Incontro organizzato dalla delegazione europea del Movimento 5 Stelle per discutere della direttiva all'esame del Parlamento europeo. "Indietro non si torna", afferma l'europarlamentare Daniela Rondinelli. Ma sia i datori di lavoro sia i sindacati temono un indebolimento della loro funzione di rappresentanza
Si è svolto martedì pomeriggio l’incontro “Direttiva salario minimo: confronto con le parti sociali”, organizzato dalla delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, a cui hanno preso parte sindacalisti ed esponenti delle associazioni datoriali. La direttiva è attualmente all’esame dell’Aula di Bruxelles e potrebbe vedere la luce prima dell’estate: a giorni scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti ai testi. Tiziana Beghin, capodelegazione del M5s al Parlamento europeo e moderatrice dell’incontro ha ricordato come “la direttiva sul salario minimo, che era presente nel programma del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni europee, rappresenta una svolta dopo anni in cui l’Europa ha trascurato le sue competenze in ambito sociale. Questo risultato non sarebbe stato possibile con la precedente Commissione europea. Va dunque dato atto alla Presidente Ursula Von Der Leyen di aver imposto un cambio di passo rispetto al passato”.
La misura trova però diversi oppositori anche in Italia, non solo tra i datori di lavoro ma anche tra i sindacati che temono un indebolimento del ruolo della contrattazione collettiva per la determinazione dei minimi retributivi. “Siamo sostenitori della necessita di una maggiore integrazione europea anche sul piano sociale, ma siamo contrari a questa impostazione dall’altro della Commissione, ha affermato nel suo intervento il Stefania Rossi dirigente Area lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria che ha aggiunto “anziché una direttiva avremmo preferito una raccomandazione. Ci saremmo aspettati un maggior coinvolgimento da parte dei legislatori europei. Non dimentichiamo che nei Paesi dell’Est Europa investono anche molte imprese italiane che là creano ricchezza e quindi un aumento del costo del lavoro in quei Paesi avrà conseguenze anche per imprese italiane. Per noi il salario minimo è impraticabile”. Police inverso anche da Confcommercio rappresentata dal direttore delle politiche lavoro e welfare Guido Lazzarelli, molto critico con la proposta normativa. “Non è una strada percorribile ma vista la posizione dell’Unione europea una sintesi va trovata. Siamo convinti che salario minimo non possa essere collocato nelle contrattazioni collettive perché i contratti prevedono elementi che vanno considerati come gli elementi di produttività, l’assistenza sociale e le ferie”, ha detto Lazzarelli.
L’ex leader della Cgil e ora responsabile politiche internazionali del sindacato Susanna Camusso sottolinea come “la direttiva europea sul salario minimo non dovrà escludere nessuno. Sono molti i lavoratori poveri che sfuggono a categorie ben definite, servirà un’attenzione particolare nei confronti delle fasce deboli della popolazione”. Stessa posizione espressa da Tiziana Bocchi segretaria confederale Uil che ha affermato “La direttiva sul salario minimo deve valere per tutti, dagli autonomi ai subordinati. Nessun lavoratore dovrà essere escluso: solo così combattiamo concretamente la povertà salariale”. “Nel percorso verso una direttiva UE sul salario minimo sarà essenziale creare una distinzione tra i Paesi che hanno già un livello di contrattazione pari al 70% – quindi soddisfacente – e i Paesi che ancora non vi sono arrivati. Servirà correttezza verso i primi”, ha spiegato invece il segretario confederale Giulio Romani sintetizzando la posizione della Cisl.
“Il salario minimo europeo è una misura di giustizia sociale che aiuterà i lavoratori ad ottenere un salario dignitoso e le imprese ad evitare l’odioso dumping sociale che le penalizza in Europa. La proposta della Commissione europea è in fase di discussione al Parlamento europeo: indietro non si torna“, ha chiosato Daniela Rondinelli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e membro della commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali del Parlamento Ue. La scorsa settimana il ministro del lavoro Andrea Orlando aveva affermato che “risulta essenziale garantire un salario minimo in quanto favorirebbe un mercato del lavoro più inclusivo e paritario”, aggiungendo che “occorre restare dentro il quadro che si sta definendo a livello europeo”. Così si potrà inoltre “chiarire e risolvere la questione del rapporto tra rappresentanza sindacale e salario minimo”.
Il tema è di stretta attualità anche al di là dell’Atlantico. Pochi giorni fa il presidente statunitense Joe Biden ha emesso un ordine esecutivo per incrementare da 11 a 15 dollari l’ora il salario minimo per i contractor federali. Tutte le agenzie federali dovranno includere lo stipendio più alto nelle nuove offerte di contratti a partire dal 30 gennaio del 2022 e dal 30 marzo dovranno applicare gli aumenti delle paghe ai nuovi contratti (discorso che vale anche per quelli prorogati). I salari saranno indicizzati all’inflazione, il che significa che aumenteranno automaticamente ogni anno per riflettere il cambiamento dei prezzi.