Sembra destinato a naufragare il possibile accordo per la formazione di un governo anti-Netanyahu tra il capo dell'opposizione e leader del partito centrista Yesh Atid, Yair Lapid, e il capo della formazione Yamina, Naftali Bennett. Quest'ultimo, dopo l'esplosione della violenza, ha interrotto i colloqui vista la possibilità di un sostegno esterno dei partiti arabi
La crisi tra Israele e Gaza irrompe anche sulla scena politica dello Stato Ebraico. Sembra infatti destinato a naufragare il possibile accordo per la formazione di un governo anti-Netanyahu tra il capo dell’opposizione e leader del partito centrista Yesh Atid, Yair Lapid, e il capo della formazione Yamina, Naftali Bennett. Dopo aver fatto naufragare il possibile accordo con il vincitore delle elezioni, il premier uscente e leader del Likud, Benjamin Netanyahu, adesso l’esponente del partito conservatore e nazionalista ha annunciato di aver rotto anche con Lapid, incaricato una settimana fa dal presidente Reuven Rivlin di formare una maggioranza che permettesse la formazione di un nuovo esecutivo, dopo le quarte elezioni in due anni.
Niente ‘governo del cambiamento’, quindi. Un esecutivo di quel tipo, ha spiegato Bennett citato dai media, è “fuori questione”. Secondo le stesse fonti, Yamina riprenderà così i colloqui con il Likud di Netanyahu. Paga quindi il pugno duro di Bibi con la popolazione palestinese, arrivata allo scontro con le forze dell’ordine a causa degli imminenti sfratti nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est, e con i gruppi estremisti della Striscia di Gaza, Hamas e Jihad Islamico in testa, che da giorni stanno fronteggiando l’esercito di Tel Aviv, tra lanci di razzi e raid aerei. Questo perché la decisione di Bennett è legata, spiegano i media, proprio ai crescenti violenti disordini tra palestinesi ed ebrei e alla possibilità che un governo Lapid potesse essere sostenuto dall’esterno dai partiti arabi.
In attesa di una mossa di Lapid, chiamato a mettere insieme almeno 61 seggi necessari a controllare la maggioranza della Knesset o a rimettere il proprio mandato esplorativo nelle mani del presidente, la strategia della tensione messa in campo da Netanyahu può rappresentare, come già successo in passato, una svolta positiva per la sua premiership e per il Likud. Resta da vedere se, in caso di nuovo mandato esplorativo, sarà capace di eliminare la distanza che lo separa dal suo ex ministro della Difesa. Falliti i colloqui col suo ex leader di governo, Bennett aveva infatti spiegato che “la proposta di Netanyahu non è comprensibile. Io non ho chiesto la premiership, bensì un governo. E questo lui non lo ha”. Questo perché, aveva aggiunto, il partito religioso sionista di Bezalel Smootrich, satellite del Likud, ha “bruciato i ponti” per un governo di destra “puntellato” dal partito arabo islamista di Mansour Abbas. “Come gli ho sempre detto – aveva incalzato il capo di Yamina – sono a disposizione di Netanyahu a patto che riesca a fare un governo di destra”. Un governo senza arabi, quindi, per evitare le quinte elezioni in due anni: ma se non ci riuscirà, “allora cercheremo di fare un governo di unità nazionale“.