Documenti, carte, faldoni: l’intera memoria della Repubblica chiusa dentro milioni di fogli ancora in parte disorganizzati e non fruibili dal pubblico. Ma passo dopo passo qualcosa si muove. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha reso noto ieri che saranno a breve versati all’Archivio storico di Montecitorio i documenti dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sul Sifar, l’ex intelligence italiana che venne travolta da uno scandalo nel 1964. Costituita nel marzo del 1969, concluse i lavori nel dicembre del 1970. Forse i più anziani la ricordano per quella tragica immagine del generale Giorgio Manes, il “grande accusatore” del generale De Lorenzo, capo del Sifar: in attesa di rendere testimonianza davanti alla commissione, beve un caffè e muore di infarto.
I documenti di quella commissione sono voluminosi: 131 sedute, 518 ore complessive di riunione, 74 testi ascoltati, 23 dei quali riascoltati, 16 confronti, 5862 pagine complessive dei verbali delle deposizioni, 500 documenti acquisiti. “C’è molta roba”, dice al fattoquotidiano.it Piera Amendola, storica e stimata archivista della Commissione P2, collaboratrice di Tina Anselmi. “Ben venga l’iniziativa del presidente Fico, è troppo tempo che aspettiamo. Pensate che esiste ancora una piccola zona segreta nel Fondo della P2, per non parlare delle audio-cassette degli interrogatori svolti durante quella inchiesta: materiale preziosissimo che non può essere disperso”. Immaginate, in effetti, la differenza tra la lettura ‘fredda’ di un resoconto stenografico e l’emozione e il valore aggiunto di una voce: “Quella di un capo dei servizi segreti del nostro paese che cerca di accampare motivazioni inverosimili per giustificare la sua adesione alla loggia di Gelli – continua Amendola – o quella arrogante di un politico che comincia ad urlare e sbattere il pugno sul tavolo per intimidire, senza riuscirci, l’onorevole Anselmi; o ancora quella interrotta dal pianto del giornalista a suo dire pentito; o quella ridicola del generale che chiedeva di andare continuamente alla toilette …”.
Anche i documenti della Commissione Inquirente, istituita nel 1953 per valutare i procedimenti d’accusa, poi sostituita dal Tribunale dei ministri, sono ancora segretati: custodisce circa 300 procedimenti relativi a reati ministeriali, che rappresentano buona parte della storia della corruzione politica governativa della prima Repubblica. Eppure, salvo le relazioni al Parlamento, tutto è stato ed è rimasto segreto. A partire dalla XI legislatura tutta la documentazione acquisita dalle commissioni di inchiesta è stata informatizzata. Se dunque nel passato i documenti erano pubblicati a stampa, da quel momento avrebbero dovuto essere consultabili (nella parte pubblica) nella loro versione informatica. Ilaria Moroni, direttrice dell’Archivio Flamigni, in prima linea in tutte le operazioni di disvelamento delle carte, è molto soddisfatta dell’imminente creazione di un Portale comune di Camera e Senato, annunciato sempre nella giornata di ieri dal Presidente Roberto Fico:” È tanto che lo aspettiamo, è davvero una buona notizia. Questa legislatura può ancora fare molto e davvero caratterizzarsi come quella che ha dato maggiore impulso alla desecretazione. Naturalmente ci sarà bisogno di molto lavoro per consentire una effettiva digitalizzazione degli atti. Gli archivi online sono importanti ma fino ad oggi consentono agli studiosi di conoscere solo una parte della documentazione e non gli elenchi di ciò è conservato. Occorre fare di più. L’importanza degli archivi delle commissioni parlamentari è enorme, proprio perché hanno il potere di inchiesta, esercitato al fine di acquisire dati ed elementi utili per la predisposizione di leggi e per controllare l’attività del governo e dei pubblici poteri in genere, e dì lì possono arrivare notizie e dati altrimenti sconosciuti. Se la comunità di studiosi potesse accedere a quel lavoro conquisterebbe un enorme ‘potere’ conoscitivo che deve rimanere collettivo. Finchè è nelle mani di pochi, è un potere per quei pochi”.
Tra i materiali di cui ci si aspetta presto una totale liberalizzazione ci sono quelli della Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Sindona – maggio del 1980, marzo del 1982. Sono stati pubblicati i volumi delle relazioni conclusive e i resoconti delle audizioni, negli ultimi anni sono state declassificate altre carte ma non c’è un quadro complessivo dell’archivio e dei documenti allora acquisiti: potrebbero esserci addirittura alcune sorprese. Più difficile immaginare novità dal Comitato parlamentare servizi segreti: si occupa da 40 anni di tutte le vicende che direttamente o indirettamente coinvolgono la nostra intelligence. Riferisce periodicamente al Parlamento ma le sue sedute e la documentazione acquisita sono segrete. Il suo archivio imponente: non mollano niente.