La domanda è puramente retorica, perché chiunque in Europa sia stato toccato poco o tanto dalla profonda crisi economica seguita alla pandemia da Covid-19 sa perfettamente che il piano di ricovero dalla crisi, in Europa, è ancora al palo, mentre quello americano è già in fase avanzata e sta dando ottimi risultati.
La differenza non sta solo nel corposissimo piano immediatamente predisposto dagli americani (inizialmente da Trump, ora corretto e ampliato da Biden), ma soprattutto alla tempestività fornita a questi interventi. Certo, anche la dimensione ha il suo peso, i circa 5 trilioni di dollari (ovvero cinquemila miliardi) degli americani sono più di cinque volte la disponibilità fornita agli europei con il Next Generation Eu. Tuttavia in casi come questo del Covid – peggiore di una guerra, perché in guerra le produzioni aumentano, col Covid invece crollano a causa delle necessarie chiusure generalizzate della gran parte dei settori produttivi – tutto il ciclo economico nazionale subisce un infarto pericolosissimo. E come negli infarti di cuore, è la tempestività dell’intervento a determinarne l’efficacia, non la programmazione dei successivi interventi riabilitativi (che ai defunti non servono più).
Anche in economia dunque la tempestività è molto più utile che la dimensione. Gli americani l’hanno capito e subito hanno attuato multiple iniezioni di denaro fresco mediante il classico intervento del “denaro a pioggia” (il famoso Helicopter Money). Funziona proprio come la bombola di ossigeno a chi rimane senz’aria ed è fondamentale per far subire al soggetto colpito il minor danno possibile. In questo anno di pandemia gli americani hanno fatto già tre passaggi di helicopter money, per una somma complessiva di oltre tremila dollari a cranio per ogni persona adulta con reddito sotto i 70.000 dollari l’anno.
Qualcuno obietterà: “…tutti quei soldi buttati dall’elicottero? Chissà che cifra da brivido saranno costati, e che spreco, visto che sono stati distribuiti anche a chi non ha perso nemmeno un centesimo!”. E’ vero, con la distribuzione a pioggia questi soldi li prendono quasi tutti, ma sono stati spesi subito mantenendo attiva la circolazione monetaria in un momento in cui ce n’era molto bisogno. Sul piano macroeconomico è stato molto utile, e la spesa è in realtà molto meno pesante di quel che si creda. Sui 5.300 miliardi di dollari stanziati, “solo” circa 800 sono stati spesi in questo modo (e nessuno se ne è lamentato!).
Naturalmente ci sono anche numerose altre forme di sostegno diretto (vedasi tabella) che però, a parte le altre forme di sostegno immediato (per disoccupazione, ecc.) ha bisogno di tempi più lunghi per le necessità organizzative e per gli accertamenti.
Ovviamente il debito pubblico è schizzato alle stelle, ma se nessuno se ne è lamentato quando Trump, con la sua “Flat Tax” e altre manovre inutili (muro col Mexico ecc.) ha aggiunto di suo un paio di trilioni al debito solo per compiacere i suoi elettori: è in tutta evidenza che questo nuovo debito è senz’altro molto più utile. E comunque Joe Biden ha già comunicato al Congresso che sta studiando insieme ai suoi collaboratori economici la copertura almeno parziale di queste spese attraverso l’innalzamento delle tasse a chi le elude in modo sfacciato.
E comunque nel suo progetto la maggior parte è “debito buono”, cioè investimenti in infrastrutture e altre spese che non hanno solo lo scopo di tenere attiva l’economia ma soprattutto quello di rinnovare infrastrutture vecchie e pericolose (come qui il ponte Morandi). L’America ha moltissime infrastrutture che sono ormai vecchie anche di un secolo. La Cina ha fatto tutto nuovo nell’ultimo ventennio ed è proprio il concorrente attualmente più pericoloso per la conquista dell’egemonia economica globale. E’ un programma ottimo e, se non cadrà anche lui nella trappola del “bipartisan” a tutti i costi in cui è caduto a suo tempo Obama (finendo col perdere le maggioranze che aveva conquistato nel 2008 sia al Senato che alla Camera) potrà davvero rimettere in sesto l’economia e ristabilire concrete speranze per il futuro al popolo americano.
Anche l’Europa sta studiando un ottimo progetto nel suo “Next Generation Eu” Plan, ma qui non ho spazio per illustrarlo: rimando quindi ai già numerosi ottimi contributi pubblicati sul questo quotidiano per chi volesse saperne di più, e passo invece a commentare il maggior difetto, purtroppo in tutta evidenza: quello della assurda lentezza nel prepararlo e fornirlo di adeguati fondi strutturali.
L’Europa in generale (e l’Italia in particolare) deve smetterla di giocare a rimpiattino con le riforme e tirar fuori quelle che servono davvero a competere. Quelle di Renzi sono già finite tutte nel cess-tino. Le uniche riforme che possono in questo momento interessare davvero agli italiani sono quelle che riguardano le produzioni industriali, il lavoro per la gente, l’equità fiscale e l’Europa Unita. Quest’ultimo punto non ha niente di poetico: è solo la necessità non più rinviabile di potersi muovere davvero sotto una stessa bandiera, una stessa moneta e un unico sistema fiscale uguale per tutti gli europei.
Adesso bisogna fare davvero in fretta, nessuno ci aspetterà. E’ necessario che tutti mettano da parte gli egoismi nazionali (e soprattutto quelli di partito) e si passi il più presto possibile alla nascita di una vera Unione Europea. Non c’è più tempo per i distinguo. La Cina è già fuori da questa guerra al Covid, gli Stati Uniti saranno fuori tra sei mesi al massimo. L’Europa dov’è? Gli altri corrono, noi siamo ancora fermi e non ce lo possiamo permettere più.