Si raffreddano gli entusiasmi inizialmente manifestati da molte capitali europee verso la proposta di Joe Biden di liberalizzare i brevetti sui vaccini anti Covid. Mario Draghi spiega come la misura non comporterebbe un aumento della produzione di fiale. "Ci sono le grandi case farmaceutiche hanno avuto sovvenzioni governative imponenti. Semplicemente si potrebbe dire che ci si aspetta qualcosa in cambio", ribadisce il presidente italiano. Bruxelles rimarca come l'Ue sia l'unica ad autorizzare consistenti esportazioni di dosi verso altri paesi. Tra i temi del vertice anche gli effetti della pandemia che, ha spiegato Draghi, ha fatto esplodere le divergenze di territorio e di genere
“La proposta di Biden ha aperto una porta, poi vedremo. C’è chi protegge la sacralità del brevetto e chi è più aperto”, dice il premier Mario Draghi al termine del vertice europeo di Oporto, aggiungendo che “La posizione di Biden deve essere ancora capita nella sua completezza”. “La questione è molto più complessa” della sola liberalizzazione dei brevetti dei vaccini perché “farlo sia pur temporaneamente non garantisce la produzione dei vaccini che è molto complessa. E poi la produzione deve essere sicura e questo non viene garantito dalla liberalizzazione dei vaccini. La situazione è molto molto più complicata”.
“Prima di arrivare” alla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini “bisognerebbe fare cose più semplici tipo la rimozione del blocco alle esportazioni che oggi gli Stati Uniti per primi e il Regno Unito continuano a mantenere. E’ dato di oggi che l’Europa esporta tanto quanto ha dato ai propri suoi cittadini: il 50% della produzione dell’Unione è andata al Canada o a Paesi che bloccano le esportazioni”, ha continuato il presidente italiano. Che quella sui brevetti “sia una mossa tattica diplomatica degli Stati Uniti per battere la politica internazionale del vaccino di Russia e Cina non lo credo perché i numeri di oggi fan vedere che questa è una cosa per il momento molto buffa. La Russia ha annunziato 750milioni di dosi, finora ne ha consegnate sei. La Cina 600 milioni e ne ha consegnate 40. Non sono avversari tali da impensierire gli Usa”, ha inoltre precisato Draghi.
Una posizione più prudente rispetta a quella che era trapelata ieri sera da cui sembrava emergere un’adesione più convinta del presidente del Consiglio alla linea Biden. “In un contesto di rimozione del blocco alle esportazioni, vedo con favore la proposta del presidente Biden”, aveva affermato ieri, a quanto si è appreso, Mario Draghi. Il presidente Draghi avrebbe argomentato la sua posizione spiegando che “Siamo di fronte a un evento unico: milioni di persone che non sono in condizione di acquistare i vaccini stanno morendo. Le case farmaceutiche hanno ricevuto finanziamenti enormi dai governi, e a questo punto ci sarebbe quasi da aspettarsi che ne restituissero almeno una parte a chi ha bisogno. Persone che conoscono bene la materia mi dicono che una misura temporanea e ben congegnata non rappresenterebbe un disincentivo per l’industria farmaceutica”. Quest’ultimo aspetto è stato comunque ribadito poco fa da Draghi: “La posizione di Biden sui brevetti “credo che venga da una constatazione: ci sono milioni di persone che non hanno accesso ai vaccini o per mancanza di distribuzione o per mancanza di denaro, che stanno morendo. Ci sono le grandi case farmaceutiche hanno avuto sovvenzioni governative imponenti. Semplicemente si potrebbe dire che ci si aspetta qualcosa in cambio”.
In generale l’Unione europea ha assunto una posizione nella forma aperta alla proposta Biden ma nella sostanza piuttosto chiusa. Gli entusiasmi iniziali si sono infatti molto raffreddati dopo che la cancelliera Angela Merkel ha espresso la sua contrarietà affermando che “Mancano le capacità produttive, il problema non è la liberalizzazione dei brevetti”. Oggi Merkel ha ribadito la sua opposizione e ha invitato gli Stati Uniti a consentire l’esportazione dei vaccini e dei loro componenti. “Vorrei che ora che gran parte della popolazione americana è stata vaccinata, possiamo avere un libero scambio di componenti e anche un’apertura del mercato dei vaccini”, ha detto.
Il presidente francese Emmauel Macron, uno dei primi a spendere parole a favore della liberalizzazione dei brevetti, ha fatto rapidamente marcia indietro infarcendo di distinguo la sua presa di posizione iniziale. Già ieri era apparso molto più cauto e poco fa ha spostato l’attenzione sul tema dell’esportazione delle fiale. “Non possono rimproverare lentezza” e mancanza di solidarietà all’Ue. ha affermato il presidente Marcon. “Su 400 milioni di dosi di vaccino prodotte, ne abbiamo esportate 200 milioni. Siamo stati più lenti con le campagne di immunizzazione in Europa perché siamo stati aperti fin dall’inizio. Gli Stati Uniti per ora hanno esportato solo il 5% a Canada e Messico, mettano fine” alle restrizioni sull’export.
La presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen ha detto che sulla deroga sui brevetti “siamo aperti alla discussione”, ma è una questione che riguarda “il lungo termine”. Quindi “non dobbiamo perdere di vista le cose più importanti. Dobbiamo aumentare la produzione, e dobbiamo fare in modo che le dosi siano distribuite in modo equo” . – “L’Ue è la farmacia del mondo e aperta al mondo”, ha aggiunto, “abbiamo esportato 200 milioni di dosi, invitiamo altri a fare lo stesso, è il modo migliore per affrontare i colli di bottiglia”.
Nel primo pomeriggio la presidente della Commissione ha incontrato il premier indiano Narendra Modi per discutere anche della drammatica situazione epidemiologica del paese asiatico. “L’incontro di oggi con Narendra Modi non potrebbe essere più tempestivo. L’Ue è al fianco dell’India in questo momento così difficile. Discuteremo anche come rafforzare ulteriormente la nostra partnership strategica. Unione europea e India possono ottenere molto di più lavorando insieme”, ha scritto von der Leyen, su Twitter.
Today’s meeting with @narendramodi could not be more timely.
The EU stands at India’s side in this most challenging time.
We will also discuss how to further strengthen our strategic partnership.The ???????? and ???????? can achieve a lot more by working “Ek Saath” – together. pic.twitter.com/HsZmDtEsLD
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 8, 2021
Il cambio di rotta – Va detto che gli stessi Stati Uniti sono stati protagonisti di un’inversione a “U”. Lo scorso 12 marzo la Casa Bianca, insieme a tutti i paesi occidentali e al Brasile, si era opposta, in sede Wto, alla richiesta di liberalizzazione delle licenze avanzata da India e Sud Africa. Proposta un po’ ampia rispetto a quella avanzata ora dagli Usa, focalizzata sul solo vaccino. Sta di di fatto che in un mese e mezzo sono cambiate tante cose. Il programma vaccinale statunitense è ormai a buon punto, i big della farmaceutica Usa i contratti ormai se li sono assicurati e, in ogni caso, i profitti li stanno facendo e faranno. Per contro quello che sta accadendo in India rischia di ingrippare quella catana globale di commercio e produzioni con conseguenze economiche a livello globale e quindi anche per gli Usa. A questo punto, per quanto poco possa aiutare nell’immediato, ben venga anche il passo della liberalizzazione.
Che la liberalizzazione dei brevetti non sia la soluzione di tutti i nostri mali lo sanno tutti e nessuno si illude del contrario. Una volta che la formula è a disposizione servono impianti, tecnologie e materiale per realizzare le dosi. Non è qualcosa che si fa dall’oggi con il domani. Tuttavia la liberalizzazione dei brevetti ha un significato simbolico importante ed è una precondizione necessaria per sviluppare una rete globale di siti “presidio”, in grado di produrre vaccini che utilizzano tecnologie mRna. Una tecnica innovativa utilizzata contro il Covid e in grado di fornire risposte farmaceutiche rapide a questo ed eventuali futuri virus.
Gli altri temi del vertice – L’incontro in Portogallo dei leader europei è stato occasione anche per discutere di altri temi come le politiche per l’occupazione e il mercato del lavoro. La dichiarazione finale “come tale non sembra essere di grande importanza a prima vista, ma non è così: il momento è la fine di un lungo viaggio nel campo della tutela dei diritti sociali. Sembra ovvio ma è un processo che iniziò nel 2017, allora lanciato dal presidente della commissione Juncker. Ci sono voluti quattro anni per portare tutto il Consiglio europeo a condividere una prima forma di coordinamento dei mercati del lavoro e soprattutto dei diritti sociali”, ha sottolineato Mario Draghi al termine del vertice parlando di un passo “importante” sui diritti sociali. – “Il mercato del lavoro sta subendo mutamenti straordinari per la pandemia ma anche per la transizione energetica ed ecologica quindi avere un complesso di standard minimi con obiettivi, date fissate e un monitoraggio attento, si spera, da parte della Commissione è una garanzia importante. Molte delle diseguaglianze di genere, di territorio, con il mercato del lavoro duale con la pandemia sono esplose e quindi uno strumento di questo tipo a livello europeo è un passo che al di là della dichiarazione, contenuta su alcuni punti, è importante perché impegno proseguire il lavoro con norme e altri provvedimenti”, ha aggiunto il presidente del Consiglio.
La dichiarazione di Oporto “deve essere accompagnata da politiche di contorno parte delle quali sono state messe in atto nella pandemia, parte delle quali sono politiche fiscali e di bilancio. Io ma anche altri” leader europei “hanno fatto riferimento sia al programma Sure che è un inizio di sussidio alla disoccupazione a livello europeo e un piccolo passo verso la creazione di un mercato comune di lavoro. Ma anche la necessità che certe politiche espansive di bilancio non vengano ritirate troppo presto finché la ripresa non venga consolidata”, ha spiegato il presidente del Consiglio. Poche ore dopo arriva però la replica del premier olandese Mark Rutte che sulla possibilità di rendere strutturale il Sure puntualizza: “Non ne abbiamo discusso al vertice. Forse non ero attento”. Per l’Olanda il programma SURE adottato dall’Unione per il mantenimento dei livelli di occupazione durante la pandemia “rimane una misura una tantum”.