Musica

Vasco Brondi a FqMagazine: “L’Italia è maledetta, benedetta, solitaria proprio come una storia d’amore: imperfetta a fatta per stramaledirsi”

Due anni di isolamento tra meditazione, Yoga e viaggi nei borghi italiani. Poi un giorno il “malessere” fisico di tornare alla musica. Vasco Brondi rompe il silenzio e pubblica “Paesaggio dopo la battaglia”, il primo disco dopo la conclusione della fortuna esperienza con Le Luci Della Centrale Elettrica. Un disco che catapulta in una dimensione di verità e suoni che catturano l'ascolto. A FqMagazine Vasco Brondi svela cosa si cela dietro la sua opera discografica  

di Andrea Conti

“Paesaggio dopo la battaglia” rappresenta una tappa artistica importante per Vasco Brondi, dopo la chiusura della sua esperienza con Le Luci Della Centrale Elettrica. Completamente auto-prodotto da CaraCatastrofe (“così non devo discutere per i singoli”) è il primo disco della sua nuova carriera dopo due anni di isolamento dalla musica e a quattro anni dall’ultimo album di inediti. Prima il brano “Chitarra Nera” e poi il singolo “Ci abbracciamo”, una potentissima canzone che sprigiona la libertà di un abbraccio, ormai raro in tempi di pandemia.

“Ci abbracciamo” è un inno al ritrovarsi dopo la pandemia?
Una situazione surreale perché il brano in realtà è nato prima ma poi è diventato attuale. Pensavo solo alla situazione dell’evoluzione digitale-virtuale a discapito degli abbracci e del bisogno di un corpo. Oggi per forza di cose gli abbracci sono diventati rari e gli schermi ancora più presenti.

Punti il dito sulla politica, sui governi e contro i “mille profeti” in “Paesaggio dopo la battaglia”. Sfiducia nella politica?
La nostra è una storia ciclica e mi colpisce come non ci sia evoluzione e si sia sempre fermi su quei punti. È una canzone attualità ma dentro ci sono delle cose cicliche e me ne sono reso conto a posteriori. All’inizio c’è anche il verso che riguarda l’Italia in discesa ‘dalla montagna senza divisa corre tra gli spari’ e poi ci sono rider che corrono tra le macchine. Mi è tornata in mente anche l’Italia del terremoto in Umbria (nel 1997, ndr). Ero un ragazzino, e ricordo una scena del telegiornale che mi è rimasta impressa nella memoria: quando le telecamere la mattina dopo inquadravano le macerie si sentiva urlare il nome di Claudia.

L’Italia di oggi è “maledetta, benedetta o solitaria”?
Tutte e tre insieme. Sono inscindibili. L’Italia di oggi richiama la copertina del disco dove c’è una pandina traballante con alle spalle l’Apocalisse. Il nostro Paese ha avuto 700 vite ed è governata da una legge immutabile e da un cortocircuito di contraddizione. L’Italia è come tuti gli amori: imperfetti e fatti per stramaledirsi.

Perché hai puntato proprio su “Chitarra Nera” come primo singolo?
Da un paio di anni non scrivevo più canzoni. La musica è uscita da sola ma non avevo interesse a scrivere le canzoni. Negli ultimi anni mi sono ripreso musica e scrittura per uno spazio mio. È venuto fuori tantissimo materiale. ‘Chitarra nera’ è proprio la prima canzone che ho scritto e avevo già deciso di farla uscire per prima. L’ho potuto fare perché questo disco è uscito auto-prodotto e non avevo voglia di discutere (ride; ndr).

Cosa hai fatto in due anni senza musica?
Mi sono fermato per una necessità e una forma di protezione ma anche per godermi questo lavoro. Allontanarmi forse era abbastanza immaturo come modo di rapportarsi con quello che faccio. Ma ora ci sono, pubblico il disco, farò poi tour, in autunno mi fermo stacco di nuovo. Sono tornato perché rischio di perdermi quando mi stacco così tanto tra viaggio, studio e l’immersione nella fotografia, nella meditazione e nello yoga. Ho avuto la possibilità, il tempo e il modo per poter approfondire delle cose e poi naturalmente è tornata la necessità di suonare sotto forma di malessere fisico. Ho preso la chitarra, non voglio sembrare romantico, e mi sono sfogato fisicamente. Era come se tutte le cose che avevo attorno mi dicessero ‘questo è il tuo posto’. La musica non mi abbandonerà mai del tutto.

Il silenzio del lockdown cosa ha rappresentato per te?
Un ulteriore spazio di riflessione. Non è cambiato molto rispetto al mio stile di vita. Ero a Ferrara nel mio studiolo. Quando non viaggio sto da solo e scrivo, la sera faccio yoga oppure vado a contatto nella natura, almeno un giorno o un paio di giorni alla settimana. Il lockdown l’ho vissuto come un ritiro di meditazione. Ma il fatto che fosse imposto dall’esterno lo ha reso qualcos’altro. Quando però ci sono cose imposte dall’esterno ho necessità di spazio e di ribellione anche davanti alle cose giuste. Alla fine ho avuto momenti di scoraggiamento e rabbia. In quel periodo ho toccato tutte le sfumature degli stati d’animo ma anche momenti di pace. Anche questa è vita e non è un momento sospeso. Ho vissuto ibernato, qualche ruga mi è venuta. Siamo gli stessi del 2019, questo è un imprevisto e ci ha messo in difficoltà e ci ha colti impreparati all’idea che qualcosa potesse sfuggire al nostro controllo con l’illusione che siamo gli imperatori dell’universo.

A proposito di viaggi nel 2014, per l’album ‘Costellazioni’, hai vissuto tra Londra e New York. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza?
Ho fatto benissimo ad andare in quelle città che rappresentavano delle chimere per un ragazzino di provincia. Anche un po’ per ridimensionarle nel mio immaginario. Mi sono innamorato di San Francisco ma anche di Londra e Parigi e sono città che continuano ad affascinarmi così come i paesi disabitati. Ho avuto l’occasione di poter girare l’Italia in luoghi non turistici dal Friuli all’Emilia Romagna ed è incredibili come ci siano posti così magici.

Hai collaborato con Jovanotti per la hit “L’estate addosso” e Francesca Michielin. Due eccezioni nel tuo percorso musicale. Casualità?
È vero, ho lavorato con loro due e anche con i Tre allegri ragazzi morti. Per me è fondamentale avere una affinità, una vicinanza artistica. Lorenzo lo conoscevo da ragazzino, a sua insaputa, mi ha colpito che avesse fatto il mio nome in una intervista segnalandomi come talento dell’anno. Era il periodo del mio primo disco ‘Canzoni da spiaggia deturpata’ del 2008 e nessuno lo aveva paragonato a ‘Nebraska‘ di Bruce Springsteen. Un complimento imbattuto per quel disco. Così l’occasione di ‘L’estate addosso’ è arrivata per scrivere qualcosa assieme a un amico. Con Francesca Michielin ci conosciamo da 7 anni. Lei era venuta ad un mio concerto a Milano ed era proprio piccola, appena uscita da X Factor. Mi aveva subito colpito la sua autenticità e l’entusiasmo per la musica oltre alla spontaneità mista a timidezza e umiltà. Condividere la musica è condividere un viaggio assieme.

Una curiosità: hai mai giocato sul Web con ‘il generatore di testi di Vasco Brondi’?
(Ride, ndr) No no, me ne hanno parlato, credo ci sia da anni ormai. Forse bisognerebbe aggiornalo!

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