Le Rsa riaprono e i parenti degli ospiti potranno tornare a far visita ai loro familiari, seguendo il protocollo di sicurezza vagliato dal Cts che prevede, tra le altre cose, il green pass e le visite preferibilmente in spazi all’aperto. Dopo 15 mesi di isolamento, nonostante gli anziani siano stati tra i primi ad essere vaccinati come denunciato a marzo da Ilfatto.it, il ministro della Salute Roberto Speranza: “Ho appena firmato l’ordinanza che consentirà le visite in piena sicurezza in tutte le Rsa. Ringrazio le Regioni e il Comitato tecnico scientifico che hanno lavorato in sintonia con il ministero della Salute per conseguire questo importante risultato”, scrive in un post su Facebook. “È ancora necessario mantenere la massima attenzione e rispettare le regole e i protocolli previsti, ma condividiamo la gioia di chi potrà finalmente rivedere i propri cari dopo la distanza indispensabile per proteggerli”.
Come anticipato dalla consulente del ministro, Sandra Zampa, a Ilfattoquotidiano.it, nelle more di una revisione del decreto che in piena pandemia aveva chiuso le Residenze sanitarie assistenziali dando al direttore sanitario la discrezionalità sulle eccezioni, il ministro ha quindi riaperto le porte delle strutture che ospitano anziani non autosufficienti con una propria ordinanza, disciplinando le visite sulla base delle regole proposte dalle Regioni e approvate dal Comitato tecnico scientifico. Ai direttori sanitari delle Rsa viene lasciata la facoltà di adottare “misure precauzionali più restrittive” solo in base al “contesto epidemiologico” per prevenire possibili focolai.
Il protocollo condiviso da Regioni, Cts e ministero della Salute prevede una programmazione della visite basata sulle “condizioni” della struttura, del parente che fa ingresso nella Rsa e dell’ospite che tenga in conto età, fragilità e vaccinazione. Non solo: la “pianificazione degli accesi” deve considerare anche i “bisogni clinico-assistenziali-terapeutici” e anche “psicologici, affettivi, educativi e formativi” affinché il “protrarsi del confinamento” a causa della pandemia non configuri mai una “situazione di privazione de facto della libertà” delle persone. Motivo per il quale nella “massima sicurezza”, l’ordinanza prevede anche la possibilità di “uscite programmate” e “rientri in famiglia” attraverso una “specifica regolamentazione” da parte dei responsabili.
Alla base delle visite, come per tutte le attività riaperte in questo periodo, c’è il ‘green pass’ Covid-19: i visitatori dovranno quindi essere vaccinati o aver effettuato un tampone nelle 48 ore precedenti alla visita oppure avere gli anticorpi in seguito all’infezione da Sars-Cov-2. Sul punto, come chiarito da fonti del ministero della Salute a Ilfattoquotidiano.it, resta inteso che – fino a quando non sarà disponibile il green pass – saranno validi titoli equipollenti: quindi basterà un certificato di tampone effettuato nelle 48 ore precedenti o il certificato vaccinale. Tutti gli incontri dovranno essere spalmati nel corso della giornata per evitare assembramenti e in ogni caso ogni ospite non potrà ricevere più di due visitatori alla volta. Una regola per la quale sono previste eccezioni solo in caso di particolari condizioni cliniche-psicologiche, come una “fase di fine vita” o se l’ospite è un minorenne.
Sono inoltre previsti “percorsi distinti di accesso e uscita”, l’utilizzo della mascherina FFP2 e il protocollo prevede la possibilità di “prendere considerazione” il “contatto fisico” in “particolari condizioni di esigenze relazionali/affettive”. Si chiede poi di “privilegiare” gli incontri “in spazi aperti”, dedicati alle visite. Nel caso in cui venissero utilizzate sale interne, il protocollo impone di “indentificare spazi idonei, ampi e arieggiati”. Nel caso in cui l’ospite sia una persona allettata e condivida la stanza con persone non vaccinate, la visita “può essere effettuata da una parte di un solo familiare”. Ai parenti viene richiesta la “corresponsabilizzazione” nell’ottica, si legge nel testo, della “massima condivisione delle scelte assunte”. Tra le altre indicazioni, anche quella del modello delle “bolle sociali” con “l’assunzione di responsabilità nelle condotte da assumere anche al di fuori della struttura”.