Quando il pm di Milano Paolo Storari gli ha mostrato copia dei verbali di Piero Amara con le accuse sulla presunta loggia Ungheria, Piercamillo Davigo ha pensato che le mancate iscrizioni nel registro degli indagati fossero “incomprensibili“. Lo ha raccontato lo stesso ex consigliere del Csm, durante un’intervista a Piazzapulita. Su questi fatti ieri Davigo è stato sentito dai pm di Roma, che indagano Storari per rivelazione di segreto d’ufficio per aver consegnato quei verbali al togato di Palazzo dei Marescialli. Un atto compiuto in autotutela, visto che per Storari alle parole di Amara non erano seguite indagini per verificare se le accuse fossero vere o al contrario semplici calunnie. Per questo il pm decise di raccontare la vicenda a Davigo. “Io ho pensato che mi sembrava incompresibile la mancata iscrizione. Non si possono fare atti di indagine se non si fanno iscrizioni. E quelle cose richiedevano indagini tempestive“, ha raccontato Davigo su La7.
L’ex pm di Mani pulite ha precisato che non si trattava propriamente di verbali, ma “copie word di atti, per supporto alla memoria. Io gli atti originali non li ho mai visti. Storari mi ha segnalato una situazione critica e mi ha dato il materiale necessario per farmene un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io ho spiegato che il segreto investigativo, per espressa circolare del Csm, non è opponibile in Csm“. Davigo ha mai suggerito a Storari di seguire le vie formali, cioè inviare copia degli atti con un esposto a Palazzo dei Marescialli? “Non si potevano seguire le vie formali – risponde l’ex consigliere – la via formale più semplice era rivolgersi al procuratore generale, il problema era che la sede era vacante. Qualunque strada formale avrebbe comportato il disvelamento di tutta la vicenda. C’era la necessità di informare i componenti del Comitato di presidenza, perché questo dicono le circolari, in maniera diretta e sicura”. Alla domanda se il Csm l’abbia scaricato, Davigo ha spiegato di non sapere “cosa avrei dovuto fare. La questione è che si dice che avrei dovuto formalizzare: io ho ritenuto che formalizzando avrei fatto guai, però se mi fosse stato chiesto espressamente di farlo, lo avrei fatto”.
Per Davigo sulle parole di Amara “bisognava fare le indagini tempestivamente“. Perché dunque la procura di Milano non le ha fatte? “Non compete a me dare valutazioni del genere – ha detto l’ex pm – Il problema è che quando uno ha delle dichiarazioni che riguardano persone che occupano posti istituzionali importanti… se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo. Quindi in un caso e nell’altro bisogna fare le indagini tempestivamente per vedere se sono vere o se non lo sono. Per fare le indagini bisogna iscrivere e bisogna aprire un procedimento, non si possono tenere per mesi le cose ferme”. Di questa vicenda Davigo ha informato direttamente il presidente della Repubblica? A questa domanda il magistrato non ha voluto rispondere. Ne accennò, invece, al laico Fulvio Gigliotti: perché? “C’era il problema di spiegare per quale ragione io avevo interrotto ogni rapporto con una persona, c’erano una serie di cose che imponevano cautela. E io posso anche essere convinto che qualcuno sia estraneo, ma sei in un verbale viene accusato di qualcosa io non glielo posso dire”. Il riferimento è a Sebastiano Ardita, consigliere del Csm e fondatore con Davigo della corrente Autonomia & Indipendenza, accusato da Amara di far parte della fantomatica loggia Ungheria: davanti ai pm di Perugia Ardita ha già smentito per tabulas ogni addebito. Lo stesso Ardita ha telefonato in diretta a Piazzapulita per replicare alle parole di Davigo: “È gravissimo che Davigo dica che non si possono seguire le vie formali” ha detto, sottolineando che tutto il caso è “una bufala clamorosa”. Il suo rapporto con Amara? “Ci ho parlato una sola volta, quando l’ho interrogato nel 2018”.
