Politica

5G: adeguare i limiti italiani non ha effetti sulla salute ma aiuta l’ambiente

In questi giorni si sta parlando di adeguare i limiti italiani delle emissioni elettromagnetiche da stazioni radio base (6 V/m, che sono tra i più restrittivi al mondo) con quelli della maggior parte dei paesi europei (61 V/m). Non tutti sanno che cosa sia una “onda elettromagnetica”, ed è comprensibile avere timore di qualcosa che non si conosce e a volte non si può vedere.

Alcune le possiamo vedere benissimo: la luce visibile è un’onda elettromagnetica, emessa dalla nostra stella, il Sole. Tante più volte l’onda “oscilla” nell’intervallo di tempo, tanto maggiore è la sua energia. La luce visibile “oscilla” diecimila volte di più delle onde radio che si utilizzano per i cellulari. Bisogna anche tenere conto dell’intensità del campo elettromagnetico (“l’altezza” dell’onda): più si è vicini, maggiormente è intenso e decresce con il quadrato della distanza. La massima esposizione da onde radio non deriva dalle stazioni radio base che vediamo dalla finestra, ma dal cellulare sul tavolo, che è anche lui un’antenna. I vecchi cellulari 2G esponevano gli utilizzatori a un campo pari a circa 50 V/m a 10 cm, mentre i telefoni 4G alla stessa distanza invece a un campo di 1-5 V/m. Più il segnale della stazione radio base è debole, maggiormente il cellulare deve “strillare” aumentando le sue emissioni per raggiungerla. Con l’uso di apparecchi familiari come uno stereo o un ferro da stiro a 30 cm dal corpo, ci si espone a un campo più alto di 100 V/m.

I limiti delle emissioni sono stati stabiliti prendendo un manichino riempito di gel come modello del corpo umano e si è visto a quale intensità di campo questo si scalda di un solo grado centigrado. Individuato il limite, si applica un fattore di sicurezza dividendo l’intensità del campo per 50. Quello che succede arrivando al limite internazionale è quindi solo un riscaldamento che, applicando il fattore di sicurezza, non è nemmeno percettibile. Prendendo il sole d’estate la temperatura del corpo sale di ben più di un grado, e ci si espone a una radiazione elettromagnetica che è molto più energetica di qualsiasi onda radio a cui si possa essere ragionevolmente esposti.

Per ragioni politiche e non scientifiche l’Italia ha applicato anziché il fattore di sicurezza 50, il valore di 500, e questo fino ad adesso è stato sufficiente per usare i cellulari che funzionavano con la vecchia tecnologia. Per utilizzare la banda a 2.4 GHz, quella cosiddetta “superveloce” della nuova tecnologia 5G, si dovrebbero installare molte più antenne, deturpando le città e sostenendo dei costi che poi ricadranno inevitabilmente sugli utenti, oppure adeguare i limiti italiani a quelli europei. Non c’è alcuna evidenza che questo possa avere un impatto negativo sulla salute.

Il Parlamento Italiano, con un’indagine conoscitiva durata oltre un anno, e l’Istituto Superiore di Sanità non hanno riscontrato significativi effetti di queste onde elettromagnetiche sulla salute se non un blando riscaldamento del corpo. Conclusioni ribadite anche da International Commission on Non -Ionizing Radiation Protection (Icnirp), un ente della Commissione europea che si occupa di radiazioni non ionizzanti nella revisione delle sue linee guida di marzo 2020.

Anche se è sempre importante continuare gli studi, non sono emersi effetti della tecnologia dei cellulari sull’ambiente. Gli articoli di stampa che hanno correlato “le onde elettromagnetiche” a morie di api o uccelli, fenomeni che accadono per cause naturali, si sono inevitabilmente rivelati delle fake news. Discorso analogo per le potature degli alberi, che i sindaci ordinano per evitare che ci caschi un ramo sulla macchina, e non certo “a causa del 5G”. Rinunciare all’implementazione della tecnologia 5G, ma anche installare un numero spropositato di antenne, avrebbe certamente un impatto negativo sul Paese e anche sull’ambiente.

L’inquinamento atmosferico causato dal traffico (definito dalla Iarc come cancerogeno in classe 1A, cioè certo) provoca decine di migliaia di morti all’anno. Se riusciamo a mettere più persone possibili in lavoro da remoto, riduciamo sensibilmente il traffico e quindi anche l’inquinamento atmosferico. Una rete efficiente ci permetterebbe ad esempio di lavorare da remoto dai nostri meravigliosi borghi e di viaggiare per piacere e non per necessità.

Installare tante stazioni per cellulari non è solo antiestetico. Oltre ai costi economici ci sono anche quelli ambientali di produrre più stazioni radio base per cellulari. Le terre rare per i componenti elettronici provengono per lo più da paesi in via di sviluppo, e l’estrazione di quei minerali avviene spesso in condizioni di sfruttamento per le popolazioni locali; per non parlare dell’impatto dell’estrazione mineraria sui loro ambienti. È giusto chiedere indirettamente a un minore di lavorare in miniera solo perché vogliamo mantenere un vincolo burocratico che ci costringe ad installare più antenne? Questa domanda è la stessa che ci dovremmo porre quando compriamo un cellulare nuovo o un altro apparato elettrico non necessario.

La transizione ecologica e digitale per il 2050 parte da qui. Adeguare le norme e i comportamenti che non hanno una giustificazione scientifica o razionale per proteggere l’ambiente globale. Mi auguro accada il prima possibile.