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Madrid al voto: la “presidenta” Díaz Ayuso avrà bisogno di Vox per governare. Attacchi a Iglesias motore della strategia a destra

Le elezioni della Comunità autonoma sono il 4 maggio e il clima si fa sempre più teso. Alcune lettere minatorie sono giunte a politici nazionali e regionali, due al candidato di Podemos Pablo Iglesias. L’attuale presidente della regione, Isabel Díaz Ayuso, resta la grande favorita, ma per ottenere la maggioranza ha bisogno dell’appoggio di Vox

A Madrid la campagna elettorale si concentra sulla paura degli estremismi. Per la destra, votare a sinistra significa portare al governo i “comunisti” di Unidas Podemos; per la sinistra, scegliere la destra vuol dire aprire le porte della regione ai “fascisti” di Vox. La battaglia ideologica, che da un lato promette “libertà” e dall’altro “democrazia”, ha oscurato il dibattito su alcuni importanti punti dell’agenda politica regionale, come la gestione dell’emergenza covid.

A governare la comunità autonoma dal prossimo 4 maggio – prime elezioni infrasettimanali dal 1987– sarà probabilmente il Partito Popolare (Pp) dell’attuale “presidenta”, Isabel Díaz Ayuso (nella foto). Dal 2019 ha raddoppiato i suoi voti cancellando dallo scenario politico gli ex alleati di Ciudadanos, che potrebbero restare fuori dai giochi. Ma senza l’appoggio, almeno esterno, di Vox, è impossibile raggiungere la maggioranza. Ed è qui che insiste la sinistra: secondo i socialisti, rappresentati da Angel Gabilondo, solo 50mila voti separano i due blocchi, anche se per i sondaggi lo scarto sarebbe più ampio. La coalizione con Más Madrid e Podemos otterrebbe il 45% delle preferenze, di fronte al 51% degli avversari.

Il clima, nel frattempo, è diventato insostenibile. Negli ultimi giorni, le minacce di morte a politici regionali e nazionali sono diventate frequenti. La direttrice generale della Guardia Civil, María Gámez, il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska, la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso e addirittura l’ex premier José Luis Rodríguez Zapatero hanno ricevuto lettere contenenti messaggi minatori e alcuni proiettili. Nel caso di Pablo Iglesias, leader di Podemos, sono due. Alla ministra dell’Industria, María Reyes Maroto, è stato destinato invece un coltello insanguinato.

Gli attacchi a Iglesias sono in parte il motore della strategia della destra. L’ex vicepremier si è dimesso dall’incarico nel governo di Pedro Sánchez per cercare di salvare il suo partito, in caduta libera, come candidato alle elezioni di Madrid. Da quel momento, Ayuso ha cominciato a parlare di “comunismo” e Rocío Monasterio, di Vox, ha inveito contro di lui nei comizi della formazione estremista, spesso organizzati proprio nelle roccaforti di Podemos, come Vallecas. Tanto che durante il dibattito organizzato da Cadena SER ha messo in dubbio la veridicità delle minacce ricevute da Iglesias, che ha lasciato la sala indignato.

Il dominio di Ayuso nella comunità è chiaro e le stime elettorali lo attestano. Il Pp è dato a oltre il 40%, segno che la strategia delle blande restrizioni in epoca covid ha ottenuto risultati politici. La “presidenta” sta cercando di cavalcare l’onda del successo basando la sua campagna elettorale sull’identità madrilena. “Qui può andare al cinema, a teatro, a bere qualcosa… alimentare l’anima, cosa che ci manca così tanto. Libertà è anche cambiare partner e non incontrarlo mai più”, ha detto durante un dibattito televisivo. Il settore della ristorazione, aperto fino alle 23, è dalla sua parte.

Ma ancora ci si chiede cosa faranno i popolari quando otterranno la vittoria. Il leader nazionale, Pablo Casado, si è allontanano da Vox a ottobre, quando il partito di Santiago Abascal promosse una mozione di sfiducia contro Sánchez. Per questo, la linea è quella dell’appoggio esterno, ma Ayuso è ben disposta a parlare con l’ultradestra, che considera meno estremista di Podemos. Ancora non si conosce la natura di un possibile accordo tra la candidata popolare e Monasterio. Vox si è già impegnato con l’organizzazione di estrema destra ultracattolica Hazte Oir a ostacolare i diritti all’aborto e all’eutanasia e chiede la rimozione totale di ogni restrizione.

In questo momento, Madrid è la seconda regione per incidenza dei contagi, con 390 casi per 100mila abitanti. Ha più morti di ogni altra, quasi 15mila, ed è la prima per occupazione delle terapie intensive, il 44% dei posti letto. La gestione della pandemia è stata ampiamente criticata dall’opposizione, tra cui Más Madrid, che ha scelto come candidata Monica García, un medico. Il partito dell’ex sindaca della capitale Manuela Carmena continua a salire nei sondaggi e insidia la leadership della sinistra, ancora in mano ai socialisti. Una beffa anche nei confronti di Podemos, al 7%, sempre più in crisi. Senza un miracolo, Madrid resterà nelle mani della destra, al governo ininterrottamente dal 1995.