Piccolo stupidario del fine settimana calcistico, con il titolo che vuole essere un tributo (a modo nostro) alla fortunata trasmissione Mediaset - In questa puntata lo show personale del giornalista alla Domenica sportiva
Sapessi com’è strano, vedere un programma sportivo con ospite Ormezzano. Memo Remigi non avrebbe potuto canticchiare di meglio. Gian Paolo nostro è tornato. Non lo vedevamo in televisione dai tempi in cui il principe Carlo Alberto di Savoia tentennava e non sapeva se stare con la Juventus o con il Toro (rigorosamente con la prima o chiusissima). Il re Gian Paolo, quello delle “bocce quadre”, la singolar tenzone del Roero ispirata alla petanque, dove le bocce non rotolano giù per le discese o i terreni accidentati e il bambino può battere il campione (ma Gian Paolo, Gianni Mura ci è mai venuto?), anche a 85 anni è sempre in una forma esplosiva. Una mitraglia di considerazioni apparentemente fuori luogo, una sequela di affabulanti misunderstanding, profezie, scuse, antichi richiami al cuore degli ospiti in studio, mea culpa, colpi di tacco e passaggi filtranti, Ormezzano è Kitikaka: Kitikaka è Ormezzano (speculare). Come l’ospite della festa de L’uomo in più di Sorrentino entra in scena alla Domenica Sportiva indossando la maglia di Platini, pardon di Gigi Meroni: uno splendido camicione nero con tasconi, di quelli che portavano i nostri nonni negli anni settanta aperti sul petto. Ed è subito sera, anzi triangolazione con il cuore Toro di Eraldo Pecci.
“Lassù qualcuno ci ama”, ricorda Eraldo, contropiede incredibile del centrocampista compassato. Titolo cinefilo di Tuttosport quando il Torino vinse lo scudetto nel 1976 e il direttore del quotidiano (unico caso al mondo di sovrapposizione torinista) era il granata GPO. Mentre in studio alla DS si menano in aria bandiere nerazzurre, Zhang saltella sul grattacielo aziendale e Zanetti gli spiega che ha vinto l’Inter e non lo Jiangsu F.c. (e Zhang si rabbuia a little bit), caroselli di auto e viandanti smascherati raggiungono Piazza Duomo (e il professor Galli con accento svedese telefona alla questura), Ormezzano guarda spaesato in basso a destra – Antonio Conte gangnam style – fuori dall’obiettivo di una videocamera casalinga. Volpi: “Sentiamo Ormezzano”. Pausa. Lunga. Molto lunga. Lunghissima. Volpi: “Mi hai sentito GianPaolo?”. GPO: “Guardate vi seguo, staccato, rimbalzando, col cuore al Torino contro il Parma. Vedo queste feste e mi sembra tutto assurdo, mi sembrate in una vasca, in un acquario. Scrivo sempre meno e leggo, vedo sempre di più, Conte è stato messo in discussione fino a ieri l’altro. Il gioco dell’Inter è stato messo in discussione. Adesso si parla di cicli. L’anno scorso si parlava di ciclo tedesco e non c’è nessuna più squadra tedesca avanti ora. Il calcio è bello perché ognuno può dire quello che vuole, quando vuole, come vuole, perfino io. Quindi non fatemi impegnare. Io per esempio sto lanciando una campagna per l’abolizione del centrocampo: perché basta far dei lanci lunghi e si è subito sotto la porta avversaria. Pare che sia una bestemmia, tra due anni sarà importante. Jacopo, nel 1978 , scusa se mi cito, il libro ha vinto il premio Bancarella – Storia del calcio – scrivevo esattamente a pagina 78 che i grandi club mondiali si sarebbero riuniti per fare una specie di Superlega. Mi pare sia capitata. Non sono affatto un visionario, un veggente, neanche uno più intelligente degli altri, tanto è vero che tifo Toro. Io non ci sto. Sono felice per la gente felice. Ma sono felice per la gente felice che ha il pane quando non lo aveva sempre comunemente. Non riesco a capire questo codificare il calcio e bloccarlo dentro degli schemi. Approfitto dell’ospitalità che mi stai dando, per dire a Tardelli che lui non se lo ricorda ma una volta mi ha messo a posto in una maniera brutale a proposito di mie insinuazione sul fatto che i giocatori leggessero pochi libri: Marco avevi ragione. E ti do ragione nel mio prossimo libro. Compralo”.
Immaginate una dichiarazione del genere al Club di Caressa. Sarebbe partito un autistico Hully Draghy. Alla DS compare Amadeus con le sciarpa attorno al collo, due magliettine nerazzurre stese sul divano letto di quando era ragazzino, i chewing-gum di Fiorello attaccati alla mensola, la protesi di Andrea Roncato in Acapulco usata quando lavorava nei villaggi turistici ora sul comò. “A chi paragonerei nel mondo della musica Antonio Conte?”. Pausa anche lui, ma di quelle imbarazzanti, quelle dove tremi venti secondi per quello che sta per dire il tizio (e infatti). “Beh direi Pavarotti”. Mamma mia. Meglio che in collegamento ci sia Massimo Moratti al quale Volpi affida un saluto di Ormezzano. Piccola pausa anche adesso. Lunghetta. Non troppo, ma Moratti emette un gorgolio tipico suo tra le Nazionali senza filtro e le Camel senza gobba. “Cosa devo dire? Sono sommerso, vedo unità d’intenti, vedo felicità, non posso far atro che partecipare, dire forza Inter, brava Inter. Io sono in una fase, Padre Pio diceva di dislocazione, sono già a domani sera contro il Parma, sono una specie di ectoplasma, ammiro e invidio. Vi segnalo una cosa: siamo riusciti ad andare avanti tutta la sera con la festa dell’Inter senza parlare dello scandaletto che sta arrivando all’orizzonte: arbitri e pagelle ritoccate. Pensavo lo facessimo solo noi giornalisti per fare un favore alla figlia del portinaio, invece le ritoccavano anche gli arbitri per fare un favore a se stessi. Questo calcio non si fa mancare nulla, però l’Inter e Conte mi danno il senso di valori primigeni, magari un po’ grezzi, ma valori valorosi”.
Amadeus ride, cerca Ibrahimovic con lo sguardo e si mette a fare due passetti per la Tim, ma Volpi vuole salutare Ormezzano, lasciandogli la scena finale. La ricorrenza della tragedia di Superga. Il calcio che fu. L’orrore dell’oggi. Gian Paolo la infila tutto d’un fiato. Ci salutiamo subito perché dopo non c’è più tempo. Grazie Gian Paolo per Giro d’Italia con delitto, un libro del 1983 che lessi così avidamente per poi scriverne una copia a biro blu su un block notes con un delitto sul Lago di Garda dove ero in vacanza. “Cosa devo dire del 4 maggio? Io c’ero, ragazzo, ci sono ancora. E sto assistendo a una rappresentazione ideale del football come non sport, come meraviglioso gioco ma non sport. Sensazione sempre più spiccata nitidamente e in maniera agghiacciante di come c’era un altro mondo, un altro calcio, un altro gioco no, perché allora non si giocava allora si faceva il pallone. Adesso si gioca in borsa, in finanza, in previsioni. Non ci capisco più niente, spero siano gli strascichi del Covid. Temo però ci sia poco da capire. Vivo benissimo e felice. Mi congratulo con Conte, Moratti e l’Inter. Faccio i miei saluti a Giorgio, Mara, e Michele. Buonanotte”. Buonanotte GPO. Il Toro, nel frattempo, ha pure vinto.