Era inevitabile che la vicenda del professore Andrea Crisanti e dei tamponi rapidi su vasta scala utilizzati in Veneto diventasse una questione politica. In vista dell’audizione del governatore Luca Zaia in Commissione Sanità per spiegare la gestione sanitaria della Regione durante la seconda ondata, le minoranze sono andate all’attacco del presidente leghista. E hanno denunciato non solo il problema sanitario, ma anche quello che riguarda l’”agibilità democratica” in consiglio regionale. Pd, 5 stelle, Verdi e Il Veneto che Vogliamo hanno dato appuntamento ai giornalisti di fronte alla sede della Protezione Civile di Marghera dove Zaia tiene le conferenze stampa. Hanno annunciato la proposta di istituire una commissione di inchiesta “sull’aumento in Veneto dei contagi e dei decessi”, da ottobre 2020 a marzo 2021. Hanno anche sfidato Zaia a firmare la richiesta. Lui ha fatto sapere di essere d’accordo, ma non firmerà. Anche in Veneto, quindi, (ieri una iniziativa del genere è stata presentata in Friuli Venezia Giulia), si cercherà di capire cosa è avvenuto quando la regione è salita ai vertici nazionali per tasso di mortalità.

Il sospetto delle minoranze è che non si sia dato retta allo studio di Crisanti che aveva messo in guardia dall’affidarsi esclusivamente ai test rapidi, anche per i medici e operatori sanitari di case di riposo e ospedali. Secondo il microbiologo, 3 casi di positività su 10 non venivano intercettati da questo tipo di tampone, a differenza di quelli molecolari. Ma la Regione avrebbe continuato imperterrita a promuovere i test, facendosene poi un vanto: “Abbiamo più positivi perché ne scopriamo di più”. Così ne aveva ordinati svariati milioni di prima e seconda generazione, una parte dei quali sono ancora in magazzino. Il 18 settembre dello scorso anno, prima di avviare la gara per un ordinativo da quasi 190 milioni di euro (a beneficio anche di altre sei regioni italiane), Zaia aveva dichiarato: “In Veneto abbiamo fatto molte prove doppie, sia con il tradizionale che con il rapido e i risultati si sono rivelati ‘affidabilissimi’”. Il contrario di quello che poi avrebbe sostenuto Crisanti. Ma anche in altri articoli si è arrivati a concludere (gennaio 2021) che solo i test rapidi di terza generazione (introdotti dopo dicembre nel mercato) sono in parte sovrapponibili per precisione ai test molecolari.

Sulla vicenda Zaia è intenzionato a disertare il consiglio regionale, limitandosi ad andare in Commissione Sanità assieme ai tecnici. Le minoranze, invece, chiedono risposte “politiche” dal governatore. Anche questo è un elemento che si aggiunge all’accusa di “emergenza democratica”, che avrebbe altri indicatori. Il portavoce Arturo Lorenzoni: “In 200 giorni abbiamo presentato 200 interrogazioni alla giunta, solo 81 hanno avuto risposta, con una media di 78 giorni di ritardo rispetto al regolamento. Su 99 richieste riguardanti la pandemia è stata data risposta solo nel 40 per cento dei casi”. Giacomo Possamai, portavoce del Pd: “Siamo costretti a venire qui perché non ci viene dato spazio”. Cristina Guarda, di “Europa Verde”: “Non ci è consentito l’accesso agli atti e alle informazioni. Ancora oggi non sappiamo la verità sui posti letto occupati, sulle terapie intensive, sui tamponi rapidi utilizzati. Se lo chiediamo dicono che siamo disturbatori della sanità veneta”. Insiste Vanessa Camani, del Pd: “Zaia si copre in commissione Sanità con gli ‘scudi umani’ dei tecnici, ma se non ha paura della verità, riferisca in consiglio regionale”.

Il governatore ha risposto passando la palla nel campo della sua struttura scientifica. “E’ vero quello che dissi sui test rapidi e molecolari, lo dissi perché me l’avevano detto i tecnici”. L’accusa di anti-democrazia? “Siamo in democrazia, l’agibilità c’è per tutti” ha replicato, anche se ha ammesso di aver relazionato una sola volta in consiglio regionale sulla pandemia. “Ma in consiglio ci vado domani (oggi per chi legge, anche se andrà in Commissione, ndr)”. Sulla denuncia per diffamazione di Crisanti da parte di Azienda Zero, braccio operativo della Regione, è invece intervenuto il Covesap del Veneto, il coordinamento della sanità pubblica, con una nota firmata da 66 esponenti: “Condanniamo la denuncia per diffamazione presentata da Azienda Zero: non si può accettare che chi lavora al servizio della scienza possa essere oggetto di minacce e denunce a causa dei risultati dei propri studi”.

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