Biondo, 23 e 24 anni e i domiciliari per Giuseppe Titone e Dario Caltagirone, 20 e 21 anni. “È verosimile pensare che in un primo momento l’uomo avesse creduto ai ragazzi, salvo poi ricredersi una volta parlato con più attenzione con la figlia”, scrive il gip.
“Tu con me hai parlato poco curuzzu meu (cuoricino mio) mentre sei cresciuta, ma non perché io non ti ho voluta sentire, perché tu non ti sei voluta confidare”, così infatti si rivolge a un certo punto il padre alla figlia. Dopo la denuncia, infatti, partono le intercettazioni, che svelano molti particolari. Intanto il supporto della famiglia alla ragazza vittima della violenza, primo tra tutti quello del fratello che la accompagna in caserma assieme ad un’amica. Poi anche quello del padre, che in un primo momento però agisce in modo contraddittorio. Lui racconta tutto: la notte vedono la figlia rientrare, si accorgono che è ubriaca, la ragazza è turbata, va in cucina e con un coltello tenta di ferirsi, la bloccano in tempo. La ragazza si chiude in stanza, il giorno dopo parla prima con un’amica, poi con il fratello, infine con i genitori. Tutti le consigliano di denunciare, così l’8 mattina Giulia (nome di finzione) va in caserma.
Senza voce. Così parla la ragazza di Campobello di Mazara quando racconta per la prima volta ai carabinieri cosa ha subito quella notte tra il 6 e il 7 febbraio scorso. Giulia quella notte ha gridato per fermare i ragazzi che la stavano violentando. Ha la voce compromessa, lividi alle braccia, all’addome, alla guancia destra, e graffi. Mentre è in caserma il padre chiama uno dei ragazzi che era con lei, Giuseppe Titone, che conosce sin dalla nascita, si dà appuntamento per incontrarlo. All’appuntamento vanno tutti e quattro (ma quella sera c’era anche un quinto ragazzo minorenne), lo convincono che la ragazza era solo ubriaca, lui si era accorto pure dell’ebbrezza della figlia e – conoscendo almeno uno di loro da sempre – si è fidato. Ha chiamato prima, una telefonata fatta alle 19 in caserma, poi su invito dei carabinieri si è presentato mezz’ora dopo con i ragazzi: “Bravi ragazzi”, così li definisce. Sono però temuti da Giulia, non tutti, due di loro, e lo scrive in uno degli sms che invia a Titone. “Ho paura che dopo che la pagano fanno qualcosa”, scrive la ragazza e spiegherà poi agli inquirenti che a casa, il 13 febbraio, sono arrivati due uomini, il padre di Eros e un altro uomo non identificato, per parlare con il padre.
La sera del 6 febbraio è raccontata nei particolari da Giulia con la voce roca. Una sera tra amici e amiche in una casa estiva di Tre Fontane, di Eros Biondo, lì sono arrivati e in attesa che arrivassero tutti hanno iniziato a bere: birre e vodka. Le altre ragazze non si sono mai presentate però, così che Giulia si è ritrovata sola con 5 ragazzi, con uno dei quali aveva un’amicizia di lungo corso. La ragazza si ubriaca, sale al piano di sopra dove c’è il bagno. Quando esce, Titone la aspetta fuori e la bacia, poi consumano un rapporto consenziente in una delle stanze da letto. A un certo punto del rapporto però il ragazzo chiama gli altri, per salire e avere un rapporto di gruppo, lei dice che non vuole, Titone li chiama lo stesso, esce dalla stanza ed entrano i Biondo. Lei è costretta a subire la violenza, grida, piange, cerca di divincolarsi. Sul pianerottolo ci sono gli altri che ascoltano e ridono. Questa è la versione della ragazza.
I ragazzi danno, invece, versioni diverse e contraddittorie, dicono che le altre ragazze, per esempio, c’erano ma poi le indagini svelano che non è così. Nel frattempo vengono ascoltati dagli investigatori: “Non è così che si fa comunque, ci dovevamo “incocciare” intanto al bar tutti e quattro, la ragionavamo giusta e poi gli dicevamo tutte cose a memoria, tutti quanti… così tutti in galera ce ne andiamo”, così parla Francesco Biondo col cugino Eros. I due cugini sono preoccupati per i rilievi degli investigatori in casa: “Ci sono i letti tutti disfatti, tutte cose sburrate”, dice Eros. “Ora con le lenzuola vedono tutte cose”, dice Francesco, ed Eros ribatte: “L’autopsia fanno”. “In galera siamo”, riflette Francesco, e continua: “A quelli che ammazzano i cristiani non ci fanno nulla, toh!, il giorno dopo li lasciano, minchia, io non lo so, e noi per la prima cosa che stiamo facendo, la prima cosa…”.
E ancora più in là nelle conversazioni, Francesco ammette: “Io appena si è messa a piangere l’ho capito, ho detto, questa dai Carabinieri va, che ti ho detto tannu (al momento) che era tutta esaurita… Peppe si, si, va boh… picciò, io me le sento le cose, picciò…”.
Le conversazioni tra i cugini sono tante e ne rivelano il modo di pensare, perlomeno discutibile, così infatti parla Francesco riferendosi a un’altra ragazza: “Madonna pensando a lei m’attissa (mi eccito, ndr) ma perché? Madre che gran culo che ha cugì, docu lo sai cosa farei? La violentassimo. Andrei io a parlare con gli sbirri arriveremo la… “Colonnello, come fa a non violentare una ragazza di questa con quel gran culo colonné?”. Mentre Eros a un certo punto riferisce al cugino di una conversazione avuta con la madre di uno degli altri ragazzi: “Tuo figlio era con noi… le ho detto me la volete mettere tutti nel culo a me? Gli ho detto vabé, se mi arrestano prima o poi dovrò uscire e mi vendico”.
Riguardo al fratello di Giulia, poi, Francesco si sfoga: “All’ultimo qualche coltellata ci dobbiamo andare a mettere… e finiamo vero in galera… coglioni… domani invece ci dobbiamo andare a parlare con suo fratello invece che cazzo me ne fotte a me dei carabinieri? Ci andiamo fino a casa che fa? .. gli diciamo. Come cazzo ti chiami… gli diciamo vedi che tua sorella a noi ci diceva mentre che ballavamo, voglio scoparti, di qua, di là. Gli diciamo noi maschi siamo all’ultima cucì e poi ci “chiantiamo” due timpuluna (schiaffi, ndr), due siamo…”.