Cinema

La “maledizione” dei David di Donatello in tv continua

Premiamo tutti, rapidamente, velocemente, senza pensarci su due volte, senza che scappi un fiato non previsto. “Ecco le nomination”, e gli spezzoni di film relativi si intravedono per un lillipuziano istante senza che nemmeno si riesca a distinguere atmosfere, paesaggi, protagonisti

di Davide Turrini

Carlo Conti modalità Maestro Canello: sposta le lancette in avanti e la cerimonia dei David di Donatello 2021 sembra essere durata giusto qualche minuto tra i Soliti Ignoti e Bruno Vespa. Quanta fretta, ma dove corri dove vai? Premiamo tutti, rapidamente, velocemente, senza pensarci su due volte, senza che scappi un fiato non previsto. “Ecco le nomination”, e gli spezzoni di film relativi si intravedono per un lillipuziano istante senza che nemmeno si riesca a distinguere atmosfere, paesaggi, protagonisti. Un curioso effetto di compressione del ricordo (sempre che i film in gara siano stati visti) che quando è l’ora del miglior montatore si tocca l’apice con sequenze così brevi che il montaggio da premiare nemmeno si intuisce. La maledizione dei David in tv continua. Niente progetto, niente produzione esecutiva, niente ideazione generale artistica e/o estetica.

Se agli Oscar di un paio di settimane fa la mano di Steven Soderbergh alla regia si vedeva e pur nell’artificio si intravedeva la cura e la raffinatezza di un’idea precisa, curata per la serata speciale; qui con tutto il rispetto c’è Maurizio Pagnussat tanto che gli stacchi sulla platea di star sembravano i momenti più concitati della ghigliottina a L’eredità. Siamo fatti così, si canticchiava in una sigla di cartoni animati qualche tempo fa. E lì rimaniamo. Con i tavolini da night club che scimmiottano i Globes e il momento del In Memoriam che, appunto, agli Oscar si fa solenne e commovente e qui diventa un elenco modello concorrenti della Corrida.

Sui premi c’è poco da dire: Volevo nascondermi trionfa senza colpo ferire, quasi a mani basse. E così vince un’idea di cinema un po’ antica, un po’ bressoniana, molto libera, molto politica, per questo faticosa ad affermarsi nel mainstream arta house italiano alla Garrone-Sorrentino. Anche se è il nitido marchio di fabbrica di un’artista rigoroso e generoso come Giorgio Diritti, poco conosciuto al grande pubblico ma nemmeno mai troppo amato dalla critica (lo diciamo per Francesco Merlo che sia mai monti una polemica anche per Volevo nascondermi). Il film targato Palomar-Rai Cinema raccoglie davvero un’infinità di statuette relegando un cinema stilisticamente più contemporaneo, pop, filosoficamente americaneggiante – i fratelli D’Innocenzo con Favolacce, ma anche a suo modo Miss Marx della Nicchiarelli – ai margini di un’industria che ha vissuto un anno terribile costretta a non avere più sbocchi nelle sale chiuse, causa Covid, e con una distribuzione in streaming ancora titubante ed abbozzata. Inciso: nessuno, ma proprio nessuno dei premiati e dei convenuti, ha azzardato quattro frasi, due ragionamenti in croce sulla crisi palese del cinema in sala oggi se non per sventolare (vedi ministro Franceschini che, come sottolinea amabilmente il collega Michele Anselmi, ogni anno che passa si trasforma sempre più in Nanni Moretti) i drappi e le chitarrine di un generico “andrà tutto bene”.

Peccato. Infine, mentre negli Stati Uniti ci si straccia le vesti ad ogni virgola della tradizione festivaliera incivile, rozza e arretrata rispetto a minoranze e questione di genere (vedi Globes e Oscar) in Italia ai David arrivano finalmente a ridosso della statuetta di miglior film e miglior regia solo due donne: Emma Dante – un po’ di tifo per lei e Le sorelle Macaluso l’abbiamo fatto – e Susanna Nicchiarelli. Mentre tra decine di premi ci sono solo due David totalmente femminili: il montaggio di Esmeralda Calabria per Favolacce e il trio di scenografe Ludovica Ferrari, Alessandra Mura e Paola Zamagni per il lavoro strepitoso di ricostruzione storica in Volevo nascondermi. Percentuali da 0 virgola che non rendono ancora giustizia del grande apporto anche solo quantitativo delle donne nell’industria del cinema italiano. Last but not least l’appello indiretto della direttrice artistica dell’Accademia dei David, Piera Detassis, a Gabriele Muccino, fresco dimissionario dal ruolo di giurato dei David e nel proporre d’ora in avanti i suoi film alla Accademia: “Qualcuno scappa di casa ma siamo pronti ad accoglierlo a braccia parte”. To be continued.

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