Non ho mai provato una particolare simpatia per il rapper Fedez. La musica che produce non è quella che ascolto. Il suo look, come anche il registro comunicativo con cui ha costruito il proprio personaggio, non sono quelli che attraggono la mia attenzione. Della persona ovviamente non parlo, perché non lo conosco.
D’altra parte non sono d’accordo, questa cosa è bene precisarla subito, neppure con chi ne sta facendo una sorta di “santificazione” tanto immediata quanto (temo) ipocrita. Santificazione in seguito all’impegno sociale che l’artista sta profondendo rispetto al disegno di legge Zan (volto a contrastare e sanzionare ogni forma di discriminazione e violenza per ragioni fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità).
Intendiamoci: ritengo sacrosanta e non più rinviabile l’approvazione di tale disegno di legge, ma il punto è un altro. Procedo con ordine.
Innanzitutto riparto dalla premessa: Fedez non ha mai suscitato la mia simpatia (dato onestamente irrilevante), ma stavolta è stato un grande. Soprattutto un grande colpo contro quel medioevo duro a morire nel nostro Paese ipocrita e bigotto. Un colpo contro la censura, contro un sistema mediatico largamente genuflesso al potere di turno e incurante del fatto che i suoi doveri dovrebbero indirizzarsi verso l’opinione pubblica e la verità. Ma anche un colpo contro la politica, ormai così sfacciata, collusa e incapace di curare il bene comune da dare la precedenza al ripristino del vitalizio di Formigoni invece che approvare un disegno di legge a tutela di tante persone offese.
All’impegno e al coraggio, il rapper ha unito anche l’abilità non solo comunicativa: registrando la telefonata con i vertici della Rai ha praticamente sputtanato un sistema di censura e omertà di cui tutti parlano ma che nessuno denuncia fattivamente. Fedez l’ha fatto, con ben altro piglio rispetto al mio avviso patetico tentativo di Asia Argento, che qualche anno fa provò a diventare paladina del movimento “#metoo” (peraltro con ingenuo entusiasmo di quest’ultimo), fornendo piuttosto la netta impressione di puntare al proprio tornaconto di immagine.
E allora, mi si potrebbe obiettare, cos’hai contro la santificazione di Fedez? Beh, innanzitutto considero poco saggio abbattere un medioevo di icone false e ipocrite attraverso l’innalzamento di altri “santi” o santini. Laicità, buon senso e realismo dovrebbero suggerire l’inopportunità di non combattere il potere con il “fanatismo” (in politica non ha mai prodotto grandi frutti, anche recentemente…).
Poi sono convinto che quelli come Fedez, sia chiaro: meritoriamente, svolgono come possono – e non senza il rischio di una certa ambiguità – un ruolo che altri dovrebbero interpretare con maggiore cognizione di causa e ponderazione. Certamente i politici, che invece sono impegnati a diventare a loro volta “influencer”, con tutto il portato di cialtroneria, improvvisazione e irrilevanza sul piano pratico che ciò comporta. Poi gli intellettuali, filosofi in testa, che se ne stanno sempre più chiusi nelle loro torri eburnee, a coltivare studi ultra specialistici e settoriali che nulla hanno da dire rispetto ai problemi reali delle persone.
Con tutto il rispetto per queste categorie, è da troppo tempo che il nostro Paese può contare soltanto su comici, cantanti e artisti per innalzare il livello e l’efficacia del discorso pubblico.
Si è detto che Fedez abbia rappresentato anche l’efficacia del nuovo che avanza contro il vecchio che resiste pateticamente: i nuovi media digitali, il nuovo modo di comunicare, le nuove forme di relazione con il pubblico, perfino il nuovo modo di stimolare il ragionamento pubblico e l’orientamento dell’opinione generale. Può darsi, se pensiamo a quanto vetusti risultano, in confronto, la vecchia televisione, la vecchia politica e il mondo intellettuale in genere, ormai bolliti e incancreniti da decenni di merito tradito, corruzione, sistemazione di parenti e protetti, incapacità di incidere sul reale.
Il leader della Lega Salvini ha replicato a Fedez spostando il piano del discorso, suggerendo che stia conducendo le sue battaglie per ragioni di visibilità, sponsor, tornaconto economico.
Cioè esattamente quello che sta facendo la politica nostrana, ma con risultati assai più scarsi.
Nonché, dimenticando che Fedez, anche avesse ragione Salvini, starebbe facendo il suo mestiere. Mentre i politici sono pagati dai cittadini per risolvere i loro problemi e costruire un Paese degno di un’epoca in cui ogni forma di discriminazione medioevale dovrebbe essere bandita.