Enorme, corale indignazione per le orribili frasi pronunciate da diversi esponenti leghisti nei confronti dei gay. Enorme e corale gratitudine per Fedez, il cantante che ha denudato la politica esponendo le sue vergogne. Ricordando cioè a tutti ciò che in tanti avrebbero preferito dimenticare perché – come ha spiegato a Fedez il dirigente Rai nella penosa telefonata di diffida – “il sistema” permette di parlare dei fatti ma obbliga a tacere delle persone.
Meno male che c’è Fedez. Eppure non si ricorda simile entusiasmo quando Alessandro Di Battista propose di arricchire nel sottopancia televisivo, quella striscetta che riporta nome e cognome dell’inquadrato, con anche il numero dei carichi pendenti, oppure dei processi in corso, o solo delle condanne definitive.
Un coro di no, e parecchie arringhe allarmate sul “giustizialismo squadrista”, il diritto che si fa rovescio, dell’etica pubblica come moralismo d’accatto.
Invece con Fedez, che pure (e giustamente) ha indicato con nome e cognome le frasi della vergogna, i giudizi scabrosi e taciuti di alcuni rappresentanti della Lega, e anche la telefonata di avvertimento della Rai, si sono levati alti i calici perché ha reso evidente la cintura perbenista e ipocrita, al fondo stracciona, che tiene saldi e nascosti i pensieri razzisti, così lontani dai principi della Costituzione che pure sarebbe chiamato ad attuare. Invece non è utile sapere se un politico che parla di legalità ha subito una condanna per corruzione? O di un imprenditore, che invoca l’efficienza della pubblica amministrazione, ha fatto marachelle negli appalti? Oppure se un opinionista, che opina anche molto bene a favore di Tizio, era a libro paga proprio di Tizio? O anche se quel giornalista dimentica di essere stato parlamentare e spiega le benemerenze di Caio, al quale magari lui deve la candidatura e perfino la promozione in Rai?
Chi ascolta ha diritto di sapere oppure fa peccato?