Aveva assunto il medicinale ‘Cabaser‘ prodotto da Pfizer per la cura del Parkinson dal 2001 al 2006. In quei cinque anni il paziente aveva sviluppato iper sessualità, acquistato 1.802 carte di credito usa e getta per giocare online e sottratto oltre 100mila euro all’azienda per cui lavorava, ed era stato licenziato. E benché questi effetti collaterali incontrollabili fossero noti in letteratura scientifica da molti anni prima dell’assunzione del prodotto, l’azienda li ha aggiunti sul foglietto illustrativo solo a partire dal 2007.

La Corte d’Appello di Milano ha quindi deciso che Pfizer Italia dovrà risarcire i danni biologici per invalidità temporanea per sei anni e i danni economici al paziente – un sessantenne residente in centro Italia, 40enne all’epoca dell’insorgere dei disturbi – che vent’anni fa aveva iniziato l’assunzione del farmaco. I giudici hanno così confermato la decisione del Tribunale di Milano del marzo 2020 che aveva “accertato la responsabilità di Pfizer Italia nella determinazione dell’effetto collaterale della ludopatia per assunzione di Cabaser” condannando l’azienda farmaceutica a risarcire circa 200mila euro per danni morali e circa 300mila euro per danni economici, oltre agli interessi. Per la Corte d’Appello qualunque azienda farmaceutica per discolparsi deve “dimostrare la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e della commercializzazione del farmaco” e, come confermato anche dalla Cassazione “di aver fornito un’adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dallo stesso, aggiornandola, se necessario, in relazione all’evoluzione della ricerca”.

“Non abbiamo mai messo in dubbio l’ottima azione sotto il profilo medico, riconosciuta anche dal nostro cliente – spiega Stefano Bertone, uno dei legali del paziente – ma semplicemente il difetto per mancanza di una qualità fondamentale, ovvero l’indicazione in foglietto illustrativo delle reazioni avverse: gli utilizzatori devono sempre conoscerlo in anticipo, i foglietti illustrativi non sono tutti uguali”. “In questo caso – aggiunge l’avvocato Chiara Gribaudo – l’informativa e mancate per lungo tempo il bugiardino hanno del tutto omesso tali informazioni vitali nonostante le aziende del comparto al loro interno ne discutessero da anni”. “Quei bugiardini – conclude l’avvocato Renato Ambrosio – da anni sono stati modificati e avvisano i consumatori di non farsi sorprendere dai loro comportamenti. Le sentenze di primo e secondo grado di Milano confermano quello che ritenevamo, ossia che si sarebbe potuto e dovuto fornire queste informazioni molto prima”.

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