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Biden risponde a polemiche su immigrazione e alza il tetto dei rifugiati a 62.500 in un anno: “L’America sia rifugio e faro di libertà”

Il presidente americano risponde così alle accuse di non aver introdotto l'approccio "più umano" rispetto alla gestione Trump promesso durante la campagna elettorale. E punta a raddoppiare il numero di accessi per il prossimo anno, ma ammette: "La triste verità è che non raggiungeremo le 62.500 ammissioni quest’anno", a causa del "danno degli ultimi quattro anni"

Si tratta del primo passo verso quell’approccio “più umano” che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva promesso in campagna elettorale sulla gestione dei flussi migratori da Centro e Sud America. Dopo le polemiche nei suoi confronti, accusato di portare avanti politiche restrittive simili a quelle adottate dal suo predecessore Donald Trump, il nuovo inquilino della Casa Bianca ha annunciato l’innalzamento del tetto a 62.500 rifugiati in questo anno fiscale, con l’impegno di raddoppiare questo numero il prossimo anno. Questa cifra “cancella il numero storicamente basso definito dalla precedente amministrazione di 15mila, che non riflette i valori dell’America come Nazione che accoglie e sostiene i rifugiati”, ha dichiarato il Dem.

Una decisione spinta dall’ondata di critiche che lo avevano raggiunto per l’immobilismo dell’amministrazione sul tema dei rifugiati, a cento giorni dalla sua entrata in carica. La sua elezione a Capo di Stato era stata accolta con entusiasmo da coloro che aspirano a ricostruirsi una nuova vita in America, tanto che a febbraio si contavano già 100mila persone arrestate al confine col Messico per aver tentato di entrare illegalmente nel Paese. In quel periodo era allo studio anche l’idea di trasformare un paio di centri di detenzione in punti di accesso e ispezione in stile Ellis Island, la storica isola davanti a New York che è stata per decenni la principale porta d’ingresso dei migranti, italiani compresi, negli Stati Uniti. Nessuna detenzione forzata, però: nell’idea del presidente, le famiglie accolte in questi centri per svolgere i controlli di rito dovevano restarci per non più di 72 ore.

Da quel momento in poi, complice anche l’emergenza coronavirus, di immigrazione si è parlato poco. Appena eletto, Biden ha immediatamente firmato degli ordini esecutivi che, tra le altre cose, hanno cancellato alcuni dei pilasti più contestati della politica sull’immigrazione trumpiana: via il bando agli arrivi negli Stati Uniti da sette Paesi a maggioranza musulmana, ha creato una task-force che ha lo scopo di riunire le famiglie separate al confine messicano, ha bloccato i fondi per la costruzione del muro, ha implementato politiche di accoglienza per rifugiati Lgbtq, ha cancellato la misura che rende più difficile ottenere un visto negli Stati Uniti per quei migranti che faranno uso di benefici sociali come il Medicaid. Da lì in poi, però, più niente.

Oggi, annunciando l’innalzamento del tetto per i rifugiati, Biden ha però ammesso che “la triste verità è che non raggiungeremo le 62.500 ammissioni quest’anno”, evocando “il danno degli ultimi quattro anni” e impegnandosi “a ricostruire quello che è stato rotto”: “Il programma Usa di ammissioni dei rifugiati incarna l’impegno americano a proteggere i più vulnerabili e a restare un rifugio e un faro di libertà per il mondo”.