di Gianluca Pinto

Prendo spunto dalle parole del professor Giuliano Cazzola sulle morti e le “aperture”, riprese anche martedì scorso nei cinque secondi che solitamente il conduttore di DiMartedì concede ai suoi ospiti tra uno spot e l’altro, e che hanno a mio avviso peggiorato la situazione.

Siamo da anni in pieno regresso nell’espressione dei pensieri, dovuta non solo ai “social”, ma anche alla comunicazione televisiva in cui si sommano sintesi e semplificazione (connubio folle, perché la sintesi è positiva e permette la focalizzazione del tema; la semplificazione può dare qualche problema a seconda degli argomenti e dei casi, ma la sintesi della semplificazione o la semplificazione della sintesi sono letali).

Siamo anche, se riflettiamo, in presenza di un regresso semantico di tipo indifferenziato – parole come “riforma”, diventata un sinonimo semplice di “cambiamento” perdendo il significato originario, che era quello appunto di un cambiamento in direzione di un allargamento dei diritti, e qualora si andasse nell’altro verso si chiamerebbe contro-riforma – e di rapida usura delle parole – frasi che vengono usate alla nausea in contesti semplificati e poi buttate dopo aver perso l’impatto e l’alone stratificato di significati che avevano.

Il problema vero, tuttavia, non sono le parole di Cazzola che sono un sintomo (e lui non è il primo a proporre tali ragionamenti, ricordiamo Toti e Guzzini). Il punto è che si stanno sdoganando dei concetti intollerabili, e non per colpa di un eventuale singolo soggetto problematico (absit iniuria verbis, ovviamente) che sproloquia, ma perché la pandemia e la crisi economica derivante, sommata ad un ventennio di rapido degrado culturale e sociale, hanno portato all’emersione di quelle che sono le caratteristiche reali del nostro modello economico.

L’uomo, da quando esiste, ha sempre combattuto le ingiuste leggi di natura (lottando contro le malattie, cercando di allungare la vita, tentando di tutelare i più fragili) e si è opposto a tali leggi con la forza della propria razionalità, in grado anche di elaborare modelli di “branco”, ossia di collettività. Cosa c’è di più aberrante dell’applicare le leggi di natura, contro cui l’uomo si è sempre battuto tenacemente, al denaro? Questo è successo di fatto con il modello economico che è stato “deciso” e a cui troviamo asserviti (modello basato sull’incessante e progressivo profitto a breve termine, senza l’orizzonte del lungo termine) grazie anche alla fragilità del sistema democratico come strutturato oggi, sia dal punto di vista della rappresentanza reale, sia dal peso che le forze economiche possono esercitare su tali strutture.

Il modello di cui si parla prevede che i più deboli economicamente parlando vengano schiacciati per la legge di mercato (come nella legge di natura il più fragile, per selezione naturale, perisce). La crisi della pandemia ha messo a nudo il vero aspetto del sistema, selvaggio, senza pietà e senza nessuno che si renda conto di quanto fallimentare e dannoso sia.

Non mi stupisco delle parole di Cazzola. Mi stupisco di chi se ne meraviglia dopo aver sostenuto e avallato – senza alcuna critica – tutti i passaggi che ci hanno portato a questo punto e, non pago, esige per “benpensantismo” un paese che abbia un linguaggio politicamente corretto, pur avendo una struttura economico/sociale cinica e in alcuni casi violenta. Costoro hanno anche il coraggio di lamentarsi e dare la colpa ai disperati del progressivo consenso ottenuto dalle destre (in assenza di un modello realmente alternativo di sinistra, questo è e sarà).

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