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Nasce la festa del 5 e 5, lo street-food di Livorno nato prima dell’Unità d’Italia. La ricetta, la leggenda e le solite dispute di campanile

di F. Q.

Livorno celebra uno dei suoi piatti tradizionali. Non il cacciucco, quello con 5 c, ma il 5 e 5, cioè il panino farcito di torta di ceci. Il primo 5&5day cadrà ovviamente il 5 (di maggio) per iniziativa dell’Associazione Tortai Livornesi. E’ la festa dello street-food labronico: la torta, a dispetto del significato comune, non è dolce, ma salata. “Per chi non lo sa è fatta con miscela di acqua-olio-farina di ceci lasciata riposare per un tempo preciso ed infornata in un forno a legna rovente”.

La data simbolo è il 5 maggio ma le celebrazioni del 5 e 5 proseguiranno fino al 9: in quei giorni dai tortai aderenti sarà possibile acquistare un 5&5 e un bicchiere di spuma bionda al prezzo speciale di 2 euro. L’obiettivo dell’iniziativa è anche quello di avvicinare i più giovani al panino. Anche per questo è stata lanciata una challenge social: i “selfie con 5&5” che riceveranno più like sulla pagina dell’Associazione saranno premiati. “Abbiamo lo scopo comune di promuovere questo prodotto nato in epoca preunitaria – ha evidenziato il presidente dell’associazione Fabio Forti – E’ un cibo che profuma di storia. I bimbi (che a Livorno sono anche quelli che bimbi non lo sono più, ndr) lo conoscono poco, pochi lo mangiano, invece è un cibo super caratteristico che non deve andare nel dimenticatoio, tanti tortai purtroppo sono andati in pensione senza trasmettere il loro sapere, noi vogliamo continuare. Personalmente sono orgoglioso di fare un mestiere caratteristico della città”. Per il sindaco Luca Salvetti “è uno degli aspetti tipici della gastronomia locale e di grande impatto sui livornesi e sui turisti. Direi che rappresenta al meglio la ‘livornesitá’ esportabile”.

Vale la pena di affrontare il tema spinoso: sulla “torta” c’è una disputa di campanile che dalla consueta sfida Livorno-Pisa arriva fino a Genova e al Sud della Francia. A Pisa infatti lo stesso impasto si chiama cecìna (e a Livorno sentirla chiamare così può provocare reazioni inaspettate e indesiderate), in Liguria porta il nome di farinata, a Nizza il nome è socca. Quello che distingue i diversi tipi di piatto sono soprattutto la consistenza e l’altezza.

Ma il 5 e 5 per i livornesi è come il , come il cacciucco, come la Terrazza Mascagni. E forse per questo è avvolto anche in un alone di leggenda. Che racconta questo: nel 1284, durante la Battaglia della Meloria (torre isolata nel mare a 7 chilometri al largo di Livorno) tra le Repubbliche marinare di Genova e Pisa, un nave genovese con a bordo prigionieri nemici fu sorpresa da una tempesta. L’imbarcazione imbarcò acqua che si mescolò con le scorte alimentari: tra queste anche i ceci e l’olio rovesciato da un barile. Una roba poco mangiabile a prima vista, ma quando il cibo cominciò a scarseggiare i marinai fecero seccare lo strano mix nato dall’incidente e si accorsero che tanto male non era. Quanto c’è di vero? Chissà. Fatto sta che i genovesi la chiamarono “oro di Pisa”, poi “farinata”. La diffusione di questo cibo arrivò fino a Livorno dove la ricetta fu integrata: la farcitura venne infatti inserita in un panino. O nella focaccia – che a Livorno è schiacciata – o nel pan francese, che nella città toscana viene chiamato francesino.

A Livorno, comunque, il grande successo di questa pietanza arrivò nella prima metà del Novecento: fu allora che nacque il nome del 5 e 5, perché negli anni Trenta l’ordinazione era formulata con “5 lire di pane e 5 di torta”. Il tocco finale da intenditori? Nel panino, insieme alla torta, si può chiedere di far infilare le melanzane sotto il pesto (cioè messe in aglio, prezzemolo e peperoncino). Provare per credere. Ne vale la pena.

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