Si è trasformato da vittima in carnefice, rendendosi protagonista di numerosi crimini di guerra e contro l’umanità come omicidi, stupri, matrimoni forzati, gravidanze forzate e sfruttamento di bambini soldato. A sette anni dalla sua cattura, Dominic Ongwen, ex comandante dell’Esercito di resistenza del signore (Lra), il gruppo armato fondamentalista cristiano guidato da Joseph Kony, è stato condannato dalla Corte penale internazionale de L’Aja a 25 anni di carcere per 61 crimini.
Il guerrigliero ugandese 41enne non ha ricevuto la pena massima, l’ergastolo, solo perché i giudici del tribunale hanno considerato un’attenuante il fatto che lui stesso, nato nel 1975 nel villaggio di Choorum, nel nord del Paese, è stato rapito e trasformato all’età di 9 anni in un bambino soldato al servizio dei fondamentalisti cristiani.
La dichiarazione di colpevolezza per i 61 reati era stata pronunciata già a febbraio, ma i suoi legali hanno annunciato che ricorreranno in appello. Il giudice Bertram Schmitt ha spiegato che la condanna al carcere è stata decisa pesando la brutalità di Ongwen, il desiderio di giustizia delle vittime e il suo stesso drammatico passato. “Affrontiamo una situazione unica, un perpetratore che volontariamente ha inflitto tremende sofferenze alle sue vittime – ha spiegato il giudice – Tuttavia, affrontiamo anche un perpetratore che in precedenza ha sopportato estrema sofferenza per mano del gruppo di cui è poi diventato un membro e leader di prima linea”. Ongwen, che in aula indossava mascherina e auricolari, non ha reagito alla pronuncia della sentenza, di cinque anni più pesante rispetto a quella richiesta dall’accusa.
L’Esercito di resistenza del signore opera, anche se dal 2017 è considerato ridotto a poche decine di fedeli, in diversi Paesi dell’Africa centrale come l’Uganda, il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica Centrafricana e il Ciad. Il suo leader, Joseph Kony, uno dei terroristi più ricercati al mondo, si pensa sia nascosto in Sud Sudan. La sua figura è salita alla ribalta internazionale nel 2012, quando uscì il documentario Kony 2012 che diede il nome all’omonima campagna che aveva l’obiettivo di attirare l’attenzione sulle brutalità commesse dal gruppo estremista che faceva largo ricorso al sequestro di bambini africani per trasformali in guerriglieri fedeli alla causa.