Prima resa dei conti. Nessuna pietà per gli Ulzana in bicicletta. Oggi, la quarta tappa del Recovery Giro scodella un perfido menu, da Piacenza a Sestola, la montagna di Tomba: freddo, salita, fatica infinita. Innaffiata da pioggia a catinelle. Appennini infidi, paciosi a vedersi, terribili a percorrere. Dislivelli sensibili, non ancora killer, però pur sempre 1800 metri racchiusi nella seconda metà della tappa. Due Gran Premi della Montagna, velenosetti assai. Il Montemolino, lunga e disseminata di rampe maligne (una al 20 per cento). L’altra, da Fanano al Colle Passerino, più breve, ma tossica: 4,3 chilometri al 9,9 per cento, con punte al 16 per cento. Test idoneo per verificare lo stato delle cose: tappa trabocchetto. Fine della pacchia per i carneadi come il simpatico olandese Taco van der Hoorn, incredulo vincitore di Canale.
Ganna non si illude. Cederà la maglia. Ma a chi? A un big o a un comprimario? Il copione prevede questa seconda opzione. Ed infatti, pronti, via! Ed è subito fuga, provocata da due belgi (uno è l’illustre Campenaerts). Si accodano altri 23. Il gruppo lascia fare. I 25 leprotti guadagnano minuti. Troppi. Così, Ganna è messo alla frusta dai suoi capitani dell’Ineos. Torna gregario. Le fughe bidone non si sa mai dove ti portano: Roger Walkowiak vinse il Tour del 1956 perché alla settima tappa era dentro una fuga di 31 corridori che giunse al traguardo con 18 minuti e 46 secondi di vantaggio. Col passare delle ore, i fuggitivi si sfilacciano. Pigliano il volo l’estone Rein Taaramae, 34 anni, corridore esperto (17 vittorie in carriera) ed il danese Christopher Juul Jensen.
Di fatto, due corse. Quella dei peones, davanti: intravedono l’en plein, tappa e maglia rosa. Quella dei big, dietro: ci prova Giulio Ciccone, il cugino di Madonna. Aveva vinto a Sestola nel 2016. Lo scudiero di Nibali allunga. In testa, l’americano Joe Dombrowski dopo aver raggiunto Taaramae con Alessandro De Marchi, li lascia e vola verso Sestola. Intanto Ciccone è ripreso da uno scatenato Miguel Landa. E’ bagarre, tra i migliori. Bernal fulmina ciò che resta del gruppo. Mentre Dombrowski trionfa e il friulano De Marchi, secondo a 13”, cattura la maglia rosa, Bernal raggiunge in un amen Vlasov, Ciccone, Landa e Carthy. Picchiano sui pedali e rubano 11 preziosi secondi a Yates, Bardet, Martin e Evenepoel.
Nibali busca da Bernal e soci 34”: brutto sintomo. E’ bastata la prima vera salita e c’è già sparpaglìo in classifica. Prima sentenza: lo spavaldo portoghese Joao Almeida dice addio alle sue ambizioni, quasi sei minuti di ritardo. L’hanno bastonato assai nei denti. Domani, calma piatta sino a Cattolica. Pane per gli affamati velocisti.