Nel nuovo “Indice della libertà di stampa 2021″, pubblicato da Reporter senza Frontiere, l’Italia si trova quest’anno al 41° posto. “Il giornalismo, principale vaccino contro la disinformazione – si legge nella presentazione del Rapporto – è al momento ostacolato in più di 130 Paesi.”
Quello che emerge dal Rapporto, che come ogni anno confronta e analizza le condizioni di lavoro per i giornalisti in 180 paesi diversi, è una situazione piuttosto preoccupante. In questa edizione si riscontra, oltre ad un generale peggioramento della libertà di stampa a livello globale, anche l’introduzione di un nuovo elemento con effetto moltiplicatore: “la pandemia“. Dal resoconto di quest’anno si evince che la crisi sanitaria causata dal Covid-19, ha reso molto difficile la copertura informatica limitando di fatto il diritto all’informazione.
Nella “top ten” della classifica mondiale troviamo la Norvegia, la Finlandia, la Svezia, la Danimarca, la Costa Rica, i Paesi Bassi, la Giamaica, la Nuova Zelanda, il Portogallo e la Svizzera. Al fondo della lista dei Paesi presi in esame si trovano la Cina, il Turkmenistan, la Corea del nord e l’Eritrea. Nel rapporto c’è spazio anche per l’Ungheria, che perde 3 posizioni rispetto allo scorso anno e la troviamo nella 92esima posizione.
Dello stato di salute dell’informazione in Italia e nel mondo si parla nel mio ultimo libro dal titolo Fammi Parlare. Comunicazione, Fake News, Odio Mediatico e Libertà di Stampa scritto con il sociologo Marino D’Amore per la casa editrice Primiceri.
Il testo nato dall’unione multidisciplinare di nozioni di Antropologia e Sociologia è dedicato ai giornalisti che hanno perso la vita per aver raccontato realtà scomode e a tutti coloro che ogni giorno lottano in cerca di verità. Una lettura non solo per giornalisti, ma anche per comunicatori, “navigatori del web”, “influencer”, e per tutta la società contemporanea. Nel testo si affrontano vari argomenti legati al tema della comunicazione, si ricordano le Carte Deontologiche, il Testo Unico del Giornalista aggiornato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti a gennaio 2021, l’hate speech, le fake news e soprattutto la libertà di stampa.
La prefazione del testo è stata curata del Giudice Valerio de Gioia, la postfazione dal giornalista Gian Mario Gillio e la copertina è del vignettista Mauro Biani. L’introduzione è a firma del Presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Giuseppe Giulietti, che scrive: “L’Articolo 21 della nostra Costituzione esprime due principi complementari e indissolubili: la libertà del giornalista di poter informare e il diritto del cittadino ad essere informato”.
Fammi Parlare scandaglia i fondali della comunicazione per farne emergere i diritti e le libertà, gli elementi della deontologia, dell’etica professionale e umana. Esprime un sogno, un desiderio (un’utopia?): la conquista di un’informazione libera e indipendente da condizionamenti e da censure. In Italia ancora oggi abbiamo 22 persone, tra giornaliste e giornalisti, costretti a vivere sotto scorta, per tre dei quali è stata disposta una vigilanza di “secondo livello”. È un dato impressionante e molto preoccupante. Come ricorda la Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), sul territorio italiano nei soli primi cinque mesi del 2020 erano stati contati ottantatré episodi di minacce rivolte contro i giornalisti, la metà dei quali giunti via web e social. Per questo è necessario anche attivare sempre una “scorta mediatica” ovvero quell’impegno da parte dei colleghi giornalisti di non lasciare mai solo il cronista minacciato e di continuare a seguirlo anche nelle inchieste che sta svolgendo.
Fammi Parlare è un grido di aiuto da parte di chi non ha voce. È la rivendicazione di un diritto universale che viene troppo spesso violato. Il diritto alla libertà di espressione. Quel diritto sancito nella nostra Costituzione proprio dall’Articolo 21. Il testo vuole essere anche un auspicio al mondo della comunicazione e dell’informazione affinché il tema della libertà di stampa non venga ricordato solo nella data del 3 maggio, Giornata Internazionale per la Libertà di Stampa.
Ci auguriamo, con questo lavoro, di aver contribuito a tenere alta l’attenzione in quei contesti locali dove i riflettori non si accendono mai, dove ogni giorno si rischia la propria incolumità nell’intento di illuminare territori occupati dal malaffare o paesi ancora governati da sovranisti. La comunicazione è e deve essere un bene comune, democratico e al servizio di tutti, linfa del pluralismo, del confronto, della condivisione e della partecipazione. Un bene che presuppone anche il dovere di ascoltare ogni voce, nel rispetto di ogni altra, con la responsabilità posta alla base di ogni libertà da tutelare e che, al contempo, costituisce il seme di sopravvivenza di ogni società che desideri una possibilità di futuro.