Tornando a Davigo, per quanto riguarda Marcella Contraffatto, la sua ex segretaria al Csm (ora sospesa) indagata dalla procura di Roma per calunnia perché accusata di avere diffuso i verbali secretati resi da Amara ai magistrati di Milano, l’ex pm di Mani Pulite ha detto solo: “Nel caso sia stata lei mi ha sorpreso non poco, perché l’ho sempre considerata una persona totalmente affidabile”. Ed “è ovvio” che l’ex segretaria non l’abbia fatto su sua spinta. “Che senso avrebbe avuto mantenere tutte le cautele per tenere segrete le indagini per poi diffonderle?”. In tutta questa situazione l’ex pm si sente sotto processo? “Ci sono assultamente abituato, quando mi occupavo delle indagini su Mani Pulite venivo denunciato una volta alla settimana. Ero arrivato ad avere 36 procedimenti penali aperti davanti alla procura di Brescia, quindi non fa nessuna impressione”. Teme di essere indagato? “Assolutamente no”.
Giustizia & Impunità
Davigo: “I verbali di Amara? Vie formali impossibili da seguire perché avrebbero comportato il disvelamento di tutta la vicenda”
L'intervista a Piazzapulita all'ex consigliere del Csm, al quale il pm Paolo Storari consegnò i verbali con le accuse relative all'ex loggia Ungheria: "Io ho pensato che mi sembrava incompresibile la mancata iscrizione. Non si possono fare atti di indagine se non si fanno iscrizioni. E quelle cose richiedevano indagini tempestive. La questione è che si dice che avrei dovuto formalizzare: io ho ritenuto che formalizzando avrei fatto guai, però se mi fosse stato chiesto espressamente di farlo, lo avrei fatto". Ardita: "Gravissimo che Davigo dica che non si possono seguire le vie formali"
Quando il pm di Milano Paolo Storari gli ha mostrato copia dei verbali di Piero Amara con le accuse sulla presunta loggia Ungheria, Piercamillo Davigo ha pensato che le mancate iscrizioni nel registro degli indagati fossero “incomprensibili“. Lo ha raccontato lo stesso ex consigliere del Csm, durante un’intervista a Piazzapulita. Su questi fatti ieri Davigo è stato sentito dai pm di Roma, che indagano Storari per rivelazione di segreto d’ufficio per aver consegnato quei verbali al togato di Palazzo dei Marescialli. Un atto compiuto in autotutela, visto che per Storari alle parole di Amara non erano seguite indagini per verificare se le accuse fossero vere o al contrario semplici calunnie. Per questo il pm decise di raccontare la vicenda a Davigo. “Io ho pensato che mi sembrava incompresibile la mancata iscrizione. Non si possono fare atti di indagine se non si fanno iscrizioni. E quelle cose richiedevano indagini tempestive“, ha raccontato Davigo su La7.
L’ex pm di Mani pulite ha precisato che non si trattava propriamente di verbali, ma “copie word di atti, per supporto alla memoria. Io gli atti originali non li ho mai visti. Storari mi ha segnalato una situazione critica e mi ha dato il materiale necessario per farmene un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io ho spiegato che il segreto investigativo, per espressa circolare del Csm, non è opponibile in Csm“. Davigo ha mai suggerito a Storari di seguire le vie formali, cioè inviare copia degli atti con un esposto a Palazzo dei Marescialli? “Non si potevano seguire le vie formali – risponde l’ex consigliere – la via formale più semplice era rivolgersi al procuratore generale, il problema era che la sede era vacante. Qualunque strada formale avrebbe comportato il disvelamento di tutta la vicenda. C’era la necessità di informare i componenti del Comitato di presidenza, perché questo dicono le circolari, in maniera diretta e sicura”. Alla domanda se il Csm l’abbia scaricato, Davigo ha spiegato di non sapere “cosa avrei dovuto fare. La questione è che si dice che avrei dovuto formalizzare: io ho ritenuto che formalizzando avrei fatto guai, però se mi fosse stato chiesto espressamente di farlo, lo avrei fatto”.
