La premessa è d’obbligo ovvero ricordare che la procura di Milano è “una seconda famiglia”. Ma sentimentalismi a parte Armando Spataro, già aggiunto a Milano e poi procuratore capo a Torino, specifica subito che Piercamillo Davigo “da anni non ne fa parte” per i suoi impegni che lo hanno portato a Roma e che trova “eccessivo” parlare di una “spaccatura” per quello che un “singolo magistrato” ha fatto. Il pm in questione è Paolo Storari, già pubblico ministero della Dda e stretto collaboratore dell’ex aggiunta Ilda Boccassini, che a Davigo ha confidato di non riuscire a indagare sulle dichiarazioni, tutte da dimostrare, di Piero Amara, ex avvocato esterno dell’Eni, al centro di una complicata rete composta da depistaggi, ricatti e tangenti, e condannato per corruzione in atti giudiziari, che ai pm di Milano ha raccontato di una presunta loggia, denominata Ungheria, della quale farebbero parte magistrati, politici e alti esponenti delle istituzioni. Tra gli obiettivi della Ungheria anche quella di condizionare le nomine in magistratura.

“Trovo molto singolare quanto avvenuto sia nel comportamento di Storari, sia in quello di Davigo” dice Spataro intervenendo a Mezz’ora in più, il programma di Lucia Annunziata su Rai3. Una vicenda che il procuratore, tra i protagonisti degli uffici giudiziari milanesi con inchieste delicate su criminalità organizzata e terrorismo, definisce “una fase delicata della magistratura”. Ciò che il magistrato ritiene “molto singolare“, sia nel comportamento di Storari che di Davigo, è “la mancanza di un atto formale con cui trasmettere verbali ad una autorità superiore; non è accettabile perché se un magistrato lamenta delle scorrettezze, ad esempio sulla decisione di un procuratore o di un presidente di tribunale ha una strada molto chiara, scrive al procuratore generale della corte d’appello e chiede avocazione e al Consiglio Superiore. Per autotutela poteva adottare una strada formale … e invece non è stato accettabile presentarsi a un componente del Csm e consegnare a mano verbali o via mail senza neppure firma”. Verbali che erano provi di firma e di fatto apocrifi, benché usciti da un pc della procura di Milano. Da parte di Davigo, “è altrettanto anomalo il suo comportamento: ci sta la consegna formale di un atto, ma se una consegna è confidenziale toccava comunque a lui protocollare e consegnare al comitato di presidenza. Qui non c’entra il segreto“. Spataro inoltre aggiunge che non c’è un obbligo di iscrizione nel registro degli indagati se non c’è fondamento per farlo. Secondo il giurista così si lascia “spazio alla teoria dei complotti” senza considerare le reali “dimensioni e scopi dei corvi” e senza “enfatizzare perché è tutto da vedere”. Per Spataro più che l’attacco a tutto il Csm c’è un attacco verso “alcuni”.

Oggi sul caso è intervenuto anche Luca Palamara, ex presidente Anm radiato dalla magistratura, protagonista di un’altra bufera che ha investito la magistratura due anni fa. “In questo momento preferisco essere spettatore, almeno in questi primi giorni” ha detto l’ex pm romano, già leader della corrente Unicost, intervenendo a Radio Radicale alla trasmissione dibattito sulla giustizia. Per Palamara, comunque, la vicenda dimostra come la stampa sul suo caso “più che un racconto” ha compiuto “una mistificazione dei fatti”.

“Il sistema giudiziario italiano è segnato da una anomalia antidemocratica che – ha detto Gian Domenico Caiazza, presidente delle camere penali, intervenendo a Radio Radicale – lo rende totalmente incontrollabile nel senso di irresponsabile, nessun altro potere pubblico è esercitato senza responsabilità: oggi tutto questo sembra portare all’autofagocitazione di quel potere che ha determinato lo squilibrio” e la nuova bufera sul Csm dimostra che “il caso Palamara è stato solo l’occasione e l’incidente disvelatore di meccanismi noti a tanti di noi e che ora sono arrivati ad innescare l’autocombustione”. “Se non si mette mano al riequilibrio democratico” del potere giudiziario “non se ne viene fuori”, “occorre un recupero di dignità da parte della politica che è terrorizzata perché sappiamo che spesso chiunque affronti questo problema viene poi travolto da inchieste”. Ma per Caiazza, – che ha parlato durante la trasmissione dedicata ai 91anni di Marco Pannella, il leader radicale scomparso nel 2016 – “questo è il momento di agire, ora che nell’opinione pubblica la credibilità della magistratura è al minimo“.

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