“Se le Rsa non permettono le visite agli ospiti vanno segnalate. È un diritto di tutti gli ospiti e questo oggi è possibile grazie all’ordinanza del ministro della Salute“. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ai microfoni di Rai Radio1 ha così cercato di fugare i dubbi in merito alla riapertura delle Residenze sanitarie assistite che ospitano anziani non autosufficienti e che è stata definita sabato da un’ordinanza ministeriale, accompagnata da un protocollo varato conferenza Stato-Regioni. “Sono stati stabiliti tre elementi per poter far visita ai propri cari ricoverati in Rsa: aver avuto nei tre mesi precedenti il Covid, essere vaccinati o in mancanza di questi due, un tampone negativo nelle 48 ore precedenti. Questi elementi danno pari diritti a tutti di far visita ai propri cari”, ha concluso Costa.
Sicuramente non lo aiutano le dichiarazioni che arrivano proprio dalla regione di Costa, la Liguria, che è pure la più anziana d’Europa. “Dobbiamo tenere presente che se in una struttura protetta entra un parente il rischio è altissimo ed è in quest’ottica che si colloca la giusta prudenza per l’apertura ai parenti nelle Rsa”, ha dichiarato lunedì 10 maggio il presidente della Liguria Giovanni Toti che da una parte associa il rischio al puro status di parente, dall’altra parla di un dell’esistenza di “microcluster” “nonostante i vaccini“. A questo proposito va ricordato che i molte strutture sanitarie e sociosanitarie, liguri come nazionali, non tutto il personale si è sottoposto a vaccinazione, come invece prescriverebbe la legge che le regioni tardano a far applicare.
Il tema della mancata copertura vaccinale del personale è stato sollevato da Alessandro Azzoni che presiede l’associazione Felicita per i diritti nelle Rsa e che ha espresso “il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale, vista la prevista richiesta del Green Pass ai familiari”, che a suo parere rischia “di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti (che solo la Regione Piemonte offre gratuitamente alle Rsa per i familiari degli ospiti), ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari”. Secondo l’associazione, inoltre, “ancora una volta nei fatti sono le Regioni e i sindaci ad avere in mano la palla per far rispettare l’ordinanza attraverso lo stretto controllo sulla loro effettiva applicazione da parte delle singole Rsa”. L’associazione contesta anche l’obbligo per i familiari di firmare il Patto di condivisione del rischio, “una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa che declina le responsabilità della struttura per i rischi infettivi da Sars-cov-2 derivanti dalle visite. Questo a fronte di dati totalmente ignoti sulla situazione vaccinale del personale delle strutture sanitarie che viene in contatto con i degenti”.
“Ho lavorato molto sul tema delle Rsa e sono molto preoccupata perché in realtà la questione è lontana dall’essere risolta. Tanto che risulta che ci sono ancora sette o otto Rsa su 10 che ieri non non hanno affatto aperto. Problema che ci dobbiamo porre”, ha intanto sottolineato su Rai 3, Sandra Zampa, consulente del ministro della Salute e responsabile Sanità del Pd. “Per la riapertura delle Rsa – ha ricordato Zampa – erano state fatte due circolari ministeriali, una a dicembre e una a novembre 2020. Ma non era successo nulla. Sono le regioni che devono far rispettare le circolari ministeriali. Ora è stata fatta un’ordinanza del ministro che invia alle regioni un protocollo messo a punto dalle regioni insieme al ministero. Forse ieri – ha concluso – non erano ancora pronte ma ci dobbiamo attendere che ora si riapra”.
Le conferme dei timori arrivano anche dalle associazioni dei parenti. “Ci stanno arrivando centinaia di messaggi da tutta Italia da parte di persone chenon riescono ancora a entrare nelle Rsa e a rincontrare di persona, dopo 14 mesi, i propri genitori, nonni o amici. Di qui la nostra proposta: le Regioni diffidino o sanzionino le strutture che non aprono senza giustificati motivi“, ha detto all’Ansa il presidente del comitato Open RSA Now Dario Francolino, che si è battuto nelle settimane scorse per ottenere un’ordinanza nazionale. “Purtroppo ieri, prima domenica utile per centinaia di migliaia di persone per rincontrare i propri cari ospiti di residenze socioassistenziali – prosegue Francolino – molte strutture non erano pronte per la riapertura. Spiace doverlo dire perché si sarebbero potute organizzare preventivamente, come alcune hanno fatto, visto che ormai da giorni si parlava di una norma nazionale che sarebbe andata in questa direzione. Questo temiamo nasconda mancanza di impegno e volontà, oltre che mancanza di sensibilità”. Quindi la proposta: “andrebbero fatte diffide alle strutture che non aprono, per poi arrivare, qualora fossero inascoltate, a sanzioni fino alla sospensione dell’accreditamento. Così facendo aprirebbero tutte in una settimana”.
