Un tempo era il Giro degli italiani. Rimane il Giro d’Italia. L’edizione 2021 che parte sabato da Torino e arriverà il 30 maggio a Milano, percorrendo per tre settimane tutto il Paese da Nord a Sud (soprattutto a Nord, visto che non si scenderà più in basso di Foggia, escludendo tutto il resto del Meridione), promette tanta salita, poca cronometro, un sacco di pretendenti alla maglia rosa, da Bernal al fenomeno Evenepoel. Ma praticamente nessuna speranza azzurra.

Non è una novità. Lo scorso ottobre, quando si è concluso il Giro 2020, sul podio non c’era un italiano. E nemmeno fra i primi cinque, cosa mai successa nella storia. Stavolta, anche finire in Top Ten non è scontato. Sulle cause della crisi del movimento Il Fatto Quotidiano ha dedicato una lunga inchiesta negli scorsi mesi. La situazione non è cambiata. L’Italia si aggrappa ancora a Vincenzo Nibali, fuoriclasse assoluto, che però si presenta ai nastri di partenza con 36 anni sul groppone e una frattura al polso appena smaltita che ne aveva messo in dubbio persino la partecipazione: già prima dell’infortunio i piani non erano di far classifica, a maggior ragione adesso sarà difficile chiedere allo Squalo più di una vittoria di tappa.

Non ci sono altri assi, almeno per la maglia rosa. La prima potrebbe indossarla Filippo Ganna, unica vera stella azzurra in questo momento, che punterà a bissare la straordinaria edizione dello scorso anno, quando vinse quattro frazioni (ma per la generale è un’altra storia). Per i successi di tappa ci saranno anche i vari Formolo, Ulissi, Bettiol, per le volate Viviani e Nizzolo. Quando però si comincerà a fare sul serio, sulle grandi salite, i nostri rischiano di fare da spettatori. Di Nibali si è già detto. Ancora più vecchio, ormai alle porte dei 39 anni, Pozzovivo. Damiano Caruso e Giulio Ciccone potrebbero avere nelle gambe la Top Ten, una sorpresa potrebbe arrivare dal giovane Fabbro e il giovanissimo Aleotti (secondo al Tour baby nel 2019). Ma tutti rischiano di essere relegati al ruolo di gregari nelle loro squadre, che poi è un altro dei grandi problemi del movimento (l’assenza di un team italiano che permetta ai nostri ragazzi di giocarsi le loro chance da protagonisti).

Così, salvo sorprese, sarà ancora un Giro degli stranieri. I grandi nomi non mancano comunque. Uno su tutti: Egan Bernal, vincitore del Tour 2019, per forza di cose favorito d’obbligo della vigilia. Subito a ruota, Simon Yates, che il Giro l’aveva praticamente vinto nel 2018 (fu in testa per 13 tappe ma crollò negli ultimi giorni). Se il colombiano non corre da marzo, il britannico è in perfetta forma (forse pure troppo, e troppo presto). Le incognite ci sono persino per loro. E poi il ciclismo post Covid è imprevedibile: nel 2020 Giro e Tour sono stati vinti da due outsider (Geoghegan Hart e Pogacar), il trend potrebbe continuare. Dal russo Vlasov agli spagnoli Landa e Bilbao, fino al portoghese Almeida, l’inglese Carthy e l’australiano Hindley (secondo nel 2020), sarà una sfida globale, in cui ci sono almeno una decina di corridori da podio. I riflettori, però, saranno quasi tutti per uno: Remco Evenepoel, il fenomeno belga del 2000, il nuovo Merckx, al debutto assoluto in un Grande Giro. La curiosità per vedere il più grande talento degli ultimi vent’anni cimentarsi in una corsa a tappe è enorme. Per i bookmaker potrebbe addirittura vincere. Però è reduce dal terribile incidente all’ultimo Giro di Lombardia e almeno dichiaratamente non farà classifica. Si vedrà.

Anche il percorso si presenta interessante. Tantissimi arrivi in salita, addirittura otto, il più iconico lo Zoncolan, tre nei primi nove giorni: niente pretattica, già dalla prima settimana si potrà magari non vincere, ma sicuramente perdere il Giro. A ben guardare, però, non ci saranno nemmeno veri tapponi alpini: cerchiata in rosso la 16° tappa con l’arrivo a Cortina, unica con tanto chilometraggio e dislivello, bisognerà scoprire dove fare la differenza. Pochissima cronometro: soltanto il prologo (breve) e il gran finale a Milano, 30 km che però a fine corsa tradizionalmente fanno meno selezione. Un giro da scalatori puri, insomma, con l’incognita dello sterrato (nella tappa di Montalcino), che nelle corse a tappe ha sempre fatto sfracelli. Se non ci sarà da festeggiare per gli italiani, speriamo almeno da divertirsi.

Twitter: @lVendemiale

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