Inizia ad avere conseguenze tangibili il blocco del principale oleodotto statunitense, colpito venerdì scorso da un attacco informatico e ancora fuori uso. La condotta, lunga quasi 9mila kilometri, rifornisce di carburanti l’area nord Est del paese, comprese le aree metropolitane di New York, Atlanta e Washington. Dall’oleodotto arriva il 45% della benzina e del gasolio che vengono consumati in queste zone. Sono circa 2mila i distributori di benzina che hanno sospeso il servizio a causa dell’esaurimento delle scorte. Circa il 60% delle stazioni di servizio di Atlanta è a secco e nell’area di Charlotte si arriva al 70%. Il governatore della Georgia Brian Kemp ha temporaneamente sospeso le tasse sui carburanti nel tentativo di arginare la corsa dei prezzi mente il costo di un gallone ha superato i 3 dollari a gallone (3,7 litri) per la prima volta da 6 anni. In altri impianti si segnalano lunghe file di automobilisti preoccupati dall’eventualità che la carenza di carburanti possa proseguire e aggravarsi. Una situazione che interessa tutta la costa Est fino alla Florida e Miami. Ieri la Casa Bianca aveva invitato gli americani a non accumulare carburante affermando che gli acquisti dettati dal “panico” non farebbero altro che aumentare le interruzioni di fornitura nelle stazioni di servizio che si stanno attrezzando per ripristinare le forniture attraverso canali alternativi.

Colonial pipeline che gestisce l’oleodotto ha affermato che prevede di ripristinare i flussi entro il prossimo weekend. Tuttavia scadenze indicate in precedenza sono state sinora disattese. L’impianto è stato “infettato” da un ransomware, un software malevolo che blocca i sistemi informatici finché non viene pagato un riscatto in valute digitali. Solitamente si tratta di virus che arrivano tramite email contenenti allegati che una volta aperti contaminano il sistema. L’organizzazione di criminali informatici professionisti russi Darkside ha rivendicato l’attacco, specificando di aver agito solo per soldi e non per ragioni politiche. Tuttavia Darkside, che ha una lunga lista di attacchi all’attivo, agisce spesso su commissione di soggetti terzi. La questione della provenienza reale dell’attacco è tutt’altro che risolta e non lo sarà a breve. Questo attacco viene considerato uno dei più gravi di sempre ad un’infrastruttura energetica strategica e ha acceso un animato dibattito su investimenti e misure per aumentare le difese informatiche di questi impianti. In merito alla possibilità che la situazione venga risolta pagando il riscatto la Casa Bianca si è limitata ad affermare che si tratta di una decisione che spetta alla società sotto attacco che è privata. Per cercare di risolvere il problema è al lavoro la società di sicurezza informatica FireEye.

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