Profitti per quasi due miliardi di euro tra gennaio e marzo scorsi per un bilancio definito "il più solido dell'ultimo decennio". A metà maggio diventerà operativo il nuovo Cda di Acciaierie Italia, ossia l'ex Ilva in cui lo Stato è entrato con il 50% del capitale. Timone a Franco Bernabè, il ministro per lo Sviluppo Economico si dice ottimista
Volano utili e ricavi del colosso siderurgico franco-indiano Arcelor Mittal nel primo trimestre del 2021. Le vendite hanno superato i 16 miliardi di dollari (13,2 miliardi di euro), i profitti toccano i 2,3 miliardi di dollari (1,9 miliardi di euro). I risultati vengono definiti dell’azienda i “più solidi del decennio” e si confrontano con una perdita di oltre un miliardo dello stesso periodo del 2020. Il balzo di fatturato e guadagni riflette il forte incremento dei prezzi dell’acciaio, più che raddoppiato rispetto ad un anno fa in scia alla ripresa dell’attività produttiva, soprattutto cinese. Sono buoni anche i contri della divisione europea : 9,3 miliardi di dollari di ricavi e margine operativo per 900 milioni.
Come noto Arcelor Mittal è la multinazionale che nel 2017 ha assunto il controllo dell’ex Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa che al momento lavora a ritmi molto ridotti. Nella trimestrale il gruppo spiega come a seguito dell’ingresso nel capitale di Invitalia (in sostanza lo Stato, che ha investito 400 milioni, ora possiede il 50% e salirà ancora nel capitale nel 2022) lo stabilimento tarantino verrà “deconsolidato”. Sarà quindi un’entità industriale a se stante i cui risultati non verranno inclusi nel bilancio dell’intero gruppo. Il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha fatto sapere che anche la divisione italiana di Arcelor Mittal ha registrato buoni risultati nel primo trimestre.
Su Taranto e Piombino, ha detto stamane il ministro, “Il governo ha un progetto che si avvarrà sia delle risorse del Pnrr sia delle capacita tecnologiche offerte dai cosiddetti campioni nazionali che abbiamo. Sono molto ottimista, al netto della situazione decisamente complicata, basti pensare all’aspetto giudiziario”. Il riferimento è all’attesa decisione del Consiglio di Stato che il prossimo 13 maggio si pronuncerà sullo stop dell’area a caldo dell’acciaieria deciso dal Tar di Lecce. “Noi abbiamo un mondo produttivo legato all’acciaio privato che funziona benissimo – ha ricordato Giorgetti – che è eccellenza, non faccio nomi. Abbiamo dei problemi grandi in particolare a Taranto e a Piombino, limitatamente a Terni”. Secondo Giorgetti, il sistema dell’acciaio ad uso dell’industria italiana, è “parte di un puzzle che deve essere coerente. Stiamo ascoltando tutti e in tempi relativamente brevi, saremo in grado di presentare un puzzle coerente. Abbiamo tante debolezze ma anche capacità, lo Stato deve fare la sua parte”.
A metà maggio dovrebbe insediarsi il nuovo consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia, la nuova denominazione dell’impianto tarantino, che da quel momento sarà guidato da Franco Bernabè, manager di lungo corso, in passato a capo di Eni e Telecom. Il Recovery plan italiano stanzia risorse per la conversione dell’impianto con forme di alimentazione di forni a minore impatto ambientale attraverso una progressiva dismissione del carbone. Speranza per i circa 8mila dipendenti dello stabilimento, in larga parte tutt’ora in cassa integrazione.