Soldi pubblici al pallone. Il calcio italiano è riuscito a trovare il modo per riuscire a soddisfare almeno in parte l’assurda pretesa di ristori per i club: farsi rimborsare i tamponi. Nel Dl Sostegni bis in corso di stesura ci sono 61 milioni di euro di “contributo a fondo perduto a ristoro delle spese sanitarie per l’effettuazione di test di diagnosi dell’infezione da Covid-19, in favore delle società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche”. Di questi, 10 milioni finiranno alla Serie A. Praticamente i tamponi di Cristiano Ronaldo, Lukaku e Ibrahimovic li pagherà lo Stato.
Sono settimane, mesi che il pallone bussa alla porta del governo, dai dirigenti dei singoli club che non perdono occasione per piangere miseria ai capi delle Leghe, fino al presidente della Figc, Gabriele Gravina. Qualche aiuto lo hanno già ottenuto: ad esempio la possibilità di rinviare e rateizzare per mesi l’Irpef sugli stipendi dei calciatori, una deroga che ha dato una boccata d’ossigeno ai bilanci disastrati di diverse squadra. Non basta però: il vero sogno dei padroni del pallone si chiama ristori, per gli stadi chiusi, la fuga degli sponsor e le altre perdite dovute al Covid che stanno facendo collassare un sistema già da tempo in ginocchio. Una richiesta insostenibile che infatti non aveva mai fatto breccia, almeno durante il governo Conte e la gestione dell’ex ministro Spadafora. Adesso per la prima volta, però, con i rimborsi dei tamponi compare la formula magica “a fondo perduto” che fa gioire i presidenti.
Il provvedimento non è in realtà solo per la Serie A e per il calcio, ma per tutto il movimento, al cui interno ci sono enormi differenze tra discipline e settori. Ci sono i dilettanti, per cui i protocolli anti-Covid imposti dal governo per continuare ad allenarsi e giocare sono davvero insostenibili a livello economico, e a cui andranno 32,5 milioni di euro. Anche tra i professionisti, non tutti sono uguali: per la Serie C, un campionato già alle prese con enormi problemi finanziari, un costo supplementare di 150-160mila euro (che poi è più o meno la cifra che verrà restituita ora ai 60 club) può rappresentare una maggiorazione anche del 10% dell’intero budget. Praticamente un salasso, su cui forse era giusto intervenire.
Diverso per la Serie A: qui le società hanno messo in piedi una rete di controlli maniacale per portare al termine la stagione (56mila tamponi solo nei tre mesi estivi del 2020, poi la frequenza è stata ridotta con il cambio di protocollo). In una certa misura, però, lo si potrebbe considerare come un investimento per proteggere i ricavi di un’industria milionaria che quelle cifre arriva a spendere in un solo giorno per pagare un campione. Ma la rivendicazione del rimborso si basa sul fatto che i test sono imposti dal governo, con le varie normative anti-Covid. Proprio per non fare discriminazioni fra i vari settori (sarebbe stato difficile anche dal punto di vista giuridico, considerando che quelle della Serie A sono società professionistiche proprio come quelle di Serie B, C, o della pallacanestro) i ristori finiranno a tutti. Anzi, in proporzione Juventus e Inter avranno di più dei piccoli club di Lega Pro, visto che le squadre di Serie A (che hanno effettuato più tamponi) riceveranno mezzo milione di euro a testa. Al basket circa 5 milioni, 3 alla pallavolo, 11 agli altri sport di squadra.
La bozza del decreto prevede anche un altro provvedimento per lo sport: lo stanziamento di 50 milioni di “Fondo unico per il sostegno delle associazioni sportive e società sportive dilettantistiche”, istituito dal ministro Spadafora per aiutare la ripartenza del movimento di base. Da questo capitolo, in particolare, vengono i contributi a fondo perduto per associazioni e società: da 400 a 4mila euro per chi ha un canone di locazione, altrimenti un forfait di 400 euro per gli altri. Sono già state previste 36mila erogazioni per i mesi di giugno e novembre 2020, e altrettante dovrebbero arrivarne per l’inizio del 2021.