Per Davigo sulle parole di Amara “bisognava fare le indagini tempestivamente“. Perché dunque la procura di Milano non le ha fatte? “Non compete a me dare valutazioni del genere – ha detto l’ex pm – Il problema è che quando uno ha delle dichiarazioni che riguardano persone che occupano posti istituzionali importanti… se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo. Quindi in un caso e nell’altro bisogna fare le indagini tempestivamente per vedere se sono vere o se non lo sono. Per fare le indagini bisogna iscrivere e bisogna aprire un procedimento, non si possono tenere per mesi le cose ferme”. Di questa vicenda Davigo ha informato direttamente il presidente della Repubblica? A questa domanda il magistrato non ha voluto rispondere. Ne accennò, invece, al laico Fulvio Gigliotti: perché? “C’era il problema di spiegare per quale ragione io avevo interrotto ogni rapporto con una persona, c’erano una serie di cose che imponevano cautela. E io posso anche essere convinto che qualcuno sia estraneo, ma sei in un verbale viene accusato di qualcosa io non glielo posso dire”. Il riferimento è a Sebastiano Ardita, consigliere del Csm e fondatore con Davigo della corrente Autonomia & Indipendenza, accusato da Amara di far parte della fantomatica loggia Ungheria: davanti ai pm di Perugia Ardita ha già smentito per tabulas ogni addebito. Lo stesso Ardita ha telefonato in diretta a Piazzapulita per replicare alle parole di Davigo: “È gravissimo che Davigo dica che non si possono seguire le vie formali” ha detto, sottolineando che tutto il caso è “una bufala clamorosa”. Il suo rapporto con Amara? “Ci ho parlato una sola volta, quando l’ho interrogato nel 2018”.
Tornando a Davigo, per quanto riguarda Marcella Contraffatto, la sua ex segretaria al Csm (ora sospesa) indagata dalla procura di Roma per calunnia perché accusata di avere diffuso i verbali secretati resi da Amara ai magistrati di Milano, l’ex pm di Mani Pulite ha detto solo: “Nel caso sia stata lei mi ha sorpreso non poco, perché l’ho sempre considerata una persona totalmente affidabile”. Ed “è ovvio” che l’ex segretaria non l’abbia fatto su sua spinta. “Che senso avrebbe avuto mantenere tutte le cautele per tenere segrete le indagini per poi diffonderle?”. In tutta questa situazione l’ex pm si sente sotto processo? “Ci sono assultamente abituato, quando mi occupavo delle indagini su Mani Pulite venivo denunciato una volta alla settimana. Ero arrivato ad avere 36 procedimenti penali aperti davanti alla procura di Brescia, quindi non fa nessuna impressione”. Teme di essere indagato? “Assolutamente no”.
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Verbali Amara, Davigo a La7: “Mancate indagini incomprensibili. Vie formali? Non si potevano seguire, necessità di informare in maniera sicura”
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "Il nostro governo ha scelto di realizzare i termovalorizzatori con risorse pubbliche, stanziando 800 milioni di euro attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Questo per evitare che il costo di ammortamento potesse ricadere sui cittadini attraverso tariffe esorbitanti. Noi vogliamo evitare questo errore e garantire un sistema sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non solo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani. "I termovalorizzatori rappresentano una grande opportunità anche per il nostro sistema energetico- dice -In un periodo storico in cui i costi dell’energia sono sempre più elevati e la transizione ecologica è una priorità globale, trasformare i rifiuti in energia significa rendere la Sicilia più autonoma, ridurre la dipendenza da fonti fossili e creare un sistema. Il nostro cronoprogramma: entro questo marzo/aprile bando per progettazione; entro settembre 2026 inizio lavori (durata diciotto mesi). La Sicilia non può più permettersi di rimanere prigioniera dell’emergenza, della precarietà, dell’inerzia. È il momento di agire con coraggio e senso del dovere".
"Chi si oppone abbia almeno l’onestà di dire chiaramente perché e di assumersi la responsabilità di condannare questa terra al degrado e all’inefficienza- dice Schifani - Non possiamo accettare che il futuro della Sicilia venga bloccato da interessi di parte, da vecchie logiche a volte ambigue. Non possiamo più tollerare un sistema che penalizza i cittadini, le imprese e l’ambiente. La nostra Regione merita di voltare pagina. Merita un futuro fatto di pulizia, decoro e sostenibilità. Noi andremo avanti, con determinazione e con la convinzione che questa sia l’unica strada possibile. Anche se in salita. In tutti i sensi. Perché la Sicilia merita di più".
