C’era anche l’hashtag, #zeromortisullavoro, proposto dalla Uil e rilanciato dalle altre sigle. Ma una settimana fa, il 28 aprile, la Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro non ha acceso – con poche eccezioni – l’interesse della politica. Ci è voluto l’infortunio in cui è rimasta uccisa un’operaia di 22 anni, Luana D’Orazio, perché le 185 morti bianche registrate nel primo trimestre dell’anno diventassero un’emergenza e i partiti si ricordassero per esempio dell’esistenza di una Commissione monocamerale d’inchiesta sulle condizioni di lavoro e la sicurezza, creata nel 2019 al Senato ma non ancora costituita. “Oggi parlano tutti, domani passino alla pratica”, commenta Rossana Dettori, segretaria nazionale della Cgil con la delega alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. “Servono fatti che permettano ai lavoratori di essere sicuri di tornare a casa la sera. Le leggi ci sono, il Testo unico del 2008 è stata una conquista. Ora bisogna investire nella formazione e nei controlli“. Perché quando i controlli si fanno i risultati parlano da soli: il tasso di irregolarità riscontrato dall’Ispettorato nazionale del lavoro nelle 10mila aziende ispezionate l’anno scorso per verificare il rispetto delle norme sulla sicurezza è del 79,3%. Il problema è che le imprese grandi e piccole, in Italia, sono milioni.
Nel primo trimestre 185 vittime. Dal 2015 mai meno di 1000 all’anno – I dati Inail dicono che dal 2015 – l’anno prima c’era stata una improvvisa flessione – gli incidenti mortali non sono mai scesi sotto i 1000 all’anno. Stando all’ultimo aggiornamento, che comprende i decessi per Covid contratto sul lavoro, nei primi tre mesi del 2021 le denunce di infortunio sono state 128.671 e i casi mortali 185, 19 in più rispetto ai 166 del primo trimestre 2020. Un po’ meno che nello stesso periodo del 2018 e 2019, quando le vittime erano state 212, solo perché con la pandemia e il boom dello smart working sono calati i cosiddetti incidenti “in itinere”, cioè nel percorso verso l’ufficio o la fabbrica. Cambia poco: ogni giorno, per usare le parole della sindacalista, due lavoratori a casa non ci sono tornati. Più al Nord Ovest che al Nord Est (47 casi contro 38), ma il record negativo si registra al Sud (58). Molti più uomini che donne, ma di donne ne sono morte 11 contro le 3 che avevano perso la vita nel primo trimestre 2020.
“Un rappresentante per la sicurezza in ogni pmi” – “Capisco che la morte di una giovane donna abbia colpito molti, ma la realtà è che succede tutti i giorni. Così come tutti i giorni qualcuno resta invalido“, riprende Dettori. La commissione d’inchiesta di cui oggi Italia viva e i presidenti delle commissioni Lavoro e Affari costituzionali del Senato hanno “sollecitato l’avvio dei lavori”? “Ben venga farla partire, ma non risolve il problema”. Che ha tante facce: “Prima di tutto occorre attivarsi perché la prevenzione diventi una certezza. Cosa che a volte nelle aziende piccole come quelle in cui è avvenuto l’incidente di lunedì non succede perché non sono tenute ad avere al loro interno un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: dev’essercene uno a livello territoriale, ma a Prato non era stato eletto”. Su questo fronte, quindi, una revisione delle norme forse servirebbe. In parallelo servono i controlli. “Perché morire sul lavoro non è destino, è il risultato di carenze nelle misure di sicurezza e a volte di stress e fatica causati da problemi organizzativi”. Per i controlli però servono gli ispettori. E gli enti che dovrebbero occuparsene sono da anni in affanno per insufficienza di personale.
Ispettorato e Inail a corto di personale – L’Ispettorato nazionale del lavoro, istituito dal Jobs Act con l’ambizione di accorpare le funzioni di vigilanza di ministero, Inps e Inail, conta 1.500 ispettori che peraltro devono svolgere anche compiti amministrativi perché i dipendenti complessivi sono solo 4.500 a fronte di una pianta organica di 6.500. All’Inail di ispettori ne sono rimasti solo 246, come ha fatto notare lo scorso 28 aprile Claudio Cominardi, deputato M5s in commissione Lavoro ed ex sottosegretario nel governo gialloverde. Poi ci sono le Asl e i loro servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro: “Nel 2009 i dipendenti erano 5mila tra ispettori e medici e già erano sotto organico, ora sono 2mila”, spiega Dettori. Mancano persone e mancano fondi: nel 2019 il governo Conte 1, per tagliare le tariffe Inail alle imprese, ha ridotto le risorse destinate ai piani di investimento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Così di sopralluoghi se ne fanno pochi. Anche se, quando si fanno, gli esiti sono preoccupanti. Torniamo al bilancio annuale dell’Ispettorato, che si occupa prevalentemente del settore dell’edilizia: 8.068 aziende su 10.069 sono risultate irregolari e ognuna su più di un aspetto se le violazioni contestate sono state ben 12.541 di cui 12.020 penali. Metà degli illeciti riguarda la violazione di obblighi di protezione dai rischi di caduta dall’alto, incidenti che possono avere conseguenze gravissime.
Nel Pnrr il tema non c’è. “Non aspettiamo drammi per cambiare rotta” – La settimana scorsa il governo ha inviato alla Commissione europea il Piano nazionale di ripresa e resilienza con i progetti da finanziare grazie ai circa 200 miliardi in arrivo con il Next generation Eu. La parola sicurezza compare 93 volte, ma mai associata al lavoro. “Il tema non viene citato”, conferma la sindacalista Cgil. “Forse sarebbe il momento per renderlo centrale, come è stato per la sanità con il Covid. Non aspettiamo ulteriori drammi per cambiare rotta: nel marzo 2020 con il governo e le parti datoriali abbiamo scritto il protocollo per la sicurezza dai contagi, facciamo lo stesso per la messa in sicurezza complessiva dei luoghi di lavoro. Penso a un piano nazionale. Le leggi ci sono, ora mettiamoci i soldi per gli ispettori e per la formazione, che deve riguardare anche nuovi pericoli e nuove patologie legate per esempio allo smart working. Nessuno può cavarsela con il cordoglio e le condoglianze alle famiglie: le persone vogliono solo che la sera i loro famigliari tornino a casa”.