“È una mappa sentimentale di incontri e grandi amicizie raccontate da canzoni senza tempo.” A parlare di Planetario (Squi[libri] Editori, 2021), il suo quinto album da solista, è il cantautore calabrese Peppe Voltarelli. Un disco prodotto da Sergio Secondiano Sacchi e da Daniele Caldarini per Cose di Amilcare.
L’ex cantante de Il Parto delle Nuvole Pesanti fa sua la grande canzone d’autore: da Jacques Brel a Bob Dylan, da Leo Ferré a Vysotskij, con duetti di eccezione come: Joan Manuel Serrat, Adriana Varela, Silvio Rodrìguez e Amancio Prada. “È un coraggioso manifesto di una libertà espressiva – continua Voltarelli – che va oltre confini e frontiere, appartenenze e malintese identità.”
Un disco di altri tempi sia per il repertorio scelto che per gli arrangiamenti. Bellissimo il digipak, come tutti quelli di Squi[libri], realizzato con le opere dell’artista Anna Corcione, e un voluminoso booklet che contiene diversi racconti tra cui uno dello stesso cantautore. Voltarelli si conferma un interprete di razza, uno dei pochi artisti capaci di risalire con coraggio l’inarrestabile corrente dell’industria discografica con la bellezza della grande musica d’autore. “Non possiamo ridurre la durata di questo lavoro a pochi istanti, ci vuole tempo e questo tempo ha un valore che tutti devono imparare a rispettare.”
Il disco dal profumo esotico si apre con “Piccola serenata diurna”, cantata insieme allo stesso Silvio Rodríguez, già interpretata da Fiorella Mannoia. Poi c’è la regina del tango Adriana Varela e Joan Isaac che interpreta con Voltarelli il suo brano più famoso “Margalida”. E infine gli unici due italiani: Sergio Endrigo con “La prima compagnia” e Domenico Modugno con “Musetto”.
“Marinai” è l’unico brano di Peppe Voltarelli presente nel disco, ricantato in una intensa versione catalana insieme alla bellissima voce di Rusó Sala.
Come hai scelto gli autori le canzoni da interpretare?
Tutto è cominciato con uno spettacolo dedicato alle canzoni sui porti del nord Europa come Amsterdam Ostenda e Rotterdam. Volevamo fare una mappatura sentimentale delle canzoni e degli autori amati e incontrati nei miei viaggi in Europa ma anche in America. È stato un lavoro fatto insieme a Sergio Secondiano Sacchi che si è occupato delle traduzioni. Abbiamo scelto brani di grandi autori come Leo Ferrè, che è presente nel mio repertorio da molti anni. Ci tenevo poi ad avere alcuni brani come “La Manic” e “Garganta con arena” visto il mio forte legame con l’Argentina e il Canada. La canzone spagnola e catalana, invece, è stata una scoperta dovuta alle frequentazioni del Festival Barnasants di Barcellona, dove attraverso il lavoro di Cose di Amilcare mi sono appassionato ad Amancio Prada, Joan Isaac, Ruso Sala e i grandi Sabina J.M Serrat e Silvio Rodríguez.
Ci sono diversi ospiti di eccellenza, come hai avuto modo d’incontrarli?
Adriana Varela l’avevo conosciuta a Buenos Aires durante una tournée e dopo essere stato suo ospite in Radio mi ha invitato a cantare con lei alla Trastienda; oppure Joan Isaac, con cui aveva partecipato allo spettacolo “Storie d’amore e d’anarchie”. Mentre Silvio Rodríguez, J.M Serrat e Amancio Prada sono degli autori che ha coinvolto Sergio, visto la loro lunga amicizia. Come anche la bravissima Ruso Sala.
Ha ancora senso fare dei dischi fisici oggi?
Penso di sì, se non altro per contrastare il dominio delle grandi multinazionali digitali a favore del piccolo artigianato locale, che esiste ed ha diritto a sopravvivere. Questo è anche uno dei motivi che ci ha spinto a non pubblicare subito il lavoro su Spotify, proprio per sottolineare che il trattamento economico che questa piattaforma riserva agli artisti è secondo noi offensivo. E noi per primi abbiamo l’obbligo di far rispettare il nostro lavoro anche imparando a dire no o semplicemente cercando strade alternative contro omologazione e sfruttamento.
Gli unici italiani che hai scelto sono Endrigo e Modugno, come mai?
Modugno e Sergio Endrigo per me sono sempre stati dei modelli. Entrambi hanno dedicato molto delle loro carriere al legame tra canzone e poesia, inoltre sono stati autori molto amati all’estero e non solo dalla collettività di origine italiana, basti pensare al legame tra Endrigo e la canzone brasiliana, ancora oggi nelle radio in Cile, Argentine e in Nord America sono programmate le loro canzoni.
Interpretare canzoni può essere considerato un lavoro d’autore?
Senza dubbio le canzoni si trasformano e si plasmano sul corpo e nella voce di chi le canta, l’importante é crederci e illudersi, se questo ti riesce allora la canzone diventa tua e l’autore originario diventa il tuo amico speciale.
Cosa hai fatto in quest’anno sospeso?
Ho pensato molto, ho pensato che purtroppo da alcuni anni in Italia è in atto una politica culturale che tende a privilegiare dei potentati economici e aziendali che monopolizzano gli spazi, compresi quelli dei live. Questo fa male alla musica perché pialla i contenuti e le offerte a pochi prodotti molto simili tra loro, il mainstream occupa tutti gli spazi possibili, compresi quelli alternativi e di nicchia, a discapito della ricerca e della sperimentazione a mio avviso.