Palermo,9 mar. (Adnkronos) - "Perché, dopo vent’anni di dibattiti e promesse mancate, ancora oggi qualcuno si oppone alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione? L’esperienza europea dimostra che questi impianti sono una soluzione efficiente e sicura per chiudere il ciclo dei rifiuti, trasformando ciò che non può essere riciclato in energia pulita. Eppure, in Sicilia si è continuato a rinviare, mentre le discariche si riempiono e i cittadini pagano bollette sempre più alte per smaltire i rifiuti altrove. È davvero un problema di tutela ambientale? No, perché i moderni termovalorizzatori sono progettati per garantire emissioni praticamente nulle, rispettando i più severi standard europei". Così il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, in un intervento sul Giornale di Sicilia. "Parlare di inquinamento è oggi fuori luogo: in molte città del Nord Italia, in Europa e nel mondo, questi impianti convivono con i centri abitati senza alcun impatto sulla qualità dell’aria", dice.
"Forse si vuole difendere il business delle discariche? È un dubbio legittimo. Il sistema attuale, infatti, ha spesso alimentato interessi economici poco trasparenti, in alcuni casi perfino legati alla criminalità organizzata. E di questo ho parlato in occasione della mia audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie", conclude Schifani.
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "La Sicilia, purtroppo, vive da decenni un’emergenza che sembra diventata strutturale. Il mio governo ha individuato fin dalla campagna elettorale questo come un obiettivo primario, consapevole che la gestione dei rifiuti non è solo un problema ambientale, ma anche sociale ed economico. Abbiamo ereditato una situazione di stallo, con un sistema fondato su discariche ormai al collasso, senza un’efficace pianificazione e con una raccolta differenziata ancora insufficiente. E soprattutto, mancava uno strumento fondamentale: il Piano rifiuti, indispensabile per poter programmare e realizzare qualsiasi intervento strutturale. Lo abbiamo speditamente adottato nel novembre scorso, dopo un grande lavoro di squadra che ha coinvolto vari organi istituzionali preposti al ramo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia, il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani,.
"Sapevamo che sarebbe stato un percorso difficile, sia dal punto di vista normativo che politico- prosegue - E a volte avvertiamo una condizione di solitudine, nel dover difendere un’idea di sviluppo che dovrebbe essere patrimonio comune, ma che invece incontra resistenze incomprensibili e a volte ambigue. Non cori da stadio, ma silenzi a volte trasversali e imbarazzanti".
"Non è un caso che il tema dei termovalorizzatori in Sicilia sia presente nel dibattito pubblico da oltre vent’anni, senza mai trovare una concreta soluzione- aggiunge Schifani - In tutto questo tempo, mentre in altre regioni italiane e in Europa si realizzavano impianti di ultima generazione per trasformare i rifiuti in energia, in Sicilia si continuava a rinviare, accumulando ritardi su ritardi e lasciando che il problema si aggravasse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: città invase dai rifiuti, discariche sature, costi di smaltimento sempre più elevati e una dipendenza dall’estero per l’invio della spazzatura che pesa sulle tasche dei cittadini siciliani per oltre cento milioni all'anno". "Ciò che trovo più preoccupante è la rassegnazione diffusa tra i siciliani. Dopo decenni di annunci e promesse mancate, molti ormai non credono più che il cambiamento sia possibile. Ma io dico che questa volta è diverso. Questa volta il governo regionale ha fatto una scelta chiara e irreversibile: realizzare gli impianti e dare finalmente alla Sicilia una gestione moderna ed efficiente dei rifiuti. E per questo obiettivo dedico due pomeriggi al mese per monitorare di persona il percorso, spesso complesso ma che ci sforziamo di velocizzare. Per non parlare dei numerosi ricorsi presentati contro il mio piano per bloccare il tutto. A questi ci opporremo con fermezza e competenza".
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.