Un vecchio giro di agenti dei servizi che ritorna, un momento decisivo per il governo Conte, sotto attacco per la mancata delega ai Servizi e una data particolare, il 23 dicembre, trascorsa tra visite a Rebibbia e dolciumi in regalo per Natale da parte di uno 007 finito in due scandali giudiziari degli scorsi anni. Al centro Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che non risponde sul suo incontro di 40 minuti con Marco Mancini, alto dirigente del Dis, avvenuto in un autogrill a Fiano Romano, liquidandolo come una visita di cortesia, e contrattacca insinuando il dubbio che chi ha ricostruito la vicenda, cioè la trasmissione Report di Rai 3, abbia pagato una fattura a una società lussemburghese. Una circostanza smentita sia da Report che dalla Tarantula Luxembourg SARL, mentre alla vigilia della messa in onda della puntata il renziano Luciano Nobili ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Il servizio di Report ruota tutta attorno all’incontro tra Renzi e Mancini. Il faccia a faccia avviene il 23 dicembre, lo stesso giorno in cui il senatore di Italia Viva fa visita a Denis Verdini, in quel momento recluso nel carcere romano di Rebibbia. Da settimane l’ex presidente del Consiglio bersaglia Giuseppe Conte per non aver ceduto la delega ai servizi. Ospite di La7, poche ore prima del faccia a faccia con lo 007, Renzi chiede “segnali di novità” al capo dell’esecutivo. L’incontro in autostrada viene motivato così: “Dovevo incontrarlo al Senato, me n’ero dimenticato. Doveva portarmi i babbi, un dolce romagnolo”, spiega il senatore. “O lei vorrebbe dirmi che Mancini è il grande ispiratore della mia battaglia per l’autorità delegata?”, provoca Renzi.
Il leader di Italia Viva attacca sul video arrivato a Report: “Sarebbe interessante sapere chi ve lo ha dato. Strano che ci fosse lì qualcuno a riprendere”, insinua. Ma Giorgio Mottola, autore del servizio, fa notare che fino a quel momento, durante l’intervista, non aveva ancora menzionato foto e video chiedendosi come Renzi faccia a sapere della registrazione. “Diranno che era un cittadino, un passante. Alle barzellette non crede nessuno, ma sono bellissime – insiste Renzi – Domandatevi perché avete quel video, domandatevi perché su tante cose la trasparenza che chiedete agli altri non sempre viene messa in atto”.
Nelle ore precedenti alla messa in onda, tra l’altro, Italia Viva presenta un’interrogazione parlamentare chiedendo al Mef chiarimenti su “una presunta fattura da 45mila euro ad una società lussemburghese per confezionare servizi” contro Renzi. “Vogliamo vederci chiaro e capire se soldi pubblici sono stati utilizzati per pagare informatori allo scopo di costruire servizi confezionati per danneggiare l’immagine di Renzi. Ci chiediamo con preoccupazione se la Rai compri informazioni con i soldi degli italiani per le sue trasmissioni di inchiesta”, spiega il deputato Nobili. Sul punto, Report ha già ribadito di non aver mai pagato e la società lussemburghese chiamata in causa, la Tarantula Luxembourg, ha risposto: “Ci vediamo costretti – nonostante l’assurdità della vicenda – a dover negare la totalità della faccenda con estrema fermezza”.
Mi di cosa ha parlato Renzi con Mancini? Sul punto il senatore di Rignano glissa. Report ricostruisce il contesto politico dell’incontro, avvenuto nelle settimane in cui Italia Viva chiedeva a Conte di lasciare la delega ai servizi. Di certo nei mesi precedenti si era aperta la battaglia per le posizioni di vice dei servizi, una poltrona a cui Mancini era interessato. A spiegarlo alle telecamere di Report è Cecilia Marogna, la manager cagliaritana arrestata a Milano il 13 ottobre nell’indagine relativa all’ex cardinale Angelo Becciu. La donna – dice la trasmissione di Rai3 – poteva diventare lo “strumento” per delegittimare i vertici dei servizi nominati da Conte a vantaggio di Mancini che aspirava a quel posto.
Becciu – racconta Marogna – le aveva dato l’ordine di avere rapporti con il generale Luciano Carta, capo dell’Aise, per una “cooperazione” che è durata “per un lasso di tempo importante” in operazioni “per casi di sequestro di persona”. “Da Becciu – dice ancora – mi viene chiesto di fare dossieraggio, ero un servizio segreto parallelo in interazione con altri servizi segreti paralleli internazionali”. A un certo punto, spiega ancora Report, la corrispondenza con Carta si interrompe e Marogna si rivolge a Giuliano Tavaroli per avere contatti con altri dirigenti dei servizi: “Il funzionario è Mancini”, spiega Marogna. Mancini e Tavaroli, all’epoca capo della security di Telecom e Pirelli, si conoscono da tempo: sono stati coinvolti nell’inchiesta che scoperchiò la centrale all’interno di Telecom che aveva confezionato dossier su 6mila persone.
Tavaroli, racconta ancora Marogna, “mi fa incontrare Luca Fazzo”, oggi giornalista de Il Giornale, interessato ai carteggi intercorsi tra Carta e la manager di fiducia di Becciu, che nella vicenda che lo ha coinvolto è stato difeso tra gli altri da Renato Farina dalle colonne di Libero. Fazzo – come Farina – è un’altra vecchia conoscenza di alcuni uomini dei servizi: il cronista – che all’epoca lavorava a Repubblica – venne sospeso dall’Ordine dei giornalisti per i suoi rapporti con Mancini nell’ambito dell’inchiesta sul sequestro dell’imam Abu Omar nel 2003 da parte di alcuni agenti della Cia nel centro di Milano. Un vecchio ‘giro’ che ritorna. Per Francesca Immacolata Chaouqui, finita al centro dello scandalo di Vatileaks, l’interesse era quello di avere “i messaggi di Carta per fotterlo” e Marogna conferma che le “viene chiesto di far fuori Carta” perché “disturbava”. Una finalità, specifica Report, che Tavaroli nega.