Prima premessa: per ora c’è solo il verdetto. Le motivazioni della sentenza arriveranno tra circa 90 giorni. Dovremo leggerle, studiarle attentamente per capire cos’è accaduto con precisione il 18 ottobre 2019 quando il piccolo Leonardo, 5 anni e mezzo, perse la vita precipitando nella tromba delle scale della scuola primaria “Pirelli” di Milano.

Seconda premessa: il dolore e la sofferenza dei genitori è così grande da essere inimmaginabile e incomprensibile per chi non l’ha provato. Detto questo nulla può giustificare l’assurdo corto circuito tra la legge e il tentativo degli insegnanti di far bene il proprio mestiere, costretti spesso a travalicare le norme per far funzionare la scuola.

La condanna a un anno di una maestra, a due anni della bidella e il rinvio a giudizio dell’altra insegnante devono aprire un serio dibattito sui rischi che noi docenti corriamo ogni giorno in classe.

Partiamo dai fatti: quel giorno Leonardo ebbe il permesso alle 9,30 di uscire per andare in bagno ma, al rientro in aula, salì su una sedia in corridoio e si sporse dalla balaustra perdendo l’equilibrio e cadendo nel vuoto. La bidella è accusata di non aver vigilato sulla sicurezza e sull’incolumità dell’alunno mentre seguiva altri due bambini in bagno, essendosi allontanata dalla postazione dalla quale avrebbe potuto vedere il bambino. Altro motivo: aver lasciato incustodita la sedia girevole poi presa dal bambino.

La maestra, condannata a un anno, è accusata di non essersi sporta dall’uscio della classe per accertarsi che ci fosse la bidella a sorvegliare il cammino dei bambini verso il bagno. L’altra insegnante condivide l’accusa di aver omesso la vigilanza. Domande a cui forse troveremo risposta nelle motivazioni della sentenza: la bidella era sola al piano? Com’era disposta l’aula di Leonardo? Da quanto tempo la sedia girevole era nel corridoio? Chi l’aveva messa? La maestra sapeva che non c’era la bidella in quel momento o meglio poteva saperlo? La maestra se si fosse sporta dalla porta avrebbe potuto vedere che la bidella non c’era? Una volta accertata la sua assenza cosa avrebbe potuto fare?

Quello che è accaduto a queste maestre succede ogni giorno in ogni scuola d’Italia. Stando alla sentenza, noi maestri dovremmo passare la vita sulla soglia della porta. E poi una volta che hai verificato che la bidella non c’è perché sta accompagnando al bagno (magari in un’altra zona della scuola) altri due bambini che dovremmo fare? Dire “No, non vai” al bambino che si tiene le mani tra le gambe supplicandoti con il classico “Maestro è urgente”… oppure urlare “Bidellaaaaaaa” oppure, anche se il cellulare non si può usare, chiamare la collaboratrice con il telefonino?

Quante volte una povera bidella ha abbandonato la sua postazione di vigilanza per andare in classe perché un bimbo sta male; perché il maestro deve andare a far pipì; perché deve portare l’unico telefono che c’è dal secondo piano al primo.

E quante volte un maestro ha mandato in bagno un bambino all’orario non programmato: e se gli scappa che fai? Quante volte un maestro ha dovuto lasciare la classe incustodita qualche minuto, perché la bidella non c’è in quel momento e deve uscire dall’aula con l’alunno che ha vomitato; con quei due ragazzini che stanno litigando; con quel bambino che ha bisogno, anche solo per un paio di minuti, di stare solo con te?

E che dovremmo fare le prime settimane di scuola quando il preside ci annuncia che “Le nomine per i bidelli devono ancora essere fatte” oppure che “Quest’anno c’è stato un taglio di organico dei collaboratori scolastici e dovremo fare con quel che abbiamo”?

Caterina, una maestra, su Facebook mi ha scritto: “Se dovessi tenere d’occhio uno ad uno i 19-20… 22 alunni delle mie classi all’uscita, né io né loro riusciremmo a lasciare l’aula, essendo l’edificio costruito con muri ad angoli a 90 gradi, per cui appena svolti non hai più visuale. Ma ancora una volta, se vai avanti e fai scorrere la fila, sei irresponsabile perché non guardi fino all’ultimo; se esci per ultima non guidi e controlli i primi. Sembra una barzelletta, ma è realtà. Ci accorgiamo di certe cose solo quando succedono le tragedie”.

Così Teresa, un’altra maestra: “Tutti quanti mandiamo gli alunni fuori orario centinaia di volte. Da domani tutti col pannolone dai 3 anni fino ai 17”. E Roberto: “Quando le ‘tabelle’ ministeriali ti lasciano un bidello per cinque piani di scuola, minimo c’è un concorso di colpa, no?”.

Questa è la realtà. Non lavoriamo in miniera e nemmeno alla catena di montaggio. Non siamo su una strada a rifare l’asfalto ma rischiamo la condanna ogni giorno. E’ arrivato il momento che i sindacati e gli insegnanti non sottovalutino questa sentenza. Va introdotto uno scudo penale che protegga i docenti costretti a violare la Legge dello Stato dallo stesso Stato.

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