Sì alla liberalizzazione “temporanea” dei brevetti dei vaccini anti-Covid. Interpellato alla Camera durante il question time dall’ex ministra della Salute Giulia Grillo, ora anche il presidente del Consiglio Mario Draghi si dice favorevole allo stop della proprietà intellettuale per le case farmaceutiche. A patto però che sia circoscritto nel tempo, come suggerito “dagli esperti del settore”, in modo tale da “non disincentivare la ricerca“. Il premier conferma per la prima volta in modo netto che l’Italia “condivide” l’indirizzo espresso dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, la cui proposta sarà chiarita “nei prossimi giorni”, ma avverte che si tratta di un problema più “complesso” di così. “Di per sé la liberalizzazione dei brevetti non assicura la produzione dei vaccini“, spiega l’ex capo della Bce, soprattutto quelli di “nuova generazione basati sulla tecnica a mRna”. Per produrli servono “tecnologia, specializzazione, organizzazione, non facilmente replicabili anche disponendo del brevetto”. C’è poi il tema dei protocolli di sicurezza: sospendere le licenze, continua il premier, “non garantisce di per sé gli standard qualitativi necessari e dunque la sicurezza dei vaccini”.

Prima di arrivare alla liberalizzazione, quindi, secondo Draghi “è necessario fare dei passi più semplici: prima di tutto rimuovere il sostanziale blocco alle esportazioni che paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti continuano a mantenere”. Non solo. “Bisogna poi aumentare la produzione, sia attraverso il trasferimento tecnologico, sia con l’individuazione di nuovi siti” per la produzione dei vaccini. Un’operazione che in Italia è già in corso, ricorda il presidente del Consiglio, ma “occorrerebbe individuare nuovi siti anche nei Paesi poveri“. Nel frattempo serve finanziare ulteriormente le “iniziative che provvedono all’acquisto dei vaccini”, come il progetto Covax, per cui “l’Italia ha stanziato 86 milioni di euro”. Draghi promette che nel prossimo decreto Sostegni “ci sarà un incremento significativo del nostro contributo”, in modo tale da garantire più forniture anche ai Paesi sottosviluppati. “Tuttavia tutto questo è ancora insufficiente“, conclude, “occorre necessariamente accelerare il passo sulle cose che ho appena detto, accanto a una riflessione sulla liberalizzazione dei vaccini“.

A spingere il premier nel prendere una posizione netta sulla questione è stata l’ex ministra M5s Grillo. Il Movimento una settimana fa aveva infatti lanciato un appello per chiedere a Palazzo Chigi di dare seguito alla mozione sui brevetti già votata in Parlamento e per impegnarsi “in tutte le sedi” per arrivare alla sospensione delle licenze. Nel frattempo a livello globale le pressioni sui governi e le case farmaceutiche si stanno facendo sempre più forti, nonostante l’Unione europea sia ancora fredda nei confronti del cambio di rotta annunciato da Biden. Solo pochi giorni fa è intervenuto sul tema Papa Francesco, chiedendo che gli Stati garantiscano “l’accesso universale al vaccino“, anche attraverso la “sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale”, nel nome di “uno spirito di comunione che ci permette di generare un modello economico diverso, più inclusivo, giusto e sostenibile”. Una proposta analoga è arrivata in queste ore dal team di esperti indipendenti incaricato dall’Oms di valutare la risposta globale alla pandemia. Nel rapporto si legge che il Wto e la stessa Oms “dovrebbero convocare i principali paesi produttori di vaccini e produttori per accettare la licenza volontaria e il trasferimento di tecnologia per i vaccini Covid-19″. In caso contrario, “entro tre mesi“ dovrebbe entrare in vigore “una rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale”.

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