Sono rimasto stupito dalla convinzione con cui Mario Draghi ha annunciato che da metà maggio chi ha avuto il Covid ed è guarito, chi ha fatto un tampone nelle ultime 72 ore o chi si è vaccinato con sieri approvati dall’Unione Europea avrà a disposizione il proprio certificato verde per viaggiare tra regioni in zona rossa o arancione. La cosa in realtà era nell’aria ma pensavo che alla fine, considerata la novità e la complessità del provvedimento, si sarebbe scelto di seguire la scia tracciata dall’Unione con il green pass, la cui sperimentazione dovrebbe partire il 10 maggio e arrivare ad approvazione negli Stati membri alla fine di giugno.
Se la macchina burocratica italiana riuscirà a mettere in pista questi agognati lasciapassare in così poco tempo, anticipando quelli della piattaforma europea, non potrò far altro che applaudire il “Caro Mario” (cit. Fedez, che in questi giorni ci sta come il cacio su maccheroni). Vorrei però capire in che modo, perché al momento non è chiaro, il governo pensa di affrontare i rilievi del Garante della Privacy – secondo cui il decreto del 22 aprile 2021, n. 52, non fornisce una valida base giuridica per l’introduzione dei certificati verdi nazionali –, placare la ritrosia dei medici di base a rilasciare la documentazione a persone non vaccinate da loro e, ultimo ma non ultimo, contenere il protagonismo vaccinale di alcune regioni (leggete governatori).
In questi giorni l’Alto Adige sta introducendo il suo Corona Pass personale con una mano, mentre con l’altra deve rispondere all’istruttoria del Garante che ha messo in dubbio la liceità del progetto tedesco, scusate, italiano. In Sicilia, una circolare dell’assessorato della Salute ha definito invece le modalità per ottenere la “‘Certificazione verde Covid-19’ da utilizzare per gli spostamenti tra regioni localizzate in zona rossa e arancione, in attesa di una successiva regolamentazione nazionale”. Nel frattempo, la Campania ha ordinato quattro milioni di tessere per realizzare il proprio passaporto vaccinale, di cui 170mila già consegnate al personale sanitario.
In attesa di vedere cosa succederà – il governo affronterà il Garante o emetterà un nuovo decreto? De Luca e Musumeci continueranno a misurarsi la virilità per vedere se è più vigorosa di quella di Figliuolo? – non posso che constatare che, ad oggi, ci sono alcune piccole grandi contraddizioni, anzi, dei veri e propri nonsense nel riconoscimento degli spostamenti “privilegiati” ai vaccinati.
Prima contraddizione. In quanto operatore non sanitario, nonostante abbia “solo” 39 anni, ho avuto la fortuna di ricevere prima e seconda dose del siero Moderna. Da vaccinato e immunizzato mi sono imbarcato per una crociera lungo il Mediterraneo. Partenza Genova, poi Malta, Siracusa, Taranto, Civitavecchia e di nuovo Genova. Ho fatto un tampone due giorni prima di salire a bordo e un altro al momento del check-in sulla nave. Da vaccinato e bi-tamponato, se fossi sceso a La Valletta avrei dovuto farmi cinque giorni di quarantena al rientro in Italia, nonostante un terzo tampone che mi aspettava a metà crociera e nonostante quella maltese fosse un’escursione “a bolla”: niente discesa dal bus, sedili e zaini disinfettati, posti distanziati e mascherina sempre addosso. Alla fine sono rimasto in nave. Per fortuna, il governo ha annunciato la fine (il 15 maggio) di quella procedura per me improvvida e paracula – per il modo, i tempi e le modalità con cui è stata introdotta a cavallo di Pasqua – della quarantena per chi rientra da paesi dell’Unione in Italia.
Seconda contraddizione. A bordo nave vengo a sapere che a Siracusa non si potrà scendere ma a Taranto sì, il giorno successivo. Eppure sia Sicilia che Puglia sono in zona arancione, con Taranto che sta provando ad uscire da una situazione epidemiologica persino peggiore di quella della provincia isolana. Perché allora da una parte si può sbarcare e dall’altra no? Facile: le due regioni hanno adottato disposizioni differenti.
Ora, io non voglio sindacare le scelte dei governatori in questione, ma se come turista provengo da una zona gialla (l’Emilia-Romagna), ho un vaccino in corpo e sono stato bi o tri-tamponato, magari un giretto in sicurezza puoi pure farmelo fare. Anche in questo caso confido – anzi, confidiamo tutti – che il miglioramento della situazione sanitaria nazionale possa aiutare i governatori ad avere, se non una voce sola, almeno una frequenza comune. Ma la vedo dura: se già la scienza non è riuscita a parlare all’unisono in questo frangente, figuratevi se possono riuscirci amministratori locali, animati da più o meno legittimo protagonismo.
Chiudo con una nuova riflessione sulle isole Covid-free. Pochi giorni fa mi ero espresso sollevando dei dubbi sulla fattibilità del progetto, soprattutto per le isole maggiori, Sicilia e Sardegna. Ora pare che qualcosa si stia muovendo, soprattutto su quelle minori. Basta però dire, a maggio, che si vogliono vaccinare gli abitanti delle isole più piccole solo perché in loco ci sono poche strutture, perché la situazione era simile anche a marzo. Si affermi piuttosto che si vuole far ripartire il turismo in loco, anche perché non c’è davvero niente di male. Vero Bonaccini e Fedriga?