Alex Schwazer dice addio alle Olimpiadi di Tokyo 2021: riabilitato dalla giustizia italiana, non da quella sportiva. Il tribunale federale svizzero, infatti, in una sentenza datata 11 maggio e ancora non comunicata ufficialmente all’atleta, ha bocciato la richiesta di una sospensione della squalifica inflitta al marciatore altoatesino nell’agosto 2016. Nonostante il tribunale di Bolzano abbia stabilito che Schwazer non fece uso di doping, i giudici di Losanna hanno fatto valere i pareri di Wada, Tas e World Athletics (ex Iaaf), ovviamente contrari a un suo rientro alle competizioni. Nella sua ordinanza dello scorso 18 febbraio, il gip Walter Pelino aveva sottolineato proprio la scarsa collaborazione di Wada e Iaaf, spiegando che “hanno operato in maniera totalmente autoreferenziale non tollerando controlli dall’esterno fino al punto di produrre dichiarazioni false”.
La giudice presidente del tribunale federale svizzero, Christina Kiss, nelle sue considerazioni scrive che il 27 aprile 2021 Wada, World Athletic e il Tribunale arbitrale dello sport hanno proposto di respingere la domanda di misure d’urgenza. Proposta accolta: il Tribunale ha stabilito che “l’istanza di conferimento dell’effetto sospensivo e di adozione di altre misure cautelari nella domanda di revisione è respinta”. Secondo quanto si legge nel dispositivo, “di regola e per costante prassi nelle controversie come quelle in esame l’effetto sospensivo o altre misure cautelari entrano in considerazione soltanto se, sulla base di un esame sommario dell’incarto, il rimedio di diritto pare molto verosimilmente fondato” mentre “nel caso concreto tale presupposto non è adempiuto“.
Eppure il tribunale di Bolzano ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico del marciatore altoatesino per “non aver commesso il fatto”. Il gip Pelino ha scritto di ritenere “accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta, come pure del suo allenatore Sandro Donati“. Frasi che vanno nella direzione della tesi da sempre sostenuta da Schwazer: un piano ordito ai suoi danni per impedirgli di partecipare alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Ora, con questa sentenza, per il campione olimpico di Pechino 2008 si chiudono anche le porte de Giochi di Tokyo.
“Ho descritto più volte questa cittadella di Losanna che governa tutta la giustizia sportiva internazionale. C’è il Cio, la Wada, il Tas e il Tribunale di ultimo appello. Cosa manca, solo un addetto alla ghigliottina. Sconfitto o deluso? Abbiamo corrisposto al desiderio di Alex di provare e provare per salvare questa Olimpiade, sia io che l’avvocato in tutti i modi gli abbiamo detto che non avremmo fatto questo passo, avrei terminato con la vittoria al tribunale di Bolzano dopo una vera indagine di 4 anni e mezzo e non con queste cose che sono delle simulazioni di indagine“, il commento di Sandro Donati, tecnico e preparatore atletico di Schwazer. “Avevamo anche sconsigliato ad Alex di andare al Tas nell’agosto del 2016. Perché il sistema della giustizia sportiva è chiaro. Abbiamo cercato di aiutarlo e di corrispondere questo suo desiderio. Ma, come si dice, contro la forza ragion non vale“, ha detto Donati a LaPresse.
“Il lato positivo sarebbe quello che attraverso questa vicenda si capisca che questo potere della giustizia sportiva è incontrollato e incontrollabile. E’ autorefenziale – ha aggiunto Donati – e questa non è giustizia. Se hai come avversari loro loro stessi sei spacciato“. “Si è cercato di ridicolizzare il giudice di Bolzano. Abbiamo saputo tutto questo sui siti, sapere di questa decisione del Tribunale federale svizzero in questo modo la considero una umiliazione definitiva“, ha concluso Donati.