Come sanno le lettrici e i lettori di questo blog, il 5 novembre 2018 l’università “La Sapienza” di Roma ha inaugurato la cattedra ‘King Hamad Chair for inter-religious dialogue and peaceful co-existence’, un’iniziativa, come si legge sul sito ufficiale dell’ateneo, “atta a promuovere una maggiore comprensione delle relazioni tra culture e religioni diverse tra le generazioni più giovani, ponendosi come antidoto all’estremismo e alla radicalizzazione”.
Dall’istituzione della cattedra intitolata al loro re, le autorità del Bahrein si sono spesso appellate a questo riconoscimento per proiettare sullo scenario internazionale l’immagine di uno Stato tollerante verso altri credi e culture piuttosto che di un regime che da 10 anni viola gravemente i diritti umani.
Il 5 febbraio 2021 per esempio, in occasione della Giornata internazionale della fraternità umana, Jamal Faris Al-Ruwaie, il rappresentante permanente del Bahrein presso le Nazioni Unite a New York, ha citato la cattedra tra le iniziative intraprese per promuovere una cultura di pace e fratellanza.
Amnesty International Italia, Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain, the European Centre for Democracy and Human Rights, the Bahrain Institute for Rights and Democracy e International Peace Bureau hanno trasmesso alla rettrice de “La Sapienza”, Antonella Polimeni, una lettera nella quale illustrano il trattamento – del tutto stridente con la denominazione della cattedra – riservato dalla famiglia reale, di confessione musulmana sunnita, ai membri della comunità sciita del paese, che rappresentano il 70 per cento dell’intera popolazione bahreinita.
Particolarmente rilevanti sono le discriminazioni che gli studenti sciiti subiscono nelle scuole di ogni livello di istruzione. Il governo del Bahrein consente a un’unica scuola sciita, la Jaafari Institute, di operare legalmente all’interno del paese. Quanto alle borse di studio, il processo di selezione si basa fondamentalmente su colloqui che includono domande riguardanti le credenze religiose dei candidati.
Sottolineato che la collaborazione tra “La Sapienza” e lo Stato del Bahrein è stata decisa dal precedente rettore, le organizzazioni firmatarie si sono appellate alla rettrice, che ha assunto l’incarico il 1° dicembre 2020, chiedendole “un maggiore impegno nella promozione dei valori fondanti dell’università, quali la libertà di pensiero e di ricerca per garantire il pluralismo delle culture e delle idee, attraverso la cessazione del partenariato tra l’Università della Sapienza e il regno del Bahrein, con particolare riferimento all’accettazione di capitali per la promozione della cattedra”.
“L’accostamento a un ateneo rinomato quale è ‘La Sapienza’ – conclude la lettera – fornisce infatti al Bahrein la copertura ideale per continuare a perpetuare la violazione di diritti fondamentali, come la libertà di religione, uscendone in qualche modo pulito agli occhi di osservatori internazionali poco attenti”.