Diritti
Rsa, Costa: “Segnalare strutture che non permettono visite a ospiti”. Comitati parenti: “Revocare accreditamento a chi non apre”
Sandra Zampa: "Sono molto preoccupata perché in realtà la questione è lontana dall’essere risolta. Sono le regioni che devono far rispettare le circolari ministeriali. Ora è stata fatta un’ordinanza del ministro che invia alle regioni un protocollo messo a punto dalle regioni insieme al ministero. Forse ieri non erano ancora pronte ma ci dobbiamo attendere che ora si riapra"
“Se le Rsa non permettono le visite agli ospiti vanno segnalate. È un diritto di tutti gli ospiti e questo oggi è possibile grazie all’ordinanza del ministro della Salute“. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ai microfoni di Rai Radio1 ha così cercato di fugare i dubbi in merito alla riapertura delle Residenze sanitarie assistite che ospitano anziani non autosufficienti e che è stata definita sabato da un’ordinanza ministeriale, accompagnata da un protocollo varato conferenza Stato-Regioni. “Sono stati stabiliti tre elementi per poter far visita ai propri cari ricoverati in Rsa: aver avuto nei tre mesi precedenti il Covid, essere vaccinati o in mancanza di questi due, un tampone negativo nelle 48 ore precedenti. Questi elementi danno pari diritti a tutti di far visita ai propri cari”, ha concluso Costa.
Sicuramente non lo aiutano le dichiarazioni che arrivano proprio dalla regione di Costa, la Liguria, che è pure la più anziana d’Europa. “Dobbiamo tenere presente che se in una struttura protetta entra un parente il rischio è altissimo ed è in quest’ottica che si colloca la giusta prudenza per l’apertura ai parenti nelle Rsa”, ha dichiarato lunedì 10 maggio il presidente della Liguria Giovanni Toti che da una parte associa il rischio al puro status di parente, dall’altra parla di un dell’esistenza di “microcluster” “nonostante i vaccini“. A questo proposito va ricordato che i molte strutture sanitarie e sociosanitarie, liguri come nazionali, non tutto il personale si è sottoposto a vaccinazione, come invece prescriverebbe la legge che le regioni tardano a far applicare.
Il tema della mancata copertura vaccinale del personale è stato sollevato da Alessandro Azzoni che presiede l’associazione Felicita per i diritti nelle Rsa e che ha espresso “il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale, vista la prevista richiesta del Green Pass ai familiari”, che a suo parere rischia “di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti (che solo la Regione Piemonte offre gratuitamente alle Rsa per i familiari degli ospiti), ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari”. Secondo l’associazione, inoltre, “ancora una volta nei fatti sono le Regioni e i sindaci ad avere in mano la palla per far rispettare l’ordinanza attraverso lo stretto controllo sulla loro effettiva applicazione da parte delle singole Rsa”. L’associazione contesta anche l’obbligo per i familiari di firmare il Patto di condivisione del rischio, “una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa che declina le responsabilità della struttura per i rischi infettivi da Sars-cov-2 derivanti dalle visite. Questo a fronte di dati totalmente ignoti sulla situazione vaccinale del personale delle strutture sanitarie che viene in contatto con i degenti”.
“Ho lavorato molto sul tema delle Rsa e sono molto preoccupata perché in realtà la questione è lontana dall’essere risolta. Tanto che risulta che ci sono ancora sette o otto Rsa su 10 che ieri non non hanno affatto aperto. Problema che ci dobbiamo porre”, ha intanto sottolineato su Rai 3, Sandra Zampa, consulente del ministro della Salute e responsabile Sanità del Pd. “Per la riapertura delle Rsa – ha ricordato Zampa – erano state fatte due circolari ministeriali, una a dicembre e una a novembre 2020. Ma non era successo nulla. Sono le regioni che devono far rispettare le circolari ministeriali. Ora è stata fatta un’ordinanza del ministro che invia alle regioni un protocollo messo a punto dalle regioni insieme al ministero. Forse ieri – ha concluso – non erano ancora pronte ma ci dobbiamo attendere che ora si riapra”.
Le conferme dei timori arrivano anche dalle associazioni dei parenti. “Ci stanno arrivando centinaia di messaggi da tutta Italia da parte di persone chenon riescono ancora a entrare nelle Rsa e a rincontrare di persona, dopo 14 mesi, i propri genitori, nonni o amici. Di qui la nostra proposta: le Regioni diffidino o sanzionino le strutture che non aprono senza giustificati motivi“, ha detto all’Ansa il presidente del comitato Open RSA Now Dario Francolino, che si è battuto nelle settimane scorse per ottenere un’ordinanza nazionale. “Purtroppo ieri, prima domenica utile per centinaia di migliaia di persone per rincontrare i propri cari ospiti di residenze socioassistenziali – prosegue Francolino – molte strutture non erano pronte per la riapertura. Spiace doverlo dire perché si sarebbero potute organizzare preventivamente, come alcune hanno fatto, visto che ormai da giorni si parlava di una norma nazionale che sarebbe andata in questa direzione. Questo temiamo nasconda mancanza di impegno e volontà, oltre che mancanza di sensibilità”. Quindi la proposta: “andrebbero fatte diffide alle strutture che non aprono, per poi arrivare, qualora fossero inascoltate, a sanzioni fino alla sospensione dell’accreditamento. Così facendo aprirebbero tutte in una settimana”.
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Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.