Le conversazioni degli indagati dopo la notte del 16 luglio 2019. I giovani commentano quanto accaduto. Tutti elementi agli atti dell'inchiesta che è stata chiusa nei giorni scorsi
Il 17 luglio 2019 i ventenni – Ciro Grillo. Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia – indagati dalla procura di Tempio Pausania per lo stupro di gruppo di una studentessa hanno raccontato agli amici quanto avvenuto la notte precedente. Ore di abusi, secondo quanto denunciato dalla ragazza, una notte con una che “ci stava” per loro. A chi chiedeva come era stato c’è chi risponde “È stato forte” e anche “Poi ti dico fra’, so’ stanchissimo”.
La allora 19enne viene descritta anche “… niente di che…”, ma comunque un “trofeo” e ci sono poi frasi oscene e soprattutto un messaggio che per gli inquirenti che indagano è importante: “All’inizio sembrava che non volesse…” spiega uno dei ragazzi a un amico che chiedeva. Poi come un’onda quella nottata viene raccontata a tanti, anche con quello che viene considerato un messaggio esplicito ovvero “3 vs 1“. Perché come ormai è noto uno dei ragazzi Corsiglia viene indicato come il primo ad abusare della giovane in due momenti diversi per poi andare a dormire e solo in un secondo momento gli altri tre dopo averla costretta a bere vodka, secondo quanto raccontato dalla ragazza, l’hanno stuprata.
Dopo la seconda chiusura indagine e dopo gli interrogatori la procura si appresta a chiedere il processo. L’accusa per tutti è di violenza sessuale aggravata dall’uso degli alcolici. Agli atti ci sono anche gli screenshot dei telefonini dei ragazzi indagati, le chat di Whatsapp, i messaggi scambiati su Instagram con i partecipanti di “Official Mostri“, un gruppo privato (ora rimosso) di cui facevano parte Ciro Grillo e gli altri. Che non hanno condiviso fuori dalla loro cerchia il video e le foto dei rapporti sessuali né gli scatti con l’altra ragazza che era addormenta e che l’amica ha tentato inutilmente di svegliare. Il 26 luglio 2019 la studentessa, ora 21enne, a Milano ha presentato denuncia ai carabinieri. Un mese dopo i militari sequestrano i telefoni e forse il primo momento di consapevolezza: “Mi sa che quella c’ha denunciato”.