Il premier Mario Draghi deve prendere le redini della vertenza Acc-Embraco, in stallo a causa delle divisioni tra il ministro Giancarlo Giorgetti (Lega) e la vice Alessandra Todde (M5s) sulla strada da seguire. A chiederlo, in una lettera inviata giovedì al presidente del Consiglio, è il consiglio di sorveglianza socio-istituzionale di Acc in cui siedono Stefano Cesa, sindaco di Borgo Valbelluna dove ha sede l’azienda acquisita e poi dimessa dai cinesi di Wanbao, i rappresentanti locali di Fiom, Fim e Uilm e le rsu dello stabilimento. “E’ dovere del presidente del Consiglio garantire che l’azione del suo governo, e in questo caso del Ministero dello Sviluppo Economico, sia connotata da condotte trasparenti, affidabili e ispirate all’interesse generale, superando ogni eventuale contrasto personale o riferito alla diversa appartenenza politica”, si legge nella mail, che sottolinea come pochi giorni fa “il Ministro e la Vice-Ministro dello Sviluppo Economico hanno reso palese il loro dissenso su ItalComp e smentito quanto dal Governo affermato al tavolo di crisi di pochi giorni prima”.
Il primo cittadino ricorda che “esistono numerosi precedenti di aziende di elettrodomestico seguite direttamente da Palazzo Chigi, per esempio Whirlpool nel 2019 ed Electrolux nel 2014″. E auspica quindi che “il Presidente stesso avochi a sé, di fronte all’evidente gestione incerta e contraddittoria dei dossier ACC ed ex Embraco, la convocazione del relativo “tavolo di crisi” e la orienti al confronto sulle scelte strategiche per il settore dell’elettrodomestico”. Settore che è “ancora cruciale per l’economia nazionale e per il posizionamento competitivo dell’Italia nello scacchiere internazionale“.
La premessa ripercorre le tappe precedenti, a partire dall’annuncio, lo scorso anno, del Progetto ItalComp per la costituzione di un polo nazionale del compressore che integri i siti di Borgo Valbelluna-Mel (BL) di Italia Wanbao ACC s.r.l. in amministrazione straordinaria e di Riva presso Chieri (TO) di Ventures s.p.a. (Ex Embraco) in fallimento con il ricorso alla strumentazione introdotta dall’art. 43 D.L. Rilancio”. Un progetto presentato dal governo Conte 2 ben tre volte, in Prefettura di Torino il 15 settembre 2020, in Prefettura di Belluno il 2 ottobre 2020 e al ministero per lo Sviluppo Economico il 12 novembre 2020. “Sempre presenti sia il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, on. Federico D’Incà, confermato anche nell’attuale Esecutivo con il medesimo ruolo, sia il sottosegretario al Mise con delega alle crisi, ing. Alessandra Todde, confermata – e anzi promossa a Viceministro – anche nell’attuale Esecutivo con il medesimo ruolo”, si ricorda.
Il progetto, “incentrato sull’attivazione di una NewCo a controllo pubblico (Invitalia e le finanziarie regionali di Piemonte e Veneto per il 70% del capitale) e organizzata intorno a una governance mutuata dal modello delle public company e connotata da un modello partecipativo di relazioni industriali, è stato salutato dal consenso ampio e convinto delle parti sociali, degli enti locali, delle comunità interessate e di tutte le forze politiche in quanto valutato come positiva espressione di una scelta di politica industriale fondata sul consolidamento e sullo sviluppo della filiera europea dell’elettrodomestico e della sua componentistica sottraendola così alla preponderanza commerciale dei colossi asiatici e sul ritorno di tecnologie e di produzioni strategiche in Italia”.
Ma il nuovo ministro Giorgetti “da un lato, non ha più coltivato il necessario confronto con le parti sociali sul Progetto ItalComp” e “dall’altro, ha dichiarato, dopo aver incontrato il 15 aprile 2021 i Presidenti delle Giunte regionali del Veneto e del Piemonte, dott. Luca Zaia e dott. Alberto Cirio, di considerare il Progetto stesso praticabile non più nella sua forma originaria, ma soltanto in una variante riduttiva della sua valenza strategica, consistente nel c.d. “modello Corneliani” (e cioè nella prevalenza della componente azionaria privata, meglio se rappresentata da fondi di private equity) e dunque nella conversione di un intervento di politica industriale a mera operazione di cessione dei siti di Mel e Chieri“.
Poi il ritorno delle deleghe alla Todde e il tavolo del 23 aprile con i rappresentanti di ministero del Lavoro, Regioni Veneto e Piemonte, Prefetti di Torino e di Belluno, sindaci del Bellunese e del Torinese, sindacati, commissario straordinario di ACC, curatore fallimentare di Ventures e Gruppo Whirlpool, “nel corso del quale ha affermato che il Governo aveva deciso di presentare un emendamento all’art. 37 D.L. 41/2021 per consentire ad ACC di vedersi erogato il supporto finanziario indispensabile alla sua continuità industriale e occupazionale e di costituire il “nocciolo duro” della futura ItalComp”. Ma il 4 maggio, con due comunicati, “il Ministro e la Vice-Ministro dello Sviluppo Economico hanno reso palese il loro dissenso su ItalComp e smentito quanto dal Governo affermato al “tavolo di crisi” di pochi giorni prima, certificato dalla diffusione di una bozza del Verbale d’Incontro eseguita formalmente dallo stesso Mise a tutti gli altri intervenuti per la verifica delle loro dichiarazioni”.
La mancata presentazione dell’emendamento governativo “ha privato ACC dell’ultima possibilità di essere messa in sicurezza, condannandola a una rovinosa cesura della sua attività produttiva e di fatto insieme inibendo la sua stessa cessione e vanificando lo scopo dell’amministrazione straordinaria promossa dal
Mise nel 2020; in questo modo, il Governo ha vistosamente disatteso gli impegni costantemente assunti in modo ufficiale”.